La mostra “Il Mito e la Donna”, in corso alla Galleria Nazionale d’arte antica di Palazzo Barberini, dal 18 ottobre fino al 22 novembre, è ideata e curata da Massimiliano Finazzer Flory che indaga, insieme a studiosi della medesima levatura, come la figura della donna è stata associata al mito e con quali caratteristiche. I dipinti che accompagnano l’escursus, degnamente commentati, ci avvicinano ad una dimensione che nel suo dispiegarsi, affascina.
Gli appuntamenti del convegno sono letteralmente assaltati e bisogna recarsi alla Sala ”Pietro da Cortona” almeno mezz’ora prima delle 18,30, orario d’inizio della conferenza. Il quarto incontro, quello di oggi, è dedicato ad “Elena- dea o demone”.
Prima di avventurarci nella figura femminile emblema della bellezza per antonomasia insieme a Venere, voglio ricordare i temi degli altri tre incontri: il convegno è stato inaugurato il 18 ottobre con “Cleopatra” e le letture di Patrizia Zappa Mulas e Maria Chiara Bernardini presente ad ogni incontro ; 25 ottobre “Elettra-la vendetta e la verità”, con letture teatrali di Franca Nuti e interventi di Claudio Strinati; è seguito l’8 novembre “Medea- accettazione ed esclusione, letture di Ottavia Piccolo, con Giuseppe Conte e proiezione di “Medea”, film di Pie Paolo Pasolini. Il simposio di oggi sarà intervallato dalle letture di Laura Marinoni e vede la partecipazione di Eva Cantarella.
I testi di stasera sono di Omero ed Euripide mentre le splendide tele che faranno da sfondo saranno di Tintoretto, di Guido Reni e di David, esponente fondamentale del Neoclassicismo francese. Maria Grazia Bernardini apre le danze evocando la primogenitura di Elena: Zeus, nelle vesti di cigno seduce Leda per possederla, configurando subito un motivo che perseguiterà nella vita Elena, l’essere vittima di una seduzione, nel senso latino di “seducete” “trarre a sé”, quindi anche nel rapimento agito da Paride. Elena, sposa di Menelao, viene portata a Troia da Paride, perdutamente invaghitosi di lei: nel quadro del Tintoretto il rapimento è evidente quanto la battaglia che scoppierà di lì a poco a causa del ratto.
Il carattere drammaturgico dell’opera si dispiega chiaramente contrapposto alla fine cesellatura del dipinto di Guido Reni del 1632, conservato al Louvre, nel quale si racconta l’episodio dell’innamoramento di Elena dovuto a Cupido, presente nel quadro in procinto di scoccare la freccia. In questo dipinto Elena è soltanto vittima del volere della dea dell’amore, Afrodite, ed il suo matrimonio caratterizzato dalla fedeltà rappresentata nel dipinto dal cane, viene tradita contro la sua volontà.
Omero nell’Iliade attribuisce ad Elena la stessa caratteristica peculiare di Afrodite, affermando:”somiglia d’aspetto alle dee immortali”, conferendogli attraverso la bellezza un potere demandato agli dei. Flory al proposito ricorda come i valori fondamentali descritti attraverso gli dei costruiscano un quadro fondamentale della società del tempo e che il mito, rappresentando la destrutturazione della logica in favore dell’immaginazione, rivela il pensiero inconscio dell’autore.
Esempio pregnante è l’associazione fra Paride e la bruttezza nel momento in cui fugge, la codardia quindi viene evocata insieme alla bruttezza, conferendo un valore morale alla bellezza.
Bernardini prosegue facendoci riflettere sul rapporto fra la donna e la parola, che tanto ha interessato Gorgia, attraverso un aneddoto: Elena racconta a Telemaco di come Ulisse si sia confidato con lei a proposito del tranello del cavallo di Troia e di come lei abbia tentato di far naufragare il piano di Ulisse imitando le voci delle mogli dei compagni di Ulisse nascosti nel ventre del destriero di legno. In questo caso, ci spiega Bernardini, la parola per la donna significa inganno, e doppiamente n quanto tradisce prima Paride e i troiani, poi Ulisse coi suoi.
Nel terzo quadro David ci mostra un letto egizio sul quale sono appoggiati Elena e Paride con la lira: David, pittore ufficiale di Napoleone, raffigura uno dei tratti dominanti del tempo, la moda degli arredi ispirati allo stile egiziano antico come il letto simile ad un triclinio. Flory, intervenendo su questo quadro fa notare come le due figure non assomiglino alla storia raccontata da Omero e sembrino piuttosto a loro agio nella camera nuziale: “ questa è una variazione che mi ricorda il film “Troy”, nel quale muoiono inspiegabilmente Menelao e Agamennone, stravolgendo il mito”. Eva Cantarella, esperta storica, aggiunge:” le variazioni nella trasmissione dei miti sono fisiologiche, ma vi è un limite dato dagli altri racconti del mito stesso: la morte dei due re non si può assumere avendo presenti le Orestiadi, e la riscrittura di Baricco di un’Iliade senza dei, sebbene mi affascini non fa più parte dell’opera omerica ma di quella di un altro autore, Baricco appunto.”
Sulle note dell’”Opera buffa” di Offenbach del 1864 si dispiega invece un concetto di bellezza associato alla comicità, vicino ad Euripide e contrappunto alla sequenza tratta dalla messinscena di Strehler al Piccolo di Milano, dove un’Elena delirante ed angosciata racconta le sue paure, i suoi dubbi similmente ad una donna moderna: la preoccupazione per il giudizio delle altre donne, l’interrogazione a se stessa ed il motivo dei suoi atti, a cui è costretta dalla dea dell’amore e della bellezza, di cui teme le ire.
Sulle parole dell’Iliade letta da Laura Martinoni termina la conferenza su uno dei miti più resistenti delle donne: la bellezza.
La risposta eccellente del pubblico ha fatto prolungare di un altro incontro il convegno che il 22 novembre alle ore 18.30 nella stessa sede vedrà “Antigone-il pensiero e l’età ” come protagonista dell’ultimo incontro.
IL MITO E LA DONNA – 15 Novembre 2004 ore 18.30; Sala Pietro da Cortona; Galleria Nazionale d’Arte Antica
Palazzo Barberini, Roma; INFO: www.beniculturali.it