“Killer Joe” di William Friedkin

In gun we trust

Venezia 68. Concorso
Profondo Texas. Killer Joe di giorno lavora nella polizia, ma di notte si trasforma in un assassino professionale e senza scrupoli che uccide su commissione. Un giovane spacciatore, Chris, lo contatta per far fuori sua madre e incassare la polizza sulla vita. Il ragazzo però non ha i soldi per pagare l’anticipo a Killer Joe, che scende quindi ad un compromesso: il deposito precauzionale fino a che non avrà incassato la sua parte sarà la giovane e innocente sorella di Chris…

William Friedkin è forse l’ultimo dei registi classici americani, sempre pronto a confrontarsi con i generi che hanno fatto la storia del cinema per realizzare opere che rinnovano il genere stesso, confermandone l’efficacia ma allo stesso tempo capovolgendone gli assunti. Era successo con Il braccio violento della legge e L’esorcista, risuccede in quest’ultima, bellissima fatica, saldamente radicata nell’immaginario western americano.

Per la seconda volta il regista adatta un testo teatrale di Tracy Letts, dopo la felice esperienza di Bug. Se nel west americano degli anni d’oro di Hollywood il protagonista opera un risanamento etico in quella che è la frontiera indomita e non ancora soggetta alle regole di civiltà, nell’antiwestern che è ormai la classica evoluzione del genere classico nel contemporaneo sono proprio le radici morali dell’eroe a essere messe in discussione.

Quest’opera non fa eccezione. Non sono i pellerossa a rappresentare il lato oscuro e amorale delle terre dell’ovest, ma gli Smith, nemesi e parodia della tradizionale famiglia americana (a partire dal cognome comune) dove qualsiasi legge etica e familiare è sovvertita.

Killer Joe agisce su di loro come moralizzatore, cercando di dare una base di civiltà che rispecchi i saldi valori americani: l’inesorabilità della legge e della parola data, la sacralità del focolare domestico, persino la dimensione religiosa. Il suo linguaggio è chiaro, intellettuale a tratti, razionale e fortemente “morale”, quanto raccapricianti i metodi con cui la sua legge viene applicata.

L’etica di Killer Joe, però, è ancora più distorta quando si scopre che il suo teorema seminatore di morte e violenza è in realtà molto più morale della stessa famiglia Smith, che vive in uno stato di totale peridizione, e mostra le grandi contraddizioni dei valori stessi della nazione, che il western ha prima fortemente promulgato quanto duramente attaccato, da Peckinpah in poi.

Ottima sceneggiatura dello stesso Letts, straordinario tutto il cast, in particolare la piacevole sorpresa di un McConaughey occhi di ghiaccio e fisionomia “pure white American” che tanto aggiunge al personaggio. Perfetta anche Juno Temple nel ruolo di Dottie, il personaggio più complesso, che pistola alla mano si trova a dover rispondere al quesito morale che attraversa tutto il film nell’ultima scena, da antologia. La risposta è semplice come un colpo di grilletto.

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Titolo originale: Killer Joe
Nazione: USA
Anno: 2011
Genere: Drammatico, Western
Durata: 103’
Regia: William Friedkin
Cast: Matthew McConaughey, Emile Hirsch, Thomas Haden Church, Juno Temple, Gina Gershon
Produzione: Voltage Pictures, Worldview Entertainment
Distribuzione: Voltage Pictures
Data di uscita: Venezia 2011