“IL MATRIMONIO DI TUYA” DI QUANAN WANG

L'Orso d'oro sulla via dell'urbanizzazione

Concorso
Tuya è una giovane donna che vive di pastorizia. Sposata con Barter, il marito infermo, non riesce più a tener fede ai suoi doveri coniugali, cedendo pian piano alla fatica e alle responsabilità cui è costretta a far fronte. Accetta il divorzio e l’eventualità futura di risposarsi, ma solo a condizione che il pretendente alle nozze si prenda cura non solo di lei e dei suoi figli, ma anche dell’ex marito disabile.

Dalla Cina arriva un film che – a sorpresa – sbaraglia gli avversari e conquista l’ambita statuetta d’oro al cinquantasettesimo Festival del cinema di Berlino. Ambientato nei territori a Nord della Cina, precisamente in Mongolia, l’epopea di Tuya si muove nella metafora di un progresso sperato ma ancora farraginoso, di una modernità inseguita ma ancora lontana, di un’emancipazione del volto femminile – ancora nascosto nel velo – che riporti un’immagine dell’Estremo Oriente pronta a comprimere il cinema nello spazio racchiuso fra tecnica di rappresentazione e conoscenza. Il punto forte della pellicola di Quan’An, al suo terzo lungometraggio dopo Lunar Eclipse e The story of Ermei, sono gli spunti di riflessione e un attento e sapiente uso della macchina da presa, mutuato in alcune scene da una cultura cinefila di taglio occidentale che traspare dalle immagini cui rimanda lo schermo nel corso della sua scarsa ora e mezza.

Innovazione e tradizione – temi cari alla filmografia cinese – portati con grazia e con una sottile comicità di fondo, forse quasi involontaria, a metà fra ingenuità e dolcezza, restituiscono la pienezza di un’estetica giocata tutta sulla naturalezza del paesaggio, sull’animo rurale dei suoi personaggi, nella difficile lotta di una donna ancora impigliata nelle maglie di una società retrograda e assuefatta al fare maschile. Esattamente come i volti spesso abbrutiti dei pretendenti all’altare: un ex compagno di scuola arricchitosi commerciando col petrolio e un vicino di casa, succube della propria consorte, disposto a tutto pur di prendersi cura – e carico – della affascinante Tuya.

Tuya’s Marriage ha colto alla sprovvista pubblico e critica, vincendo l’Orso d’oro e confermando la cinematografia cinese come una delle più ricche e premiate a livello internazionale. Certo è che, nonostante la qualità innegabile della pellicola, il film difficilmente potrà trovare la giusta distribuzione nei canali tradizionali, rimanendo un prodotto di nicchia impossibile o quasi da sdoganare. Come il suo collega veneziano – il film vincitore del Leone d’oro allo scorso Festival lagunare di cui persino i più accaniti cinefili hanno dimenticato il nome, Still Life – la pellicola di Quan’an rappresenta uno sguardo non più tanto originale in quanto a tematiche e impatto visivo. La dicotomia tradizione-innovazione, è ormai ampiamente superata da una generazione di registi che inizia a sperimentare altre tecniche e altre strategie narrative per conquistare la propria fetta di pubblico.

In Festival minori che non risentono dell’onda d’urto mediatica, ma che pure godono di prestigio e qualità riconosciuta (come quello africano e dell’America latina che si svolge nel mese di marzo a Milano), vengono ormai da anni presentate centinaia di pellicole simili, premiate più per il fascino esotico che desta nei suoi spettatori e dalla presunta diversità di cui si fregia chi li premia. Stavolta non si può che non esser d’accordo con la giuria di Berlino, convinti che prima di sdoganare certe pellicole, si debba far fronte allo sdoganamento dei gusti del pubblico, non potendo rischiare – una volta ancora – che un film premiato in uno dei più importanti Festival internazionali – rimanga una reliquia pronta a perdersi negli scaffali delle videoteche d’essai e in quelle polverose di compiaciuti giurati.

Tuya’s Marriage
Titolo originale: Tuya de hun shi
Nazione: Cina
Anno: 2006
Genere: Drammatico
Durata: 86′
Regia: Quanan Wang
Sito ufficiale:
Cast: Nan Yu, Ba Te Er, Sen Ge
Produzione: China Film Group Corporation
Distribuzione:
Data di uscita: Berlino 2007