In molti ritengono che Madonna sia un’animale (si noti l’apostrofo) da palcoscenico. Vero, verissimo, lo testimoniano la grinta e l’intelligenza con le quali sono costruiti i suoi show. C’è però una scuola, frequentata da pochissimi, che ritiene che Madonna renda di più come animale da studio. È nello studio di registrazione infatti che nasce una nuova Ciccone ogni due o tre anni: i suoi dischi cambiano a seconda del produttore (i migliori? Il soul di Babyface e Nellee Hooper per Bedtime stories, l’elettronica lucida di William Orbit per Ray of light, quella ruvida di Mirwais per Music), le canzoni nascono a microfoni già accesi, tutto il marketing è deciso in base al suono dei nuovi pezzi.
A deporre a favore di questa scuola c’è anche il fatto, ormai appurato, che Madonna, tutta pacatezza e precisione in studio, regala sbavature ed approssimazione dal vivo, per cui i suoi concerti valgono più per le coreografie, i cambi di abito e di scena, i messaggi erotici politici antireligiosi e gli sfondi video proiettati su schermi più che giganti che per le doti canore dell’artista (molto migliorata, comunque).
Da oggi questa scuola può addurre a suo favore una nuova testimonianza: il primo live ufficiale (o quasi) di Madonna, dall’infelice titolo di I’m going to tell you a secret. Partiamo dalla confezione: CD e DVD obbligatoriamente venduti insieme, come a dire che un live di Madonna solo su disco non sta in piedi, servono le immagini di supporto. Ma qui arriva il colpo di scena: il DVD non contiene le riprese del concerto, ma un documentario girato dal geniale Jonas Akerlund (regista di videoclip nevrotici e fulminanti, che ha sublimato le sue capacità nell’eccellente lungometraggio Spun, uscito da noi pesantemente censurato).
Due ore quasi interamente in bianco e nero (sono a colori solo gli spezzoni dal vivo) che documentano l’allestimento del Re-invention tour e ci conducono per mano nella vita pubblica e privata di Madonna, fra colleghi, amici, consulenti, familiari e naturalmente le migliaia di fans assiepate per assistere ai concerti (lamentandosi poi, in alcuni casi, di “aver fatto il viaggio per vedere un concerto ed essermi ritrovato ad una convention del partito democratico”).
Quale sia il segreto che Madonna deve confessarci non possiamo dirlo, per non rovinarvi la sorpresa. Possiamo però sottolineare come le immagini di Akerlund, rubate fugacemente nel dietro le quinte e studiate minuziosamente per le riprese dal vivo, dicano più cose da sole di quante ne blateri lei mentre fa pierraggio di se stessa o mentre riflette, non senza profondità, sull’età adulta come momento della consapevolezza. Akerlund trasforma il monumento a se stessa voluto dalla Ciccone nel racconto delle fatiche, gli scontri, le casualità, i tentativi, i pensieri che contribuiscono alla nascita di un evento artistico. A suo modo fa del metacinema, di sicuro ci regala una fortissima esperienza visiva.
Nel disco, giusto per parlarne, trovano spazio la pretestuosa The beast within, vecchio brano in cui Madonna legge passi dall’Apocalisse, una bella versione di Nobody knows me (meglio che in American life), un’inutile cover di Imagine ed una fusione con tanto di scratchata vinilica tra Into the groove e Music. Risaltano invece, perché giungono inaspettate, una versione quasi acustica di Mother and father cantata benissimo, il demo rockeggiante di I love New York e il riutilizzo, in diverso contesto (ma qui bisogna vedere le immagini per capire) di Lament dal musical Evita. Nel DVD un bonus: il video non censurato di American life, dello stesso Akerlund.