“IL FIGLIO PIÙ PICCOLO” di Pupi Avati

Il furbetto e l’ingenuo

Le vicende del losco affarista Luciano Baietti (Christian De Sica): quando è a un passo dal precipizio (debiti e fiato della magistratura sul collo) segue il consiglio del suo commercialista (Luca Zingaretti) e intesta tutto all’ingenuo figlio avuto vent’anni prima da una donna (Laura Morante) che ancora lo ama, malgrado sia stata prima sfruttata e poi dimenticata.

Il prolifico Pupi Avati dimostra anche in questo film – strutturato in scene perlopiù molto brevi – abilità narrativa (pur con qualche scivolata nel macchiettismo) e, soprattutto, la consueta felicità nella direzione degli attori. Sotto questo profilo – seguendo le precedenti riscoperte di Carlo Delle Piane, Diego Abatantuono, Katia Ricciarelli, Ezio Greggio, ecc. – l’interesse principale sta nella “conversione” di Christian De Sica, che veste i panni di un personaggio in fondo non molto lontano da quelli dei suoi film natalizi, interpretandolo però non in tonalità maggiore e in fortissimo, ma in tonalità minore e in pianissimo. A proposito della predilezione di Avati per il volume basso, verrebbe da dire che il servitore di De Sica che soffre di ipersensibilità dei timpani e non sopporta chi grida sembra essere quasi una dichiarazione di poetica da parte del regista – un personaggio come questo non potrebbe esistere in un film di Muccino…

Dopo aver visto Il figlio più piccolo, si esce dal cinema con una strana sensazione di disagio. Si fatica a trovare dei punti di appoggio in questo film. Il semiologo potrebbe interrogarsi sulle figure dell’“autore implicito” e dello “spettatore implicito”, ma, lasciando da parte la terminologia esoterica (per chiarimenti si veda F. Casetti, F. Di Chio, Analisi del film, cap. 6), ci si può chiedere con chi l’autore si identifichi e con chi egli solleciti l’identificazione dello spettatore. Di certo non con il laido (ma con brevi istanti di balenante umanità) “furbetto del quartierino”, dietro il quale intravedere più o meno recenti figure della cronaca economico-giudiziaria. Ma rispetto a questa figura non sembra sia nemmeno possibile leggere una “denuncia”, se non piuttosto generica, condotta dal punto di vista del cittadino indignato. D’altra parte, sembra difficile un’identificazione con il figlio ingenuo e spaesato (il cui essere fuori dal mondo ci ha ricordato, tra i tanti ingenui di Avati, soprattutto il Nik Novecento di Festa di laurea), rispetto al quale l’atteggiamento è talvolta di irritazione per la perdurante incapacità di comprendere il mondo e di agire in esso (quando il professore di cinema lo rimprovera di non capire nulla dove stanno l’autore e lo spettatore?). A tratti sembrerebbe persino che Avati costruisca personaggi come questo per il gusto sadico di infierire su di essi.

Il finale (il giovane, stavolta insieme alla fidanzata, continua a credere ingenuamente nelle promesse del padre e a vivere beatamente, senza capire nulla di quello che sta intorno a lui, mentre il furbetto, ormai un po’ rintronato, se ne sta a prendere il fresco sul balconcino della casa di Laura Morante) è ermetico, enigmatico quanto il sorriso di De Niro in C’era una volta in America. A dare una chiave di lettura al film, allora, è forse più l’inizio che non il finale. Ed è una chiave di lettura sotto il segno dell’amarezza e del pessimismo: “ormai è troppo tardi per tutto” si sente dire Zingaretti quando nel prologo viene espulso dal convento (si suppone per qualche malefatta). La frase sembra dire che a questa realtà di sopraffazione e di volgarità non ci sono né possibilità di cambiamento, né alternative o fughe. Se in altre occasioni (Mr. Smith va a Washington di Capra), l’ingenuo smaschera e modifica la realtà, i personaggi de Il figlio più piccolo non hanno invece alcuna evoluzione e sembrano intrappolati nella recita di un copione fisso rispetto al quale non hanno alcun controllo. Altro dialogo chiave è allora quello tra Zingaretti e De Sica sulla libertà (o meglio, sulla mancanza di libertà) di quest’ultimo di seguire oppure no i suggerimenti del primo: si potrebbe dire che nel mondo de Il figlio più piccolo non c’è libero arbitrio (visto che Zingaretti viene da un convento e continua a indossare sandali da frate per tutto il film, non è fuori luogo usare un’espressione teologica). Forse nasce da qui la sensazione di disagio che si diceva?

Titolo: Il figlio più piccolo
Nazione: Italia
Anno: 2010
Genere: Commedia
Durata: 100’
Regia: Pupi Avati
Sito ufficiale: www.ifigliopiupiccolo.it
Cast: Christian De Sica, Laura Morante, Luca Zingaretti, Nicola Nocella, Sydney Rome, Massimo Sonetti, Manuela Morabito, Alessandra Acciai, Fabio Ferrari, Alberto Gimignani, Maurizio Battista, Giulio Pizzirani, Pino Quartullo
Produzione: Duea Film – Medusa Film
Distribuzione: Medusa Film
Data di uscita: 19 Febbraio 2010 (cinema)