Orizzonti
Storia di una fanciulla, rimasta incinta a sedici anni nella Cina dei primi anni ’80, costretta a portare con sè per tutta la vita il fardello del pregiudizio che le hanno appioppato: quella di ragazza immorale, diciamo così via, uscita dai binari del mos maiorum, per dirla classicheggiando un po’.
Xiao Yun è una normalissima liceale nella poco normalissima Cina degli anni ottanta; rimasta incinta del fidanzatino, che appena ricevuta la lieta novella si dilegua nel tempo record di due fotogrammi e mezzo, riuscirà a nascondere la gravidanza a tutta la comunità fino al momento del parto. La madre,professoressa bacchettona anzichenò, indignata per il disonore e la vergogna, organizza, coadiuvata dalla sorella del fuggitivo, il passaggio del pupo ad una coppia sterile, mentendo alla figlia facendolo credere che il neonato fosse morte.
Dieci anni dopo.
Xiao, che ha intrapreso la carriera di cantante in una sgangherata compagnia, vive con una collega e passa da un compagno all’altro secondo il thomassiano teorema sociologico secondo cui un qualcosa, non importa se reale o meno, se percepito come reale tali effetti avrà sulla società; così Yun, investita del ruolo di sgualdrina sin dall’adolescenza, altro non può fare se non comportarsi come tale. Ampiamente insoddisfatta della sua vita dei suoi rapporti e degli scarsi risultati ottenuti, Xiao riacquisirà linfa e stimoli dall’incontro con un moccioso tanto pestifero quanto furbo e curioso, alunno della madre e figlio, così sembra, della sorella del fedifrago fuggitivo mettiincintaecorri.
Rispiarmandovi la sorpresa mica tanto sorpresa finale, è doveroso elogiare questa regista cinese, classe 1976, che eleva alla massima potenza alcuni paradigmi stilistici tipici del cinema cinese; enfatizza cioè, grazie ad un portentoso talento, la sensibilità estetica, la raffinatezza, il gusto per il tocco di classe, per il movimento di camera puramente estetico, al limite dell’ edonismo. Elementi che possono disturbare barra irritare oppure, e qui mi schiero più che apertamente, possono letteralmente estasiare, lasciare ogni volta a bocca aperta, colpiti una volta di più da quella “serendipity” che lasciano dentro i bei film. Sperticate lodi, queste, che obbiettivamente debbone essere accompagnate da evidenti dubbi sulla sceneggiatura: tema interessante, purtroppo sviluppato in maniera sterile e quasi inconcludente; il che lascia molto amaro in bocca.
Titolo originale: Hongyan – Au fil de l’eau
Nazione: Cina, Francia
Anno: 2005
Genere: Drammatico
Durata: 93’
Regia: Liu Yi
Cast: Li Kechun, Wang Xingrao, Liu Yi
Produzione: Rosem Films, Laurel Films Data di uscita: Venezia 2005