Venezia 65. – Concorso
Un burbero ex militare, congedato con disonore dall’esercito, cerca di sbarcare il lunario in una provincia tedesca poco attraente e poco “europea”. Un’opportunità gli è paradossalmente data proprio da un Gastarbeiter, un imprenditore turco, che sfortunatamente ha però una donna troppo bella.
Petzold viene indicato come uno dei “fautori” della rinascita cinematografica tedesca, e con questa sua fama, oltre che con alcuni precedenti lungometraggi intimisti presentati alla Berlinale, è riuscito non si sa bene come ad infilarsi nel concorso principale della 65a Mostra di Venezia. Per noi, il vero nuovo cinema germanico, capace di coinvolgere con trame autoriali non teutonicamente legnose, si raffigura in altri nomi: Hans Christian Schmid, Andreas Dresen, i turcho-tedeschi come Fatih Akin fra gli altri, mentre il qui presente Petzold (il suo precedente Gespenster, “fantasmi” lo conferma) si incaponisce in un cinema senza atmosfera, fatto di “asciuttezza formale” e laconicità verbale che non si trasformano in qualità espressive, ma rimangono invece segnali di mancanza di vera ispirazione.
Qui il “Robert De Niro di Baviera” Benno Fürmann, insieme alla musa del regista Nina Hoss, sono entrambi belli e tenebrosi, ma la tenebra andrebbe dissipata con una drammaturgia meno convenzionale di quanto non offra questo triangolo etnico aggiornato alla situazione lavorativa tedesca del terzo millennio, e con inquadrature almeno meno didascaliche e piatte. Jerichow, la cittadina di poche migliaia di anime della ex Germania dell’est esiste davvero e il nostro “nuovo regista tedesco” approfitta del toponimo evocativo senza troppa convinzione: se si vuole fare del cinema simbolico se ne devono comunque avere gli strumenti formali. Se il soldato tedesco che ha combinato qualche guaio in Afghanistan (un vago alone di mistero su cui Fürmann marcia in automatico con sguardi finto intensi e un’economia verbale a volte imbarazzante) dovrebbe andare a fare da contraltare al gioviale e generoso imprenditore turco, dall’altra parte il rischio che la sceneggiatura non riesce a fugare completamente è proprio quello del rovesciamento speculare e semplicistico dei luoghi comuni: il triangolo atipico dei tedeschi cattivi e dei turchi buoni è poi completato dalla bella bionda di turno, moglie dal passato burrascoso e praticamente comprata dallo straniero con la promessa di estinguerne i debiti.
Per introdurre al Lido la pellicola si è fatto il nome del Minnelli di Qualcuno verrà (Some Came Running, 1958), e possiamo anche scomodare Visconti e James M. Cain se ne abbiamo il fegato, ma rimane il fatto che le caselle tecniche ed artistiche non possono che essere riempite in questo caso con voti mediocri, accompagnati dall’auspicio di non vedere in concorso ulteriori omaggi dovuti a cinematografie europee “in crescita” e a logiche di ripartizione numerica e rappresentativa.
Un elogio va solo all’attore turco Hilmi Sözer, unica presenza di carne e sangue, unica voce veramente interessante in un elenco di banalità.
Titolo originale: Jerichow
Nazione: Germania
Anno: 2008
Genere: Drammatico
Durata: 93′
Regia: Christian PetzoldCast: Benno Fürmann, Nina Hoss, André Hennicke, Hilmi Sözer, Knut Berger, Marie Gruber, Claudia Geisler
Produzione: Schramm Film Koerner & WeberData di uscita: Venezia 2008