“L’ANGELO DELLA SPALLA DESTRA” di Djamshed Usmonov

L'angelo della spalla destra: quando una leggenda crea l'arte visiva. Un film girato con semplicità in un angolo di mondo che vuole dire la sua

Antiche tradizioni e mondi che sembrano impossibili, realtà che descrivono povertà ed isolamento, rapporti familiari che legano e stringono alla gola. E’ questa l’atmosfera che viene suggerita allo spettatore durante la visione del film “L’angelo della spalla destra” di Djamshed Usmonov.

Presentato a Cannes nel 2002, il film del Tagikistan è stato distribuito solo di recente e rappresenta in modo dissoluto e crudo l’agonia del vivere per sopravvivere. La fotografia largamente esplicita ad opera di Pascal Lagriffoul e la regia spontanea ed allo stesso tempo consapevole di Usmonov regalano un quadro veritiero ed inquietante della vita consumata senza aspettative in una società reduce da molti anni di guerra civile.

La vicenda si snoda attorno a Khamro, un personaggio che vive di traffici illeciti e che si vede costretto a rientrare ad Asht da Mosca, dopo aver saputo che la madre è in punto di morte. L’uomo non ha legami, se non quello con la madre e con il figlioletto di dieci anni che non ha cresciuto, bensì abbandonato quando si è visto costretto a partire per la Russia a causa dei troppi debiti. Khamro torna nel piccolo paese dov’è nato per assicurare alla madre un funerale decoroso, degno della tradizione islamica. Certo che la morte della madre gli frutterà un’eredità sufficiente per coprire i debiti che lo avevano costretto dieci anni prima ad abbandonare il paese, Khamro inizia un’opera di ristrutturazione imponente per trasformare la sua casa in una reggia. La madre Halima infatti, era da tempo preoccupata che la sua bara non potesse passare attraverso la porta di casa, troppo stretta e ad un solo battente. La ristrutturazione inizia proprio dalla porta e continua in tutta la casa per giorni. Una volta finiti i lavori, l’anziana donna confessa al figlio di non essere mai stata in punto di morte, ma di aver finto di star male per farlo riavvicinare a casa ed ai suoi doveri di figlio. Intrappolato ancora una volta dai debiti e dal suo carattere difficile e violento, Khamro si trova a dover gestire una situazione difficile, a dover riprendere in mano la vita dal punto in cui l’aveva lasciata scappando. Si trova in un paese povero che sente ancora l’odore della guerra, senza un’occupazione e con la sensazione di non poter più scappare, di essere in trappola.

Grazie ad un vecchio amico ritorna alla sua vecchia occupazione: il proiezionista. Ben presto si rende conto di essere cambiato, i dieci anni da trafficante a Mosca lo hanno reso un uomo duro, insensibile e fortemente inadatto ad una vita ripetitiva e regolare. Nonostante la sua evidente povertà ed un figlio piccolo da crescere da solo, Khamro non abbandona il suo stile di vita, continua a bere, a rubare, a cacciarsi in situazioni pericolose e rissose spendendo tutti i suoi guadagni man mano. La figura del figlio è il ritratto di una presenza non voluta e scomoda che, nei momenti più duri, sembra comunque essere l’unica spalla su cui piangere e l’unico complice a nutrire per il padre ancora un po’ di rispetto.

Halima soffre per la situazione del figlio ed in parte se ne sente responsabile. Credente ed attiva nelle tradizioni islamiche, richiede l’aiuto dell’angelo della spalla destra per risolvere la situazione. Un’antica leggenda islamica infatti racconta che gli esseri umani sono accompagnati nel corso della loro vita da due angeli invisibili. L’angelo della spalla destra è la presenza più buona, che sostiene e registra le azioni caritatevoli, mentre l’angelo della spalla sinistra è quello che pensa alla azioni malvagie. L’anziana signora chiede e supplica l’angelo di farla morire, affinché il figlio possa far conto sulla sua eredità. La preparazione alla morte è forse uno dei punti cruciali di questa realtà filmica. L’adempimento delle tradizioni, l’estrema fiducia nell’aldilà, il consumarsi dell’esistenza in maniera semplice e voluta. L’anziana signora muore la sera stessa: il suo funerale è tra i più maestosi e ricompare lo spiraglio di una nuova vita. Molti gli interrogativi volutamente lasciati in sospeso dalla trama del film. Ora che la vita dei protagonisti può ripartire da zero, sarà veramente una vita migliore?
Un’opera tagliente, a metà strada tra misticismo ed incapacità di vivere.

Titolo originale: Fararishtay kifti rost
Nazione: Francia, Italia, Svizzera, Tajikistan
Anno: 2002
Genere: Commedia, Drammatico
Durata: 91′
Regia: Jamshed Usmonov
Cast: Uktamoi Miyasarova, Maruf Pulodzoda, Kova Tilavpur, Mardonkul Kulbobo, Malohat Maqsumova
Produzione: Marco Muller
Distribuzione: 01 Distribution
Data di uscita: 18 Giugno 2004