L’ORESTEA DI ESCHILO: QUANDO IL MITO HA ANCORA MOLTO DA DIRCI

Presentato a Roma "L’Orestea di Eschilo sulla scena moderna" di Anton Bierl

Dal 458 a.C. ad oggi il percorso dell’Orestea è stato segnato da continue rivisitazioni, riscritture, nuove indagini sull’unica trilogia interamente pervenutaci dall’antichità, luogo di intense e sempre attuali disquisizioni di natura morale, etica, politica, psicologica.

La storia delle ‘riscritture’ della trilogia è, come già sottolineato da Pasolini, soprattutto la vicenda di “un modello antropologico di sintesi fra cultura arcaica e cultura moderna”, caratterizzato da una tale ricchezza e complessità di temi da coinvolgere schiere di studiosi e di autori affascinati dalle possibili chiavi di lettura e di riproposizione dell’opera.

Anton Bierl, studioso di fama internazionale, con la collaborazione di Massimo Fusillo, docente presso l’Università degli Studi dell’Aquila a cui è affidata la Premessa, ha presentato nella splendida cornice dell’Istituto Svizzero di Cultura di Roma, il volume edito da Bulzoni nel 2005 “L’Orestea di Eschilo sulla scena moderna – concezioni teoriche e realizzazioni pratiche”, libro già pubblicato nel 1996, a cui seguì una seconda edizione nel 1999. Oltre alla presentazione del volume in questione, l’occasione ha permesso la presentazione anche di un secondo volume legato all’indagine sulle riscritture sceniche scritto dalla studiosa Alessandra Orsini, dal titolo “Città e conflitto”, dedicato all’attività legata alle messe in scena del mito secondo il regista Mario Martone.

Presenti all’evento e intervenuti per mettere in luce i singoli punti di vista sul mito e sulla sua funzione (non solo artistica) nella contemporaneità, Massimo Fusillo, Anton Bierl, Alessandra Orsini, Nicola Savarese, Elio De Capitani e Mario Martone, hanno rispettivamente introdotto il pubblico ad un reale dibattito sul percorso personale che ognuno degli autori ha avuto con il mito e con le operazioni che ha dedicato ad esso.
Dunque molto più della presentazione di due volumi di rilievo scientifico e culturale, piuttosto un confronto concreto, una ‘tavola rotonda’ che trova il proprio punto di partenza nell’Orestea, per poi ampliarsi toccando il mito come elemento vivo della cultura letteraria, teatrale e cinematografica occidentale: dimostrazione che, come sottolinea lo stesso Bierl nella nota all’edizione italiana, la ricerca è oggi attuale come lo era nel 1996 e che in Italia l’interesse per il mondo antico è particolarmente vivace e fecondo.

Il saggio di Bierl sulle messinscene novecentesche dell’Orestea, aggiornato con una postfazione scritta appositamente per l’edizione italiana, conferisce alla dimensione politica lo stesso ruolo centrale che vi attribuì Pasolini, autore del testo teatrale “Pilade” e della pellicola “Appunti per un’Orestiade africana”: molti spunti emersi durante la serata romana hanno coinvolto la figura e la lettura del mito secondo l’autore di “Petrolio”; particolarmente interessante la sua influenza, le ragioni negate poi con il pessimismo, il crollo delle illusioni giovanili- se così si può dire- la sua presenza ‘filosofica’, nel terreno stesso della formazione degli autori che hanno indagato la vicenda successivamente.

Non è certo un caso, infatti, che il successo della trilogia di Eschilo si leghi spesso a fasi di crisi e di passaggio: i contesti bellici, ad esempio, ma anche quelli civili, hanno favorito quasi naturalmente l’interesse verso questo mito, ragione che spinge ulteriormente a comprendere il valore di un modello “antiaffermativo”, trionfante specialmente negli ultimi anni, un modello privo del “lieto fine”, in cui predominano la desolazione, lo smarrimento, la ‘morte’ dei grandi ideali che favorivano e giustificavano i presupposti eschilei.
Mettere sul palcoscenico la tragedia è quindi penetrare nel mito, capirlo, farlo proprio, per poi ri-scomporlo, rileggerlo alla luce del relativismo del Novecento, dell’età post-moderna, vestire e ‘investire’ il testo di una nuova dimensione, di nuove ragioni quasi sempre ispirate dai fatti di cronaca o dalle esperienze biografiche di chi, come De Capitani o Martone, ha vissuto (anche se in misure diverse) l’esperienza del ’68, momento definito dallo stesso Fusillo ‘spartiacque’, che coinvolse molti artisti e quindi altrettanti e differenti settori artistici.

La presentazione, particolarmente interessante non solo per chi si dedichi a questa attività di ricerca, ha dimostrato ulteriormente il valore dell’interdisciplinarietà, della capacità di affrontare e analizzare i fenomeni artistici nella loro vastità: non più solo drammaturgie contrapposte alle messe in scena, non più trasposizioni cinematografiche contrapposte ai testi, bensì l’esperienza teatrale dalla drammaturgia alla messa in scena (fino alla eventuale lettura filmica) nella sua totalità, percorrendo le discipline con continuità, senza chiusure.

Uomini di teatro come De Capitani e Martone sono la conferma che l’operazione che lo spettatore ha modo di apprezzare a teatro è, in realtà, un viaggio attraverso i meccanismi, dai più evidenti ai più oscuri, che muovono l’attenzione e il polso di chi il teatro lo agisce, di chi il teatro lo vive, anche oltre la parete.
Dovunque ci rechiamo un’Orestea, un Edipo, una Medea sono lì ad attenderci: dovunque ci rechiamo, il mito ha ancora qualcosa da raccontarci o da suggerirci.

CONVEGNO “La Tragedia greca sulla scena contemporanea”
18 maggio ore 18.00
Tavola rotonda coordinata da Massimo Fusillo.
Con la partecipazione di: Anton Bierl, Elio De Capitani, Mario Martone, Alessandra Orsini, Nicola Bavarese.
Istituto Svizzero di Roma – Sala Conferenza
Via Ludovisi, 48 – 00187 Roma
Tel. 06 4814234
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