“Il professore, Rousseau e l’arte dell’adulterio” di A. Crumey

Quando un manoscritto può diventare un ponte tra il '700 e l'900

Il nuovo romanzo di Andrew Crumey porta il lettore a spasso tra il ‘700 e il ‘900 sulle tracce di un misterioso manoscritto che avrebbe potuto modificare le sorti del mondo culturale e scientifico a venire opponendosi all’Enciclopedie di Diderot.

Il professore, Rousseau e l’arte dell’adulterio è un titolo da cui un lettore si aspetta molto. C’è quel professore seguito da Rousseau che intriga perchè mette in atto una serie di operazioni mentali tali da far si che si cerchino delle associazioni trai due termini.

E poi c’è quell’arte dell’adulterio che spiazza: cosa centra la filosofia di Rousseau con l’adulterio? E questo professore cos’ha a che fare con l’adulterio? Un titolo davvero notevole (e dovuto al traduttore italiano perchè in inglese il titolo è, semplicemente, Mr.Mee). A questo punto il lettore non può fare a meno di verificare se il romanzo, che porta questo titolo interessante, è veramente alla sua altezza o se nasconde una trama scialba e banale. Il nuovo romanzo di Andrew Crumey (Pftiz o la ricerca della Città perfetta , Ponte delle grazie) fortunatamente soddisfa appieno le aspettative di un titolo tanto intrigante.

La storia è condotta su tre piani narrativi diversi: un vecchio bibliofilo si trova per caso tra le mani un testo in cui si parla di un’anti Enciclopedie scritta dall’oscuro filosofo Rosier e per fare luce sull’argomento inizia a conoscere il mondo di internet; un professore di mezza età, che sta seguendo le vicende di due copisti Fernand e Minard della Francia del ‘700, lascia tutto per corteggiare una studentessa; due copisti francesi del ‘700 si trovano per le mani un testo che si oppone alle teorie dell’Enciclopedie e presenta un nuovo modo di vedere il mondo.

Non ci vuole molto a capire che quelle che sembrano tre storie distinte sono legata tra di loro: il bibliofilo studia il testo che i due copisti francesi hanno tra le mani e il professore ha scritto un libro su quei due copisti. La storia però non è banale come può sembrare da questo riduttivo riassunto: c’è di mezzo un omicidio, delle foto di donne nude in rete, delle lettere mandate ad un amico morto da anni e mille altri dettagli inquietanti che non preannunciano minimamente la fine a sorpresa del racconto.

Il romanzo di Crumey sfugge ad ogni definizione di genere perché sa essere un thriller, ma è anche un romanzo storico e nel contempo filosofico, soprattutto è un libro colto, ma per nulla saccente. I riferimenti alla filosofia illuminista e alla cultura del XVIII secolo sono ben equilibrati per non annoiare il lettore e la trama, pur sovrapponendo tre piani narrativi, non è difficile da seguire. Crumey sa passare dalla descrizione del mondo moderno al mondo settecentesco senza fatica, modificando lessico ed espressioni con una grande abilità linguistica.
Crumey fa viaggiare la mente del lettore dal ‘900 al ‘700 per capire che tre secoli non sono così distanti come sembra nei libri di storia.

TEA, febbraio2004, pagg.336