“I FIGLI DEGLI UOMINI (CHILDREN OF MEN)” DI ALFONSO CUARON

La Madonna nera degli esiliati

Concorso
In un futuro non troppo lontano (2027) l’umanità intera sta per estinguersi perché le donne non possono più far figli, e il mondo entra nel caos totale. Un’isola di ordine rimane soltanto in Gran Bretagna, che adotta una politica di espulsione totale degli immigrati irregolari per salvaguardare almeno l’ordine pubblico in una porzione del mondo allo sfascio. A un certo punto si scopre però che una delle immigrate destinate all’espulsione è rimasta incinta.

Dopo Harry Potter, il messicano Cuaron (che aveva colpito il Lido con il suo sboccato e sensuale Y tu mamá también approda al Concorso con una pellicola che vorrebbe puntare in alto, ma rimane a metà fra la letteratura antiutopistica ed il film americano di star con vaghe pretese sociali.

L’attualità omogeneizzata e proposta in salsa hollywoodiana c’è tutta: la Gran Bretagna chiude le frontiere per contrastare il caos terroristico e le ribellioni sociali scoppiate su tutto il pianeta, l’umanità intera è dunque sull’orlo dell’estinzione e la malattia più diffusa diventa la depressione legata ad istinti suicidi. Tratta da un romanzo dei P.D. James, una delle più acclamate autrici di detective-stories del Regno Unito, questa storia avrebbe forse necessitato di un autore maggiormente ispirato per dare il meglio di sé. Cuaron invece sfrutta parzialmente un buon cast di stelle e i richiami alla controcultura anni Sessanta e Settanta, facendo muovere i suoi personaggi in un’atmosfera di caos post-atomico alla Fuga da New York che richiama spesso l’antagonismo dei movimenti terzomondisti o la tradizione hippie-orientalista. Di tutto un po’ insomma.
La colonna sonora si fa forte di classici immortali quali i King Crimson, i Beatles e i Rolling Stones di Ruby Tuesday, mentre Cuaron si diverte ad immaginare come sarebbe la casa di un Ministro inglese amante delle arti che riesce a mettere in salvo il David di Michelangelo e Guernica dalle folle iconoclaste di tutto il pianeta in sommossa (e che ricrea la copertina di “Animals” dei Pink Floyd fuori dalla propria finestra). Tocchi estetici un po’ fini a se stessi che danno però al progetto una patina culturale.

In questi casi si rischia di recensire più il libro che sta dietro al film che il lavoro del regista: in questo caso sembra che Cuaron non sia riuscito a dominare alla perfezione il motivo dei sommovimenti sociali in atto. Non si capisce bene chi sia contro chi, che ruolo abbiano (“buoni”, “cattivi”?) i membri dell’organizzazione antigovernativa dei “Pesci” e come si ponga la comunità scientifica mondiale di fronte al problema dell’infertilità generale. Ancor più grave per colui che mette la propria firma su una pellicola è l’improbabilità con cui risolve le svolte narrative: un Clive Owen un po’ attonito e monocorde riesce sempre a salvare la giovane madre dalle situazioni più impossibili con colpi di fortuna che non sono né realistici, né d’altro canto spudorati e fantasmagorici come si potrebbe immaginare in simili contesti d’azione.

Quando però abbandona gli inseguimenti e le peripezie da blockbuster (le sequenze in questione sono comunque tese e non gratuite) e si concentra sul lato umano, Cuaron riesce a far balenare davanti ai nostri occhi il nucleo della storia: il miracolo della nascita. Simbolica è la sequenza in cui l’unico motivo per cui si ferma momentaneamente un’accanita battaglia è il pianto del bambino appena nato, che sfila in mezzo ai belligeranti quale apparizione semplice ed epifanica allo stesso tempo. La neo madre si riveste di un’involontaria aura da Madonna nera dei bassifondi ed il paradosso dell’umanità messa sottosopra diventa evidente come poche altre volte nella pellicola.

I macro-problemi dell’umanità (si va dalla pressione dell’Islam sull’Occidente all’inquinamento, dal controllo delle menti tipo Big Brother alle derive destrorse e protezioniste dei grandi governi) sono abbozzati senza troppo approfondimento: gli immigrati sono rastrellati come sotto il nazismo e trattati come a Guantanamo, mentre un’atmosfera carpenteriana un po’ annacquata è ravvisabile nel ghetto in cui essi vengono concentrati. Il tutto sembra però a tratti un patchwork pseudo-storico da esercitazione sci-fi.

Insomma, Children of Men non riuscirà ad entrare nella memoria collettiva come altri film del genere sci-fi/antiutopico (Blade Runner o Strange Days, o se si vuole anche Gattaca): potrà però piacere al grande pubblico, in quanto è un’opera non disprezzabile che riesce a tenere l’interesse e la partecipazione vivi fino alla fine (merito fondamentale in un film “di genere”).

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Titolo originale: Children of men
Nazione: U.S.A.
Anno: 2006
Genere: Drammatico, Thriller
Durata: 114′
Regia: Alfonso Cuarón
Sito ufficiale: www.childrenofmen.net
Cast: Clive Owen, Julianne Moore, Michael Caine, Chiwetel Ejiofor, Charlie Hunnam, Claire-Hope Ashitey, Ilario Bisi-Pedro, Lucy Briers
Produzione: Universal Pictures, Strike Entertainment, Beacon Communications LLC, Hit & Run Productions, Quietus Productions Ltd.
Distribuzione: UIP
Data di uscita: Venezia 2006
17 Novembre 2006