La meraviglia e lo stupore sbocciano dal grigiore quotidiano. Parole e suoni sguinzagliati con perizia. Gran bel conforto, starsene immersi nel”L’aria misteriosa”.
L’aria misteriosa non è solo il titolo del secondo Lp di Artemoltobuffa, nome d’arte e anagramma del giovane cantautore e architetto veneziano Alberto Muffato. È soprattutto l’atmosfera che percorre buon parte di queste canzoni. Frammenti di vita riletti con spirito naïf sembrano emergere dal quotidiano come manifestazioni magiche. L’utilizzo di parole semplici, la loro ripetizione, i versi dotati di rima baciata, rispondono ad una visione fantastica e romantica delle cose, evitando complicazioni o ermetismi, ma piuttosto evocando con chiarezza scene che rimangono sfumate da un senso di mistero.
Appare un’urgenza primaria quella di creare invenzioni fantastiche da applicare ad un reale altrimenti troppo grigio. Fatto, per dirne una, di impiegati frustrati costretti in uffici senza il tempo “di dire ciò che non va”, come viene cantato in Tempo al tempo. La realtà funziona da base di partenza su cui costruire con l’ausilio dell’immaginazione. Infatti, nei suoi verbi al futuro, c’è soprattutto molto sogno, tanta speranza per un’innocenza da ritrovare e la voglia di fuga da una visione troppo razionale del mondo. Una poetica –si direbbe- da fanciullino pascoliano. Accade fin da subito, nella stupefacente canzone d’apertura Le rughe sulla fronte, dove i tentativi di ottenere il perfezionismo ideale subiscono un ribaltamento improvviso (“che le cose perfette non ci portano fortuna…”). Il ricordo costituisce un altro aspetto della sua poetica. Raccontata nel brano Estate, un’atmosfera del passato si delinea attraverso un filtro che descrive pochi dettagli, ma riesce efficace a rendere suggestive le scene.
Su una cifra stilistica pop, Muffato innesta suoni che sembrano in grado di assecondare la sua inclinazione fantastica. In special modo svolgono tale funzione rumori astratti che si sentono risuonare in sottofondo, ma anche richiami più diretti come la costruzione dell’ “aspirapolvere al contrario”, sul finire di Invenzioni. S’aggiungono inoltre le eleganti orchestrazioni congegnate da Fabio De Min dei Non voglio che Clara, altro meraviglioso gruppo veneto militante nella stessa etichetta discografica indie (Aiuola dischi).
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