IL NUOVO LAVORO DI LAURA CURINO

Laura Curino alla scoperta della vera Bakhita. Una location santa a Zianigo di Mirano.

Bakhita arriverà a servire il “Paron” che accende le stelle, che fa sorgere il sole ogni mattina. Salirà accanto a Dio,
un “Paron” per il quale noi siamo uno uguale all’altro. Le peripezie della prima santa di colore, “Madre Moretta”, nerissima figlia del cuore dell’Africa pressoché analfabeta, dalla schiavitù salita agli onori dell’altare, si avvicendano
nel volto felice di Laura Curino, performer epica nella sacra location della Chiesa Arcipretale di Zianigo, la casa dove
la religiosa sudanese ha vissuto. La sua “storia meravigliosa” è tratta dai racconti di chi l’ha conosciuta e dalle parole
che la maestra Ida Zanolini scrisse dialogando con lei nel 1930, una testimonianza da cui è nata la ricerca di Michela
Marelli e Filippo Soldi, autori di testo e regia. Rapita dal suo villaggio a cinque anni dai mercanti di schiavi, fu frustrata,
umiliata, e relegata a oggetto. I padroni la chiamarono “Bakhita”, in arabo “fortunata”, seppure destinata alle crudeli
torture e umiliazioni. Fu comprata e riscattata dal console italiano, che a fine Ottocento la portò in Italia. Incontrò i voti
nella nebbia della Val Padana, arrivando al Convento delle Figlie della Carità a Zianigo di Mirano. Una sguattera, il
demonio, una spia africana, diceva chi la vedeva per la prima volta. Suor Giuseppina Fortunata, serva-bambinaia, umile
sorella di Schio (dove si trasferì nel 1902 e rimase fino alla morte nel 1947), per i contadini suoi concittadini che non
avevano mai visto una nera, era “Madre Moréta” che parlava solo dialetto veneto. Curò i feriti della Grande Guerra e
nel 2000 fu canonizzata da Giovanni Paolo II.

Bakhita indica il cammino dell’essere umano alla scoperta della santità,
della sacralità dell’esistenza, di Dio. Da tanto dolore, riesce a infondere un messaggio di serenità, che contagia di gioia
chi soffre. Le suore Canossiane di Verona credevano rappresentasse la personificazione di dolori e di martiri senza
nome, incarnazione di misericordia e compassione divina, corrispondenza prodigiosa della grazia. All’esperienza di vita
vissuta nel teatro di narrazione civile, a cui si adatta l’oralità di Laura Curino, e all’arte della stregoneria, per cui brilla
la costellazione di personaggi da lei interpretati, si unisce il potere rievocativo dei suoni delle percussioni e delle danze
tribali. L’attrice riconosce con commozione la semplice figura di Santa Bakhita, nello stupore dell’ascolto delle azioni
narrative.