“I SETTE A TEBE” del Balletto Civile

Originale rilettura di Eschilo in chiave contemporanea

Mestre, domenica 22 ottobre. E’ negli spazi prestati del teatro Toniolo che si celebra l’apertura della stagione a firma Teatro Aurora e Questanave. Al Balletto Civile di Udine l’onore d’overture per quello che si preannuncia essere il più interessante cartellone teatrale di ricerca dell’intera stagione locale.

Con I Sette A Tebe, il Balletto Civile continua, approfondisce ed evolve il suo viaggio attraverso la rilettura della tragedia greca e del teatro classico in salsa contemporanea. Dopo l’ottimo “Ketchuptroiane”, libera interpretazione delle “Troiane”, appunto, ora tocca ai “Sette contro Tebe” di Eschilo passare attraverso il geniale filtro della poliedrica compagnia guidata da Michela Lucenti.

Ciò che ne esce è una trasfigurazione complessa e aggiornata di una Tebe non-luogo che diviene, al contempo, scenario di un assurda lotta fratricida e spietata cartina tornasole di ciò che, ai giorni nostri, accade nel fronte di lotta israeliano e palestinese. L’impressionante attualità politica dell’opera di Eschilo favorisce una doppia chiave di lettura drammaturgica che, durante l’intero evolversi della performance scenica, si rende evidente anche agli occhi meno attenti.
Su un palco nudo ai limiti dell’imbarazzo, i corpi degli attori riempiono prepotentemente la scena, tagliandola e ricucendola, ora con ipnotiche danze spaesanti, ora con canti e monologhi di incredibile potenza.

La narrazione dell’intera vicenda è lasciata a Marlene, dignitosa e suadente creatura, ricalcata sull’immagine delle dive del cinema americano che, durante le guerre di Corea e del Vietnam, venivano mandate al fronte per allietare il morale delle truppe. Interpretata da un’istrionica Michela Lucenti, Marlene, ricopre dunque il triplo ruolo di testimone, mezzo e vittima dell’assurdo crescendo di violenza frutto delle smanie espansionistiche dei poteri governativi.

Coadiuvata dalle musiche originali dei Terroritmo e da una soluzione di luci che infonde all’intera scena un taglio di freddezza quasi chirurgica, la bravura e la preparazione maniacale degli attori, risulta essere il maggiore motivo d’interesse dell’intera opera. Il corpo e il lavoro d’attore, diviene dunque, ne I Sette A Tebe, non semplice mezzo ma vero e proprio fulcro attorno al quale lo spettacolo snoda le proprie trame, ed è forse questo il maggior limite dell’intera performance. Tanta è la bravura degli interpreti nella danza, nella recitazione e nel canto che, talvolta, si ha l’impressione rasenti l’autocelebrazione, purtroppo, a scapito di un emozionalità che il teatro, anche se di ricerca, dovrebbe continuare, non solo ad avere, ma a considerare come il linguaggio fondamentale di comunicazione con il pubblico.

“I sette a Tebe” è comunque uno spettacolo consigliato, soprattutto a chi ricerca l’originalità delle forme, la perfezione stilistica del linguaggio corporeo e a chi, assetato di stupore, predilige la disamina della contemporaneità attraverso la riscoperta dei classici.