“L’ULTIMO DISCO DEI MOHICANI” DI Maurizio Blatto

La carica dei gabbia

“Sto cercando una canzone italiana che ho sentito alla radio. Ho scritto il titolo sulla confezione dello yogurt, ma poi l’ho buttata per sbaglio. Mannaggia, mi sa che tu non la sai, vero?”

Maurizio Blatto, avvocato mancato e – soprattutto – psicoterapeuta del vinile, è noto al grande pubblico per la sua collaborazione alla rivista Rumore. Da quindici anni gestisce il celebre Backdoor, storico negozio di dischi a Torino; un luogo particolare, caratterizzato dalla passione per il vinile e dallo spirito anticommerciale. Questo libro raccoglie la storia di Backdoor, di Blatto e del suo inseparabile socio, il signor Franco. Ma i veri protagonisti sono i clienti: un circo di personaggi folli, alienati, completamente estranei ad ogni forma di buonsenso.

Chi lavora in un bar o in un negozio si riconoscerà nelle situazioni descritte nel libro: tipi strani, richieste impossibili, circostanze assurde degne del miglior Beckett. Ovviamente si parla anche di musica: Blatto ci regala dei “consigli per l’ascolto”, che spaziano dai Belle and Sebastian, ai Kool and The Gang, fino a un improbabile Wichy Camacho. Ma la musica passa immediatamente in secondo piano, eclissata da una lunga serie di personaggi, accomunati da un’unica malattia: il vinile. C’è il Piastrellista, ossessionato dalla musica black e dalle donne di colore; c’è il Gladiatore, che ascolta a ripetizione la colonna sonora del film omonimo, torturando il vicinato; segue a ruota Totonno, con la sua insana passione per i Pooh; senza dimenticare la famiglia Ciccia, capitanata da un avaraccio in mocassini.

C’è una parola che li definisce tutti quanti: i gabbia. Nel dialetto torinese si qualifica così una persona con problemi mentali, identificandola con il luogo in cui andrebbe rinchiusa. Credete sia troppo? Purtroppo per lui, Blatto sembra avere una calamita per questi casi clinici; per capirlo basta leggere i dialoghi riportati nel libro, proposti come un goloso, terrificante antipasto all’inizio di ogni capitolo: “Morricone era uno dei Camaleonti, no?”, “Che Guevara ha fatto più niente di nuovo?”, “Ce l’ha quello dei Led Zeppelin con la supposta in copertina?”.

In questo vasto campionario di follia umana trova posto un personaggio particolare: l’uomo che ha inventato i Massive Attack. Indossa un cappellino con scritto “figo”, si presenta col suo marcato accento del Sud: Tu pens’che io sono un coglione. Che cazz’ciò la faccia di uno che ascolta Nicola di Bari?. Il dialogo continua su questi toni fino a svelare il segreto dei Massive Attack, le radici della scuola di Bristol: la beissline. In assoluto il capitolo più spassoso. L’ultimo disco dei Mohicani, con la sua caricatura di tipologie umane, potrebbe ricordare Benni o Pennac. Come loro, Blatto ha saputo produrre un’opera ricca di umorismo e inventiva, con un’unica, drammatica differenza: le sue storie sono tragicamente reali.
Minchia, il calzolaio ha chiuso, la lavanderia pure e il gioielliere non si sa quando cazzo apre. Meno male che almeno tu non fai i vermi. Mi piglio ‘st’ultimo disco dei Mohicani e me ne vado a casa a farmi una doccia.

Maurizio Blatto, L’ultimo disco dei Mohicani, Castelvecchi, 2010, pp. 228, euro 15,00.