Novità di questa edizione è che ogni sera una personalità del mondo della cultura, tra cui Giorgio Albertazzi, Andrea Satta, Giovanna Marini e Paola Turci, concluderà la mise en espace leggendo una lettera scritta da Rolf Hochhuth e attribuita, nella finzione teatrale, a una ragazza ebrea di Ostia.
IL TESTO
Pubblicato e rappresentato in trentotto nazioni. Solo in Germania – dov’è messo in scena annualmente al Berliner Ensemble – IL VICARIO ha venduto più di un milione di copie. In Italia, IL VICARIO di Rolf Hochhuth è un testo pressoché sconosciuto.
È un dramma storico in cui l’autore s’interroga sul silenzio della Chiesa, ed in particolare di Pio XII, di fronte agli orrori nazisti e alle deportazioni degli ebrei. Una riflessione sulla nostra storia recente, certo. Ma anche su temi universali quali: la posizione dell’uomo di fronte alla storia, il silenzio, il coraggio, il sacrificio, quello che è giusto e quello che è conveniente. Nonostante nel resto d’Europa IL VICARIO sia un testo conosciuto e frequentemente rappresentato sin dalla sua prima pubblicazione, avvenuta in Germania nel 1963, qui da noi ha avuto una sorte singolare.
LA TRAMA
Sullo sfondo degli orrori della seconda guerra mondiale e delle deportazioni ebraiche si muovono i personaggi di questo dramma: Kurt Gerstein, ufficiale delle SS che in segreto tenta di minare il regime nazista, Padre Riccardo Fontana, giovane sacerdote della segreteria di Stato vaticana che si schiera a favore dei perseguitati, il Dottore, incarnazione del male che ad Auschwitz conduce macabri esperimenti sui prigionieri, e soprattutto lui, IL VICARIO di Cristo, Papa Pio XII, il cui Silenzio è il vero protagonista di questa storia. Tra l’incapacità di comprendere questo Silenzio e i tentativi di indurre il Papa a condannare esplicitamente le deportazioni ebraiche, le storie dei personaggi si intrecciano fino a giungere ad un tragico epilogo.
CRONOLOGIA EVENTI LEGATI A IL VICARIO:
– 1963 La pièce viene pubblicata in Germania e subito rappresentata a Berlino, il 20 febbraio dello stesso anno al teatro Frei Volksbuhne dal regista Erwin Piscator. Esplode la polemica. Il Vaticano è costretto ad affrontare la questione e ad aprire gli archivi.
– 1964 In Italia il testo viene pubblicato da Feltrinelli.
– 1965 Il Vicario viene messo in scena da Carlo Cecchi e Gian Maria Volontè al circolo “Letture nuove” al centro di Roma. La rappresentazione è clandestina.
Esplode la polemica in Italia. Il dibattito è violentissimo. Intervengono le forze dell’ordine, seguono scomuniche, divieti, lo spettacolo è interrotto, gli intellettuali si confrontano, il pubblico si interroga e poi più nulla.
– Successivamente del testo cominciano a perdersi le tracce. Feltrinelli non lo pubblica più.
Nessuno lo mette più in scena, anche se qualche tentativo non manca. Il testo fino ad oggi è stato particolarmente difficile da recuperare.
Recentemente una piccola casa editrice di Porto Sant’Elpidio, la Wizarts, lo sta ripubblicando.
– Nel resto d’Europa per più di quarant’anni, grazie al Vicario, l’argomento è stato oggetto di dibattiti e riflessioni. Numerosi studiosi si sono interessati all’argomento ed hanno scritto libri e trattati partendo da quello spunto. Nel 2002 il regista Costa Gavras realizza Amen, un film ispirato alla pièce. Oliviero Toscani ne realizza la locandina, che verrà censurata.
IL PROGETTO
Gli attori affronteranno le scene più significative del testo, riprendendo l’evento che avevano provato a fare Cecchi e Volonté. Perché parlare ancora di quest’argomento significa non solo guardare in faccia la nostra storia, ma anche partecipare alla costruzione del nostro futuro, per una costante affermazione della vita. Le parole verranno offerte per una condivisione che ha come scopo la riflessione. Una riflessione sulla posizione del Vaticano durante l’eccidio ebraico. Una riflessione sul silenzio.Una riflessione sulla necessità di compiere una scelta che ogni giorno l’uomo si trova a fronteggiare: silenzio o grido.
IL GRUPPO DI ATTORI
Gli attori del progetto condividono da anni progetti e spettacoli del regista ANTONIO LATELLA, affrontando autori quali Genet, Pasolini, Shakespeare, Marlowe.
Padre Riccardo Fontana: Marco Foschi – Kurt Gerstein, Obersturmfueher delle SS: Matteo Caccia – Il Dottore: Cinzia Spanò – Papa Pio XII: Annibale Pavone – Abate: Enrico Roccaforte – Salzer, capo della polizia tedesca a Roma: Rosario Tedesco
NOTE DI REGIA:
Due divise, due uomini. La storia, i suoi orrori. Il silenzio, la fede e la responsabilità.
I due protagonisti del testo: un soldato tedesco, un prete italiano, s’incontrano nel teatro della storia. Di fronte alle atrocità del lager, scoprono tutta l’ipocrisia delle loro esistenze, la follia del mondo. Così intraprendono la missione di portare al Papa notizia dell’Olocausto. In un comune percorso di spoliazione dalle loro divise, scoprono che è ancora possibile essere uomini soltanto accettando le proprie responsabilità. Nonostante questa dolorosa acquisizione, la Chiesa rimane muta davanti al sacrificio degli innocenti. Nell’adattare questo testo mi hanno guidato le didascalie che descrivevano gli ambienti entro cui la vicenda si svolgeva. Si inizia a Berlino durante i bombardamenti, nella casa del soldato tedesco Kurt Gertstein. Questa abitazione, parzialmente distrutta, ci dà il senso di una realtà in frantumi. Ma questa casa è però ancora un luogo dove è possibile nascondersi, e da dove è possibile organizzare la fuga. Si passa poi a Roma, sul Gianicolo, a casa di Riccardo Fontana, il prete italiano. La sua è una casa nobiliare. L’atmosfera è rassicurante, ma di facciata, appena turbata dall’assenza della figura chiave del nucleo familiare: LA MAMMA. In questa casa la vita non è, almeno per il momento, un lusso da difendere. La contrapposizione tra le due abitazioni è anche la contrapposizione tra i due protagonisti. Allo scoperto e con i nervi a vivo, il soldato tedesco; ad uno stadio molto avanzato di coscienza di sé, perché nella maggiore disperazione si comprendono i confini della propria identità. Nella bambagia il prete italiano, che comincia a rendersi conto dell’ipocrisia di questa esistenza fatta solo di prediche fiorite; ad uno stadio pre-natale della coscienza di sé, avendo ancora il mondo soltanto in cuore e non davanti agli occhi. Dopo questi due spazi si passa, sempre a Roma, alla sala piccola, quasi vuota e di color rosso scarlatto, degli appartamenti del Papa: uno spazio recondito, intestino. Qui il linguaggio assume toni privati. La scena si apre parlando d’affari. Il Papa viene chiamato IL CAPO, CHEF, nell’originale. Le espressioni, i modi di dire sono quelli di un’azienda rigidamente strutturata / gerarchizzata. Gli appartamenti del CAPO, sono uno spazio astratto e segreto. In fondo a nessuno è veramente dato sapere cosa accada lì dentro. Infine, l’ultimo spazio, quello al limite della rappresentazione, quello che i greci definirebbero: OSCENO. Vietato allo sguardo. Il lager. Nella scena tra R. e il Dottore, il lager diviene il luogo della confessione estrema. Attraversando l’Europa i due protagonisti smetteranno le loro divise, che credevano cucite addosso come una seconda pelle: non più soldato tedesco e prete italiano ma finalmente uomini. Questo modo di trattare in maniera inedita il tema della responsabilità di fronte alla Storia, alla vita e alla propria coscienza, mi ha sorpreso lasciandomi smarrito. Quasi dimenticando gli orrori dell’olocausto ho visto riapparire il mito senza tempo: l’uomo che torna ad essere uomo, il terrore e la pietà. Ma la Storia incalza, e non ci si può permettere di dimenticare o “riscrivere”. Ed è questa la forte impressione che viene ancora oggi da questo testo “maledetto”, sia pure attraverso una nuda lettura.
Rosario Tedesco
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IL VICARIO-CECCHI-VOLONTÈ:
Il Vicario – articolo apparso sull’Unità 18-04 -1965: Va in scena a Roma Il Vicario. Ed è subito un caso politico, di Francesca Faccini. Centinaia di agenti di polizia, sette camionette, due camion, un cellulare e un’autoradio. Questo il massiccio spiegamento delle forze di polizia con cui, la sera del 13 febbraio 1965, le forze dell’ordine intervennero per bloccare la rappresentazione de Il Vicario messo in scena da Gianmaria Volonté con la sua compagnia di attori del “Teatro Scelta”, in un locale privato di via Belsiana adibito a circolo culturale. Motivo addotto per giustificare l’intervento: la mancanza di agibilità del locale come spazio teatrale aperto al pubblico.
“Brutale provocazione contro la libertà e la cultura – La polizia assalta il circolo dove si provava il Vicario – Indignazione nel pubblico dei critici teatrali e degli uomini di cultura – Violenze e fermi – Gian Maria Volonté e i suoi attori decidono di rimanere nel locale assediato dai poliziotti finché la presentazione non sarà consentita”. Questi i titoli del servizio in prima pagina de l’Unità del 14 febbraio 1965. E questo l’attacco del lungo pezzo dedicato all’avvenimento: “Una cinica e brutale aggressione poliziesca ha impedito che ieri sera nel circolo “Letture nuove” al centro di Roma si svolgesse la prova generale del Vicario di Rolf Hochhuth, alla quale erano state invitate alcune decine di persone: i critici dei maggiori settimanali di Roma e Milano, i corrispondenti dei importanti giornali stranieri, personalità della cultura come Alberto Moravia; Bruno Zevi; il poeta spagnolo Rafael Alberti,(…) l’editore Gian Giacomo Feltrinelli. Oltre un centinaio di agenti, in pieno assetto di guerra, hanno bloccato l’ingresso della piccola sala dello spettacolo, ricavata nello scantinato di un vecchio edificio ecclesiastico non più adibito al culto, in vicolo Belsiana (presso via Condotti) dove da qualche settimana un gruppo di giovani attori, guidati da Gianmaria Volontè, stavano rappresentando il polemico dramma (già rappresentato in larga parte del mondo civile), che chiama in causa, come è noto, le gravi responsabilità di papa Pacelli nei confronti dei crimini nazisti. Le poche persone che , giunte in anticipo sul luogo della prova, avevano già preso posto nella minuscola platea, sono state cacciate in malo modo, tra di esse vi erano diversi giornalisti stranieri (del New York Times, del Times e dell’Observer di Londra), fra gli altri che hanno elevato, ma vanamente, le più indignate proteste. Intanto, tutte le strade vicine venivano bloccate dagli automezzi dagli automezzi della Ps e della Celere (…); uno schieramento massiccio, chiaramente provocatorio, smisurato rispetto alle stesse (e penose) giustificazioni legali dell’operazione.
PIO XII (1876-1958):
Il pontificato di Pio XII coincise con alcuni degli eventi storici più gravi e significativi del XX secolo. Salito al soglio pontificio nel 1939, alla vigilia della seconda guerra mondiale, egli – in ragione della peculiarità del suo ufficio – si trovò in una posizione particolare nel quadro della grande tragedia costituita dall’Olocausto perpetrato dalla Germania nazista. A guerra finita fu uno dei protagonisti – sia a livello mondiale, sia relativamente alla politica italiana – della forte contrapposizione ideologica (simboleggiata dalla Cortina di Ferro) sviluppatasi nell’ambito della Guerra Fredda. Sopravvisse per cinque anni a Stalin (morto nel 1953), del quale fu, in virtù del suo intransigente anticomunismo, uno dei più fieri avversari tra i leader occidentali.Le difficoltà e l’importanza cruciale delle scelte connaturate all’attraversamento, durante il suo pontificato, di un periodo storico caratterizzato da scontri ideologici e militari tra i più duri che la storia ricordi, non potevano che porre Pio XII al centro d’una controversia storiografica – ben lungi dall’esser conclusa – e di aspre critiche e polemiche relative al suo operato, sorte già alla fine del secondo conflitto mondiale, sia oltrecortina che nell’ambito del cattolicesimo progressista. In particolare, Pacelli è oggetto di accuse circa la sua presunta connivenza con i regimi nazi-fascisti – e, ultimamente, di organica collaborazione alla fuga di gerarchi nazisti al termine della seconda guerra mondiale – specialmente per quanto riguarda il suo presunto «colpevole silenzio» di fronte all’Olocausto. Anche se contro quest’ultima, centrale accusa, vi sono le testimonianze di personalità ebraiche, che accreditano a Pio XII e alla Chiesa cattolica lo svolgimento, durante la guerra, di attività caritatevoli e umanitarie a salvaguardia e protezione di coloro che erano minacciati dalla prospettiva dei campi di sterminio, in stragrande maggioranza ebrei. Insomma la disputa è lungi dall’essere conclusa.
ROLF HOCHHUTH è nato a Eschwege nel 1931. Con il dramma Il Vicario (Der Stellvertreter, 1963) ottenne uno dei maggiori successi teatrali del dopoguerra, e fu al centro di una rovente polemica. Prendendo lo spunto da discussi avvenimenti storici. Hochhuth accusa Pio XII di non aver fatto quanto era in suo potere per salvare gli ebrei dallo sterminio. Anche la successiva tragedia, Soldati : necrologio per Ginevra (Soldaten: Nekrolog auf Genf, 1967) si basa su avvenimenti storici: il problema morale sollevato è quello della liceità dei bombardamenti compiuti dagli alleati sulle città tedesche durante la seconda guerra mondiale. Nel successivo Guerillas (1970), esamina le contraddizione della lotta armata contro il potere costituito.
Dello stesso autore: “Un amore in Germania” (Eine Liebe in Deutschland), 1983, da cui Andrzej Wajda ha tratto ispirazione per il suo film con Hanna Schygulla.
La pièce Il Vicario, (Originale Der Stellvertreter) dimenticata in Italia ma mai abbandonata all’estero. Ancora oggi in cartellone al Berliner Ensemble in un allestimento del 2001.
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I GIORNI NOSTRI:
Dal GIORNALE:
Il delegato apostolico cattolico di Gerusalemme, monsignor Antonio Franco, ha deciso di non partecipare all’annuale cerimonia di commemorazione della Shoah, che si terrà la prossima settimana al museo dell’Olocausto a Gerusalemme. Si tratta di una protesta per il rifiuto di rimuovere una foto di Pio XII esposta con una didascalia che condanna la posizione del Pontefice, definita «ambigua», sull’uccisione degli ebrei durante la Shoah. Autorità israeliane hanno risposto, con una certa durezza, che «la verità storica» su Pio XII non può essere cambiata e che «altre istituzioni», anziché reagire come la Chiesa, hanno chiesto pubblicamente scusa per le loro complicità con l’Olocausto.
Da AVVENIRE, l’analisi di Gian Maria Vian:
Anche a Pio XII accusato di ambiguità (o, peggio, di connivenza) nei confronti della Shoah le ricerche storiche stanno rendendo giustizia.
Il Vicario Una menzogna in scena
Un nuovo ostacolo, dunque, interviene nei rapporti tra Israele e la Santa Sede e si aggiunge ai recenti intoppi nell’applicazione di accordi bilaterali previsti già nel 1994, quando furono allacciate le relazioni diplomatiche. La difficoltà tuttavia risale al 1963, quando la rappresentazione del dramma Der Stellvertreter («Il vicario») di Rolf Hochhuth – ultimo frutto della propaganda sovietica e comunista contro Pio XII – ebbe l’effetto di modificare radicalmente un atteggiamento che da parte ebraica era stato fino ad allora in prevalenza benevolo nei confronti di papa Pacelli, come risultò dalle reazioni di cordoglio al momento della morte del Pontefice nel 1958. A questa vera e propria campagna mediatica reagì con energia uno dei più stretti collaboratori di Pio XII, il cardinale arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, in una lettera alla rivista «The Tablet» scritta pochi giorni prima di entrare nel Conclave dal quale nel 1963 sarebbe uscito Papa con il nome di Paolo VI.
Da La REPUBBLICA l’intervista di Orazio La Rocca al vescovo Brian Farrell, vice presidente della Commissione per i rapporti con l´ebraismo:
CITTÀ DEL VATICANO – La consegna nei palazzi vaticani è: «silenzio assoluto». Sulla improvvisa crisi esplosa tra Israele e Santa Sede, dalla Segreteria di Stato fanno sapere che, «per ora», non ci saranno reazioni ufficiali. Un scelta di basso profilo per tenere lontano Benedetto XVI dalle polemiche. Anche se è impossibile pensare – si vocifera in Curia – che il gesto del nunzio non sia stato approvato dal Papa. «Il Santo Padre ha dovuto farlo per difendere la memoria di un suo predecessore da accuse infondate e storicamente mai provate», spiegano in Segreteria di Stato.
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