I Tool in concerto a Jesolo

Insolita location per la performance della band cult americana, di scena al Palazzo del Turismo di Jesolo Lido, località rinomata per ben altre attrazioni. L’uggiosa serata di metà novembre che accoglie la band californiana fa da perfetta cornice all’evento.

Autori di un rock oscuro, claustrofobico, con rare ma efficacissime aperture melodiche, i Tool si ripresentano in Italia per la seconda volta nel giro di pochi mesi per promuovere il recente “10000 days”, ultima prova da studio per questa band non così prolifica: quattro album spalmati in quattordici anni.

L’esordio del 1993, “Undertow”, li fece arrivare a calcare il gloriosissimo palco del Lollappalooza, a fianco di nomi del calibro di Red Hot Chili Peppers e Pearl Jam in piena epopea grunge. Nel 1996 il boom con “Aenima”, autentico capolavoro, che a distanza di dieci anni, conserva intatto il suo valore e spedisce la band a livelli di vendite e popolarità impensabili, con passaggi frequenti persino su MTV, nonostante la maggior parte dei pezzi superi abbondantemente gli otto minuti.

Nel 2001 arriva l’attesissimo seguito, quel “Lateralus” che divide parzialmente fan e critica. C’è chi li accusa di ricalcare in maniera un pò troppo ripetitiva il lavoro precedente senza portare troppe novità rilevanti (chi vi scrive è di questo parere), e chi apprezza lo sforzo di insistere maggiormente nel lato dark e progressivo, lasciando sempre meno respiro alla melodia. Ecco quindi qualche mese fa l’uscita di “10000 days”. Ancora un album lunghissimo (ben oltre i 70 minuti). E neppure stavolta critica e fans urlano unanimi al miracolo.

Un paio di migliaia i presenti, equamente distribuiti tra parterre e tribune. Fauna eterogenea, dai metallari doc ai molti over trenta. Lo show inizia con “Stinkfist”, l’incipit di “Aenima”, che coinvolge e travolge l’intero pubblico, spalti compresi. Il suono è potentissimo e compatto. Le vibrazioni sembrano spaccare gola e sterno.
La band è precisissima. Chitarrista (e mente “multimediale” dei Tool) e bassista a tessere trame ritmiche intricatissime su tempi sincopati e spessissimo dispari, sui quali picchia con spettacolare durezza e fantasia il gigante Danny Carey, posto nelle retrovie del palco, ma assoluto mattatore della serata. Al suo fianco il piccolo e carismatico cantante, quel Maynard James Keenan che per tutta la serata indossa una maschera antigas con microfono inserito. Sempre di profilo, si concede frontalmente al pubblico solo in alcuni inframezzi eseguiti alle tastiere-campionatore-sequencer.

La corta scaletta (una decina di brani per due ore scarse di assalto sonoro) prevede, come da copione, molti pezzi nuovi. Ma i più acclamati sono “Schism” e “Lateralus” dall’omonimo album, “Forty six and two” da “Aenima” e la mitica “Sober” dall’album d’esordio. Ciò che il quartetto californiano mette in scena è la rappresentazione audiovisiva di disagio, dolore psichico e fisico. L’oblio. A fare da corollario alla performance musicale proiezioni di immagini di corpi stilizzati straziati da incisioni e torture o che si sgretolano, giochi di colori super psichedelici e fasci di luce verde fluo proiettati da più punti in tutta la sala, che aiutano il pubblico ad entrare in simbiosi con ciò che accade sul palco, ma non con chi lo occupa.

Rimane un costante alone di oscurità e distacco attorno al quartetto, ovviamente. Gli unici momenti di interazione tra frontman e pubblico avvengono appena prima dell’esecuzione di “Wings for Mary”, probabilmente il brano migliore dell’ultimo album, quando i presenti vengono invitati a non usare il flash per riprendere ciò che sta per accadere. A metà esibizione, i quattro si accomodano ad osservare in silenzio il pubblico, altro momento in cui la band scende sul pianeta terra a stabilire un minimo di contatto “umano” con i fans.
Lo spettacolo si chiude con la stupenda “Aenima”, e il conseguente lancio di bacchette, pelli e plettri sul pubblico, che accompagna con un’ovazione l’uscita di scena della band.

Nonostante il cambio di aria, luogo e temperatura, fuori dal Palazzo del Turismo sembra di essere ancora all’ interno dello spettacolo. La sensazione rimarrà addosso per molti, molti minuti.