Fino all’8 maggio è visitabile “Il Bello e le bestie”, la grande mostra tematica che sicuramente, secondo le intenzioni programmatiche di Gabriella Belli, ha colto nel segno proponendosi all’attenzione del pubblico sia per l’attrattiva che suscita, sia per l’alta qualità scientifica che si evidenzia, di primo acchito, nella scelta delle numerose opere esposte.
La rassegna si avvale dei contributi di esperti dei più diversi settori che hanno collaborato, coi loro i saggi, alla realizzazione del ricco catalogo edito da Skira. I curatori, Lea Vergine e Giorgio Verzotti, hanno voluto imprimere un taglio cronologico trasversale alla rassegna, per cui il visitatore è chiamato a partecipare in modo intrigante ad accostamenti che, nel particolare ambito del creativo, consentono di confrontare periodi e tradizioni artistiche anche diverse e lontane tra loro. Nei processi analogici stabiliti e lasciandoci condurre per mano nei rapporti interdisciplinari degli accostamenti che sempre più frequentemente ci troviamo nella favorevole condizione di assecondare, possiamo riscontrare, lungo il percorso espositivo, i vari aspetti in comune che sempre più collegano gli apparentemente distanti, ma alla fine sempre più vicini, settori dell’arte, della letteratura, del cinema, della storia delle religioni, della sociologia, della psicanalisi, fino a includere le frontiere più avanzate specifiche alla genetica e alla microbiologia.
Il rapporto uomo-animale è veramente sondato in tutte le sue più svariate connotazioni, partendo dalle più arcaiche forme mitologiche già chiaramente evidenti nell’antichissima civiltà indiana, poi trasmessa a quella egizia e quindi fatta propria dalla mitologia greco-latina, imprescindibile punto di partenza della tradizione occidentale. Basti pensare a uno dei riferimenti più ricorrenti della nostra cultura, il centauro, così spesso ripreso dagli artisti protagonisti del simbolismo, “in primis” Moreau e Redon, probabilmente per la sua duplice natura selvaggia e allo stesso tempo contemplativa, vedi, in tal senso, soprattutto il mitico Chirone, maestro di Achille.
Anche il centauro può trovare, infatti, un precedente nell’antica tradizione indiana nell’analoga commistione di essere metà cavallo e metà uomo del Gandharva. Come si evince dal saggio di Francesco Zambon in catalogo, è soprattutto nel Medioevo che si elaborarono delle prime specifiche considerazioni in merito ai rapporti uomo-animale nei noti bestiari, definiti “come una raccolta di notizie zooloogiche, generalmente fantastiche, seguite da uno sviluppo di carattere allegorico”. Anche nelle conseguenti considerazioni delle mostruosità contenute nella specifica teratologia del periodo, per tentare di assecondare la ricerca di un certo tipo di equilibrio tra i concetti antitetici dell’epoca come bello-brutto, bene-male, possiamo riflettere sulla concezione del deformis formositas ac formosa deformitas espressa da san Bernardo di Chiaravalle, felice espressione di una verità cristiana, all’epoca in cui tale religione si riconduceva a una visione più integra e incontaminata, quindi più naturalmente collegata alle sue funzioni e caratteristiche originarie. Il concetto bernardiniano, traduzione di un’idea di bellezza che non soltanto determinò alcune stupende raffigurazioni romaniche e poi gotiche, le quali nella loro evocazione alla bruttezza e, a volte, addirittura nella loro mostruosità, potevano e possono, per l’appunto, essere al contrario considerate belle, influenzò anche il pensiero dei teologi a lui successivi assumendo connotazioni che contraddistingueranno, in tal senso, altre manifestazioni di pensiero del basso medioevo fino a includere le teorie espresse da Dionigi il Certosino, teologo e mistico fiammingo del ’400.
La mostra, come spiega bene Verzotti, traccia una carrellata partendo dagli autori del Cinquecento, per poi soffermarsi soprattutto nell’ ‘800-‘900 e quindi, nel più imminente contemporaneo, includendo alcuni dei suoi grandi protagonisti, tra cui citiamo Frances Bacon, Joseph Beuys con il coyote di “I like America and America likes me”, Gina Pane immortalata con il volto ricoperto di vermi “in una delirante anticipazione della propria morte e decomposizione”, Frida Kahlo che si identifica nell’animale vittima, Ana Mendieta, Jan Fabre e i suoi coleotteri, Marina Abramovic in una performance di sessanta minuti mentre cinque pitoni, non nutriti da settimane, si muovono sul suo corpo immobile, Louise Bourgeois nelle due versioni, con il suo ragno e ripresa con sembianze feline da Aspassio Haronitaki, Francesco Clemente, Vettor Pisani, Giuseppe Maraniello, Mimmo Paladino e i suoi idoli arcaici, Kiki Smith con disegni riproducenti delle centauresse addolorate, Juul Krajier e le sue donne-uccello impiccate, Luigi Ontani che “si ritrae come grande centauro napoleonide”, Maurizio Cattelan con lo scoiattolo suicida, William Wegman con il suo cane rivestito con abiti umani, fino alle metamorfosi barocche subite dal corpo di Matthew Barney nel fantasmagorico ciclo filmico “Cremaster”. Una mostra, quindi, accattivante e sicuramente da non perdere per i suoi svariati risvolti inediti e coinvolgenti.
IL BELLO E LE BESTIE.
Metamorfosi, artifici e ibridi, dal mito all’immaginario scientifico
MartRovereto, Corso Bettini, 43
38068 Rovereto (Trento)
Infoline 800 – 397760; 0464 438887
www.mart.trento.it
www.ilbelloelebestie.it
A cura di: Lea Vergine, Giorgio Verzotti
Orari: martedì, mercoledì, giovedì, sabato e domenica 10:00 – 18:00;
venerdì 10:00 – 21:00; Chiuso il lunedì
Ingresso: Intero: 8 € ; Ridotto: 5 €
Ridotto scolaresche: 1€ a studente
11 dicembre 2004 – 8 maggio 2005