NSC: Diletta Rizzo Marin, Lei è nata e cresciuta in una famiglia in cui la musica assurge ad imprescindibile parte della vita. Dopo lo studio e il diploma in pianoforte, qualche anno fa ha debuttato cantando al Festival di Santander. Daniel Baremboim si dice fermamente convinto che sia impossibile parlare della musica, ma, citando Aristotele, si evince che la musica possa esercitare un qualche influsso sul carattere dell’anima, e che per avvicinarsi ad essa bisogna educare i giovani fin dalla tenera età. Qual è l’educazione musicale in Italia, e che peso ha all’interno della società?
Il maestro Baremboim ha perfettamente ragione: è difficile poter parlare della musica, in particolare dell’essenza della musica, è giusto però cercare di parlarne, nella sua relativa concretezza cercando d’avvicinare i giovanissimi, non solo alla pratica musicale, ma, soprattutto alla disciplina dell’ascolto, partendo dalla classica e dal jazz. La musica riesce a plasmare il carattere di una persona, la sua sensibilità, serietà e determinazione.
Io ho raccolto l’esperienza di mia madre che per anni ha praticato la musico-terapia in classi di ragazzi con problemi comportamentali quando questo in Italia non era ancora diventata una vera e propria terapia. Purtroppo nel nostro Paese, l’arte, la musica sono ancora considerate secondarie nell’istruzione e trascurabili in quanto non direttamente legate ad un riscontro in denaro. Il nostro paese, è culla di cultura, arte e musica, ha dato i natali ad un genere, l’opera, ed ai suoi maggiori compositori, trovo avvilente che nel nostro paese la musica, e soprattutto l’opera non sia seguita quanto merita. Questo è dovuto di certo all’avvento di generi più attuali, ma anche alla mancanza di un’educazione musicale concreta sin dalla più tenera età, questo deficit, all’interno della nostra società, fa si che sempre meno persone si avvicinino al melodramma. Guardiamo invece l’esempio di paesi come l’Austria, la Germania, la Francia o addirittura la Spagna, che hanno coltivato vivai di musicisti e ascoltatori, grazie a programmi educativi più appropriati, maggiore contatti fra istituzioni culturali, come i teatri e le fondazioni con le scuole. Non studiare la musica, soprattutto la nostra musica, è una mancanza profonda quanto non studiare la storia dei romani, o quella del rinascimento. Per un paese come il nostro (da sempre patria della creatività, del gusto, dell’arte) l’impoverimento culturale ha effetti molto più pesanti rispetto a quelli che ha su altri paesi.
NSC: Oggi, tanto in Italia, quanto in Europa si vive un periodo di crisi economica che tutti i teatri risentono. Una via per la diminuzione delle spese è quella delle coproduzioni, ma come si fa ad attirare un pubblico nuovo, che ridìa slancio a questo mondo, senza sacrificare produzioni e qualità?
Credo personalmente che in Italia molti spettacoli abbiano lasciato una pessima impressione nel pubblico, sia questo fatto da melomani accaniti, come da neofiti. Non parlo di voci, parlo di produzioni, di allestimenti cosiddetti “nuovi”, spesso aridi di idee, per i quali sono stati spesi molti soldi, che hanno gravato sul bilancio finale di diversi teatri. Nessuno credo stia suggerendo di ritirare fuori i teloni dipinti, anche se indubbiamente hanno un fascino “vintage” tanto che un noto regista li sta riproponendo; Probabilmente converrebbe sfruttare maggiormente le produzioni, molte vengono realizzate, utilizzate, e poi lasciate marcire nei depositi. Bisogna riutilizzare, fare riprese, come nei teatri all’estero. Recentemente a New York, al Metropolitan, teatro considerato forse il più importante per l’Opera ai giorni nostri, è stata ancora una volta portata in scena la produzione di un Elisir d’amore, già utilizzato nei primi anni 80. L’ammortamento è alla base della gestione economica di ogni impresa e i teatri sono delle imprese. I nostri teatri vanno usati, utilizzati per più occasioni possibili, la cittadinanza deve sempre essere invitata a vivere i teatri della propria città, i biglietti devono esse disponibili in una gamma realmente varia di prezzi, per tutte le tipologie di tasche, perchè se un ragazzo di 18 anni, vuole andare a vedere un’opera, deve poter pagare prezzi competitivi. Un teatro deve avere programmi vari, tali da offrire sia spettacoli tali da poter accattivare gli spettatori più spensierati, sia spettacoli più ricercati.
NSC: Due anni fa ha partecipato, nel ruolo del titolo, ad un’importante produzione della Sonnambula di Bellini, che ha girato molto, riscuotendo sinceri consensi. Come si è avvicinata ad un ruolo che ha sempre visto nel ‘900 il soprano lirico leggero affrontare questo personaggio?
Sonnambula è un ruolo difficile e complesso. Ovviamente, non mi sono improvvisata Amina dal giorno alla notte. Ho letto molto sul soggetto originale e sull’evoluzione di questo, in una parabola che lo ha portato a diventare una delle opere più particolari e delicate di Bellini. Devo anche confessare che sentendo un’affinità di base con il romanticismo di questo personaggio, partivo avvantaggiata. A questa prima parte istintiva ho aggiunto lo scavo psicologico ricercato nei due anni precedenti al debutto, dal punto di vista vocale ho cercato di rendere Amina un personaggio fresco, data la voce di soprano leggero, ma non stilizzato o relegato ad un bamboleggiamento inespressivo. Anche nella parti più intense ho cercato nuances e colori tali da rendere il dramma ma senza appesantire quello che è un ruolo di una ragazza giovane, non di una donna.
NSC: Ma il personaggio fu scritto per Giuditta Pasta, un mezzosoprano, e portato in trionfo da Maria Malibran, dotata di un’eccezionale vocalità. Avrà certamente ascoltato la versione che Cecilia Bartoli ha inciso per la Decca nel 2008. Che cosa ne pensa?
Di Cecilia Bartoli ho una stima profonda. Per le sue doti le sue capacità e la sua ecletticità. In assoluto ammiro le sue scelte controcorrente come realizzare la versione Malibran di Sonnambula. Cecilia Bartoli forse ha dato un senso più drammatico al personaggio di Amina, e ha saputo giocare appieno con le sue caratteristiche e peculiarità vocali.
NSC: Riguardo al suo repertorio si evince un vivo interesse per il belcanto italiano, con aperture naturali a Mozart e ad una piccola parte del repertorio francese di metà Ottocento. Ha un ruolo preferito?
Sembrerei ripetitiva se dicessi Sonnambula ma è così. Seguono poco dopo Elvira nei Puritani e Lucia di Lammermoor. Caratteri complessi, che rappresentano delle vere e proprie sfide per una cantante: è necessario saper rendere il personaggio in tutte le sue peculiarità vocali e con la recitazione nelle mille sfaccettature emotive che li caratterizzano, bisogna immergersi totalmente, pensare come il personaggio, facendosi vettore di queste emozioni, verso il pubblico. La Musica, il canto, sono come una magia, così le vivo; l’opera, nella sua complessità, è uno strumento potentissimo, che purtroppo in altre nazioni sembra essere compreso maggiormente rispetto a quanto noi lo facciamo nella nostra
NSC: Nel prediletto belcanto tuttavia si nota la mancanza di Gioachino Rossini. Se si pensa ad un’opera come La gazza ladra, che vive in questi anni un momento particolarmente fortunato in Italia, grazie al successo ottenuto al Rossini Opera Festival nel 2007, per la regia di Damiano Michieletto, il ruolo di Ninetta pare per Lei piuttosto appropriato.
Un ruolo che mi auguro presto mi sia proposto. Amo molto Rossini, sia quello dal tratto comico che quello più impegnato. Per il timbro un po’ melanconico della mia voce, non mi sono arrivate proposte fattibili nell’immediato futuro.
NSC: Ha qualche modello del passato o ancor meglio dell’oggi a cui si ispira?
Sono sempre stata un’ascoltatrice molto attenta, sin da giovanissima, mi hanno affascinato voci e modi di cantare, soprattutto la tecnica e precisione di alcuni cantanti del passato. Non ho mai creduto possibile ricalcare il modello di una sola persona, poiché credo che ogni cantante abbia delle sue peculiarità, dei caratteri distintivi; ho quindi ascoltato cercando affinità reali con le mie possibilità e qualità vocali timbriche, di estensione o gusto. Ammiro la precisione tecnica di Joan Sutherland, il gusto e la pasta vocale di Mariella Devia ed ho una profonda ammirazione per Edita Gruberova.
NSC: Quali sono i Suoi prossimi impegni, progetti e debutti, e dove La vedremo, soprattutto in Italia?
In Italia, strano ma vero, mi capita di lavorare molto meno rispetto a paesi esteri come Spagna e Francia. Qui in Italia, ci sono dei progetti per l’estate Milanese, all’estero mi aspettano alcuni debutti come quello della Zerlina del Don Giovanni di Mozart in Francia, o l’Alcina di Haendel a Santiago del Cile, e altri impegni di cui preferisco ancora non parlare per scaramanzia. Nei prossimi mesi inoltre ci saranno nuove sorprese, legate ad un nuovo album in cui mi cimenterò anche in generi meno “classici”
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Diletta Rizzo Marin
Nata a Vicenza nel 1984, cresce e si forma in una famiglia di artisti. Diplomata in pianoforte principale, a 16 anni comincia il suo percorso nello studio del canto sotto la guida di Anna Maria Bicciato con la quale prepara tuttora il suo repertorio cameristico e operistico,unitamente alla prestigiosa esperienza della professoressa Enza Ferrari. Si diploma in lingue straniere e in seguito, si laurea con 110 cum laude e menzione accademica in Tecniche Artisiche dello Spettacolo alla Cà Foscari di Venezia.
Il suo debutto ufficiale, diffuso dalla radio nazionale spagnola, avviene nel contesto del cinquantatreesimo Festival Internacional de Santander, con una serie di recitals di musica cameristica e operistica, tenuti in particolare con l’orchestra del Teatro Regio di Torino (2005), che riscuotono il favore della critica spagnola. É rappresentante a livello universitario dell’Unicef, a favore del quale appare in diversi concerti cameristici e non, e che rappresenta in occasione dell’ apertura dell’anno accademico dell’università di Harvard.
L’ultimo concerto avviene nel contesto del Gala del M°Scandiuzzi, al Teatro Comunale di Treviso, affiancando nomi quali Roberto Frontali e Luciana D’Intino.
Alla fine della primavera del 2007incide un recital per voce e piano conil M° Alberto Boischio per la casa discografica Velut Luna, il recital ottiene ottime critiche da pubblico e critica, ed entra a far parte della scaletta di alcune emittenti radiofoniche che in tutta Europa propongono musica classica. Nell’agosto dello stesso anno debutta il ruolo di Amina nella Sonnambula di Vincenzo Bellini, in occasione del cinquantaseiesimo festival internazionale di Santander,nella produzione di Hugo De Ana, riscuotendo un enorme successo di critica e pubblico, (sue interviste, critiche e articoli su di lei appaiono sui maggiori quotidiani e magazines spagnoli: El Mundo, El Cultural, Ritmo, etc). Alla fine dello stesso anno alcuni quotidiani italiani la annoverano tra i più importanti giovani italiani che riescano ad ottenere successo all’estero. “Il corriere del Teatro” dedica la copertina e svariati articola al giovane soprano.
Il 2008 viene inaugurato con l importante debutto in Francia, nel prestigioso teatro di Toulouse nel ruolo di Lucieta, nell’opera i Quatro Rusteghi,la cui produzione vede alla regia la direzione di Grischa Asagaroff. Fra i prossimi impegni spicca il debutto nel ruolo di Lisette, nella pucciniana Rondine, al teatro dello opera di Nizza ,sotto la direzione musicale del M° Veronesi.
biografia ufficiale tratta dal sito internet della soprano