“LA FINTA AMMALATA” DI CARLO GOLDONI

La Compagnia Stabile a l’Avogaria riporta sulla scena in occasione del Carnevale un’opera minore di Goldoni

Venezia, 27 febbraio 2006. Il Carnevale del Teatro di Maurizio Scaparro, oltre ad aver aperto uno sguardo sull’immensa cultura cinese, ha avuto anche un altro piccolo-grande merito: l’aver coinvolto e messo in connessione tra loro e con la porzione di mondo che in questi giorni è giunta a Venezia, le principali realtà teatrali presenti in città. Parliamo delle associazioni: Avogaria, Pantakin, Questanave, Vortice, tutte presenti nel programma del Carnevale con proprie produzioni.

Tra queste, l’associazione che è più radicata nel territorio, soprattutto per la storia più che trentennale, è quella del Teatro a l’Avogaria, fondato nel ’69 da Giovanni Poli e ora portato avanti con passione dalla moglie e compagna di vita Carla Poli Picozzi. In occasione di questo Carnevale, la Compagnia Stabile a l’Avogaria ha saputo cogliere la sfida della Cina lanciata da Scaparro, ritrovando – coerentemente con il suo stile – nella tradizione veneziana, l’antico legame con il paese del Catai. La Compagnia ha presentato al pubblico, per la regia di Bepi Morassi, “La finta ammalata”, una delle commedie minori di Carlo Goldoni, scritta nel 1751-52. Il testo, non è dei più semplici e nemmeno dei più spiritosi dell’autore, ma non per questo meno interessante.

Rosaura, figlia del ricco Pantalone, è gravemente ammalata e non riesce a guarire. Il suo male oscuro però, è in realtà una pena d’amore: la giovane è innamorata del dottore che la cura: Anselmo degli Onesti, e si finge malata per poterlo vedere. Pantalone, non riscontrando nella figlia alcun miglioramento, organizza persino un consulto tra i migliori medici in città – in realtà degli imbroglioni – e si affida alle cure di un vecchio speziale sordo e visionario.

Ed è proprio attraverso le visioni dello speziale Agapito, che Goldoni ci dà la chiave di lettura del suo testo, che rispecchia il momento storico di transizione e di crisi, in cui si fa prepotentemente strada l’Illuminismo e dove alle vecchie “mummie” dell’Ancien Regime non resta che rifugiarsi in un mondo fantastico, fatto di re e principesse. “Oh, chi l’avesse mai detto che l’imperator della China avesse a sposare la figlia del Re del Mogol? […] Si prevede che il Gran Can dei Tartari, posto in gelosia di un tal matrimonio, si armerà alle frontiere del suo paese.”

Il clima decadente e di crisi è ben reso dalle scene di Stefano Poli, dove le ombre prevalgono nettamente sulle luci, e dai costumi di Nicolao Atelier. La cupa atmosfera evocata è però così forte da rasentare l’horror, la scena iniziale si apre infatti con un’autopsia dove il chirurgo Tarquinio sfoggia unghie laccate di rosso… ma in fondo è Carnevale e, per fortuna, ogni scherzo vale.

LA FINTA AMMALATA (o LO SPEZIALE)
di Carlo Goldoni
Regia di Bepi Morassi
Scene e luci di Stefano Poli
Costumi di Nicolao Atelier
Musiche di scena di Gabriella Zen
Attrezzeria di Flavio Bertini
Trucco e acconciature di Cristiana Bertini
Con: Piero Barbanente, Laura Nenzi, Roberta Morassi, Giuseppe Amato, Claudio Galdiolo, Davide Baesse, Ivo Frasson, Paolo Sivori, Francesco Mandich, Elisabetta Morbidini, Tomaso Santinon