L’effetto domino dei megastore musicali

HMV annuncia il fallimento

Internet peggio di Charles Manson? In questi giorni ce lo si chiede. Lo storico megastore musicale inglese HMV in ordine di tempo è l’ultima vittima della musica digitale e del commercio online, dopo Virgin e Fnac (al quale noi italiani stiamo purtroppo assistendo). Come un fulmine a ciel sereno, HMV ha annunciato il fallimento.

Il gruppo HMV nel 2006 valeva 850 milioni di sterline oggi è valutato circa 5, registra debiti crescenti e un calo delle vendite del 13,5%. I motivi del fallimento del colosso musicale inglese sono ambigui: seppur poco competitivo nella vendita di musica digitale e poco reattivo ad allinearsi con Amazon e Play.com, le catene di negozi musicali sono fregati dall’inghippo fiscale, per cui i venditori digitali con sede in altri paesi, come Lussemburgo e Canarie, hanno potuto avvalersi di una tassazione decisamente più leggera.

Tuttavia, dopo un periodo selvaggio di download digitale, l’acquisto del disco fisico sta vedendo la luce alla fine del tunnel: ritornando addirittura al vinile.
La chiusura dei grandi megastore dimostra l’eclissi di quel target che era solito comprare il “tormentone del momento”: in altre parole, è scomparso il “compratore non cultore”. Bisogna chiedersi, però, al giorno d’oggi, nella scala di valori di una persona, il prodotto “musica” che valore ha? Perché forse non è colpa della rete, ma semplicemente i tempi cambiano.