I tre autori menzionati nel titolo sono senz’altro tra gli scrittori di fantascienza più socio-apocalittici di tutti i tempi. I loro tre romanzi apice, “Il mondo nuovo” di A.Huxley del 1932, “1984” di G.Orwell del 1948 e “Fahrenheit 451” di R.Bradbury del 1953, sono da sempre punto di incontro e di discussione degli intellettuali, e non solo, di ogni generazione.
Chiamati in causa più volte come visionari ideatori di terribili mondi futuri poco realistici, oggi invece possiamo affermare con triste certezza che questi autori, con le loro creazioni, sono riusciti non solo a immaginare tre mondi futuri fantascientifici ma, senza un’inversione radicale della tendenza organizzativa socio-politica attuale, anche una reale e concreta prospettiva a breve termine sulla realizzazione di una società idealizzata attorno ai miti del consumo e dell’obbedienza. Nonostante questi scritti abbiano delle peculiari differenze tecnico-narrative, con personaggi, avvenimenti e strutture logistiche e temporali proprie, in tutti e tre è possibile ritrovare notevoli convergenze sulla struttura sociale e sul mantenimento della stabilità di questa in cui avvengono i fatti raccontati. Nelle diverse storie, che sembrano potersi completare ed ampliare a vicenda, il controllo sociale è la legge imperante ed esso è ottenuto in modi che rimandano gli uni agli altri e che fanno capo ai concetti di condizionamento, routine e propaganda. L’idea di fondo è la nascita ed il perpetuarsi di un’economia servilistica assoggettata ad un regime produttivistico retto da dei meccanismi punitivi che hanno il ruolo di creare una specie di “schiavitù servile” rendendo la società utile e docile.
Partendo dal “semplice” principio che tutto l’ordine sociale sarebbe sovvertito se gli uomini si mettessero a fare le cose di loro propria testa ritroviamo, con tre ottiche diverse, un uguale pessimismo nei confronti della società futura capace di preferire la muta e sintetica felicità all’irrequieta naturalità dell’essere umano, come in Huxley, oppure di adeguarsi passivamente per paura ai dettami del potere sperando in un qualche cambiamento come per Orwell e Bradbury.
Ne “il mondo nuovo” Huxley descrive un futuro sorretto dal totalitarismo della pace perpetua. Come in Orwell la società presentata è quella degli abitanti di Londra ma a differenza di quest’ultimo tutto e tutti sono pianificati geneticamente nel nome del razionalismo produttivistico e del culto di Ford. Contrariamente agli altri due autori Huxley parla di una società “pacificata” in cui non è possibile rintracciare né guerre né malattie né vecchiaia e nemmeno criminalità. La società così rigidamente strutturata si autogoverna secondo i dettami ipnopedici tramite cui chiunque può accedere liberamente ad ogni piacere sia materiale che fisico. Affinché si mantenga questo equilibrio sintetico, però, gli abitanti del nuovo mondo non vengono concepiti ma prodotti industrialmente in provetta sotto il costante controllo di ingegneri genetici. Dalla nascita, con una ripetizione ossessiva dei precetti Fordiani, alla maturità, grazie all’assoggettamento ottenuto con la somministrazione di dosi controllate dall’unica droga esistente, fino alla morte, con il riciclaggio dei resti fisici, il condizionamento è continuo in una vittoria della pace totale. In cambio del solo benessere fisico, i nuovi cittadini devono rinunciare ad ogni emozione, sentimento ed impulso di individualità. Il grande successo de “il mondo nuovo” si deve senz’altro alla sua fredda e lucida visione di un futuro nato da eventi tanto possibili quanto attuali i quali indubbiamente porteranno a situazioni sociali simili a quelle descritte nel suo romanzo.
“1984” di Orwell è senz’altro il più famoso esempio compiuto da un autore letterario del filone direttamente ispirato dalle spettrali inquietudini che le due guerre, l’olocausto e il potere atomico avevano evocato. In questo futuro per noi ormai passato il mondo è diviso in tre enormi superstati sconvolti da continue guerre. La società londinese descritta nel romanzo è governata secondo i dettami del Socing, il socialismo inglese, e dal Grande Fratello che vede e sa tutto ma che nessuno ha mai visto. I suoi occhi sono le telecamere installate nelle case e le sue braccia è la psicopolizia. Qui tutto è permesso, non c’è alcuna legge scritta. In apparenza niente è proibito. Tranne divertirsi, amare, pensare, vivere. Il totalitarismo, la falsificazione, la perdita della memoria storica indotta dai mezzi d’informazione, la corruzione del linguaggio e della comunicazione, l’annullamento dell’identità individuale, tutto questo è una raggelante descrizione di un futuro pericolosamente possibile che rende “1984” non solo un bel romanzo di fantascienza ma un vero e proprio trattato socio-politico che tenta di metterci in guardia sul futuro.
In “Fahrenheit 451” Bradbury esplora con il terreno dell’utopia negativa di un dramma interiore e di ribellione del protagonista. L’autore dipinge come sfondo non uno stato perfetto alla Huxley ma un regno del terrore, un incubo sociale più simile al mondo ultra-controllato di Orwell. Si tratta di uno stato tanto totalitario che sente il bisogno di mettere al rogo i libri, tacciati di essere veicoli di disordine sociale. Cronologicamente è il libro più recente dei tre e lo stesso Huxley ne tesse le lodi in più d’una occasione ed anche Françoise Truffaut gli rese onore portandolo sul grande schermo. Spaccato d’un futuro non troppo futuro che ritrae un esempio di società immaginaria ma che inevitabilmente rimanda ad echi del passato, Bradboury parla di un mondo in cui gli incendi anziché essere spenti vengono appiccati. Armati di lunghi e potenti lanciafiamme i pompieri irrompono nelle case a caccia di pericolosi criminali e sovversivi detentori di libri illegali o di qualunque altra carta stampata. L’esistenza umana è così alienata fra droghe sintetiche legalizzate, giganteschi schermi televisivi e slogan inneggianti il controllo sociale. La routine porta all’indifferenza e alla passività nei confronti dei sentimenti creando una coltre oscura fatta di tenebre tecnologiche sopra l’universo di luce della conoscenza.
Di una modernità senza eguali questi libri attestano ancora oggi Houxley, Orwell e Bradboury tra i massimi e più profetici scrittori di fantascienza del secolo appena passato.