“Il Custode” di Harold Pinter

Un grande Giacomo Rizzo per un “classico contemporaneo”

“Un giorno arriverà l’indifferenza. E spegnerà tutti i colori. E sarà troppo tardi”. Le dichiarazioni del regista napoletano Pierpaolo Sepe, che accompagnano il suo “ Custode” di Harold Pinter, in scena al Teatro Nuovo di Napoli dal 18 al 29 Aprile, sono di totale amarezza e pessimismo verso la nostra società, fatta di banalità e d’ignoranza. La scelta di un classico del “teatro della minaccia”, espressione con cui spesso è stata definita l’opera di Pinter, non può che derivare da una tale visione del mondo.

The Caretaker è, per l’appunto, una di quelle situazioni pinteriane in cui gli eventi, da uno stato di apparente tranquillità, prendono improvvisamente una piega minacciosa e assurda, a causa degli inspiegabili cambiamenti d’umore dei personaggi. Epitomi dell’incomunicabilità sono dunque tre protagonisti, Giacomo Rizzo nel ruolo di Davis, Paolo Sassanelli e Maximilian Nisi nei ruoli dei due fratelli, proprietari di un’abitazione contesa che altro non è che un ricettacolo di relitti della società consumistica: vecchi aspirapolvere, cucine non funzionanti, orridi soprammobili ammassati senza criterio. Eppure, quel nonluogo rappresenta l’ultima occasione che hanno i personaggi di trovare un posto nel mondo, una collocazione all’interno dello stato delle cose, ormai degenerato e svuotato di ogni senso.

Come nella maniera caratteristica del teatro dell’Assurdo, di cui sono stati esponenti Ionesco e Beckett, il dramma pinteriano si struttura attraverso un fiume di parole, scagliate da un individuo all’altro senza alcuna funzione realmente comunicativa, in dialoghi che non veicolano nessuna vera azione. Da un punto di vista scenico, questo tipo di non-narrazione non può che affidarsi quasi completamente all’abilità degli attori, nella loro performance risiede interamente la riuscita della messinscena. Perfetta e ulteriormente riconfermata la veste drammatica di Giacomo Rizzo, celeberrimo attore napoletano che da sempre calca le scene della commedia e del teatro napoletano in generale (ha appena concluso l’impegno come one-man show con Unico Eduardo), ma che con l’interpretazione del personaggio di Geremia de’ Geremei in L’amico di famiglia di Paolo Sorrentino ha rivelato un grande talento anche come attore drammatico. Il suo Davis esibisce una naturalezza che solo un collaudato animale da palcoscenico come Rizzo può portare a così alti livelli e sfiora l’ironia drammatica senza mai eccedere.

Sassanelli, che abbiamo visto al cinema quest’anno con Rosso come il cielo, è ben calato nel ruolo del fratello reduce dall’internamento in un manicomio, mite e patetico simbolo della classe debole. A Nisi è affidato il ruolo opposto, quello dominante e aggressivo del fratello proprietario dell’appartamento e sedicente arredatore d’interni: l’interpretazione del giovane attore è fin troppo veemente e carica, molto spesso inutilmente dissonante con i toni degli altri due interpreti. Il Teatro dell’Assurdo non è un teatro di regia, ma qualche contributo di Sepe per non lasciare del tutto solo Giacomo Rizzo sul palco era necessario. Le musiche originali, eseguite e registrate, esplodono in boati dal sapore rock forse non del tutto amalgamate alla messinscena. Restano dunque una strabiliante prova attoriale e le amare considerazioni di un “classico contemporaneo” di un autore, insignito del Premio Nobel per la Letteratura appena due anni fa.