LA MALATTIA DELLA FAMIGLIA di Fausto Paravidino

Dal 25 novembre al 13 dicembre sarà in scena al Piccolo Eliseo Patroni Griffi La malattia della famiglia M, scritto e diretto da Fausto Paravidino, interpretato dallo stesso Paravidino con Jacopo-Maria Bicocchi, Iris Fusetti, Emanuela Galliussi, Nicola Pannelli, Paolo Pierobon, Pio Stellaccio.

LA MALATTIA DELLA FAMIGLIA di Fausto Paravidino

regia Fausto Paravidino – scene Laura Benzi – costumi Sandra Cardini
con Jacopo-Maria Bicocchi, Iris Fusetti, Emanuela Galliussi, Nicola Pannelli, Fausto Paravidino, Paolo Pierobon, Pio Stellaccio

Teatro Stabile di Bolzano
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Andare a caccia di conigli
Nell’autunno del 2000, mentre ero a Bolzano per le prove di “2 Fratelli”, una piccola tragedia che avevo scritto due anni prima, mi capitò di leggere un lungo articolo dove Marquez riportava una citazione non sua: “Un racconto è una freccia scagliata contro un bersaglio, un romanzo è andare a caccia di conigli.” Pensai che “2 Fratelli” fosse una freccia scagliata contro un bersaglio e che La Malattia della Famiglia M fosse andare a caccia di conigli.
La Malattia della Famiglia M è una commedia che ho scritto tra il ’99 e il 2000 su commissione del Premio Candoni – Arta Terme. Ho impiegato alcuni mesi a scriverla: invece di partire dall’inizio e precipitare verso la fine in pochi giorni, ho lasciato trascorrere lunghi intervalli di tempo tra una scena e l’altra, rimanendo in placida compagnia dei miei personaggi. Ne è venuta fuori un’opera con un andamento molto morbido, dove i personaggi sono delle persone che si fanno conoscere piuttosto bene, mentre le scene sono soggette a frequenti cambi di registro e denunciano la loro provenienza da momenti diversi.
C’è una storia famigliare che riguarda due sorelle, un fratello, un padre malato e l’assenza di una madre. Questa famiglia ha una malattia, dice il titolo. Forse ne ha più d’una. C’è un padre che vive una malattia clinicamente non specificata che lo sospende dalla possibilità di esercitare l’autorità e che lui usa come arma e come scusa. C’è il lutto dell’assenza della madre che pesa su questi personaggi come una colpa e procura loro una vaga tristezza della quale tutti si accusano a vicenda. Ci sono poi due amici, Fulvio e Fabrizio, che interagiscono con questa famiglia e involontariamente portano la farsa tra questa gente triste: hanno il buon gusto di innamorarsi entrambi di una delle due sorelle e vanno a fare la commedia degli equivoci a casa di Ibsen senza mai accorgersi di avere sbagliato indirizzo. C’è poi un medico che si presenta come narratore e che vorrebbe raccontare la storia da testimone esterno ma poi verrà risucchiato dentro di essa. Mi piace che il punto di vista sia quello di un medico. Mi piacciono i medici e i loro punti di vista.
Quando si è trattato di tradurre in Inglese La Malattia della Famiglia M, è venuto fuori che quell’endecasillabo in Inglese non funzionava bene; “Family Favourites” non era male, poi abbiamo guardato qual era la prima battuta di dialogo. “Tu mi ami?”. “Do you love me?” non era un brutto titolo perché vale sia per “mi ami?” che per “mi vuoi bene?” Togliendo questa sfumatura italiana di differenza di significato ci si accorge che i personaggi della commedia non fanno altro che girare intorno a quest’unica domanda. E se lo fanno è perché sono così incerti della risposta da temere che sia negativa. Hanno paura di non amare il fidanzato, i fratelli, il padre…
L’assenza di genitori fisici e spirituali obbliga questi personaggi ad una libertà e ad una responsabilità che loro vedono solo vestita da solitudine, e l’unico rimedio a questa solitudine è quel ‘volersi bene’, troppo invocato perché possa concretizzarsi con la naturalezza con la quale appunto ci si vuole bene.
Scrissi il testo nel 2000. Non l’ho mai voluto mettere in scena in Italia nell’attesta di essere pronto per farlo. Che ci fossero le condizioni giuste. Che si manifestasse l’attore perfetto per questo o quel ruolo. Ho protetto questo testo dalla messinscena perché gli ho sempre voluto quel bene astratto di cui parla la commedia.
Ora ho accettato di farlo. Essere pronti non è tutto.
Fausto Paravidino

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Il caso Paravidino

Scoperto e lanciato nel settembre 1999 a Riccione dal nostro massimo premio per la drammaturgia, Fausto Paravidino è subito divenuto un caso nel teatro italiano, non solo per averci dato a 22 anni un testo folgorante sulla sua generazione, ma per la capacità di scrivere commedie con la naturalezza con cui respira, e la passione che ha continuato a fargli vedere nella scena la destinazione primaria, resistendo ad altre sirene. In effetti non è normale nel nostro paese che una “novità italiana” si veda aprire immediatamente le porte di un teatro pubblico non meramente dedito ad adempiere a uno stanco obbligo istituzionale, ma deciso a dare alla novità in questione un risalto con tenitura biennale e annesse tournée: esattamente quanto è accaduto per “2 Fratelli” allo Stabile di Bolzano, una volta insignito del riconoscimento intitolato a Pier Vittorio Tondelli, che ne sarebbe potuto essere il primo estimatore. (…)
Preso di mira dai premi dopo la rivelazione del Tondelli, Paravidino dovrà anche familiarizzarsi con le ”commissioni” di nuovi testi, inaugurate da una richiesta del Candoni- Arta Terme, e sarà forse il richiamo curativo della sede a suggerirgli il nuovo titolo, La Malattia della Famiglia M, che allude in realtà al disagio esistenziale di un nucleo allo sbando, con il medico del paese delegato a raccontare da testimone una vicenda in cui si rivelerà anche implicato, denunciando con tale dualità uno dei problemi non risolti di questa storia a più voci, impostata benissimo nella sua coralità dissintona che lascia ciascuno solo con le sue difficoltà di comunicare, incapace di risolverle. Al centro c’è ancora un rapporto di fratellanza, stavolta triplice, con due sorelle, che si chiamano non a caso l’una Marta e l’altra Maria, e un fratello che tradisce per irresolutezza il ruolo illuminante al quale parrebbe eletto, scontando anche l’assenza di una guida: il padre è infatti malridotto e privo di ogni autorità, la madre ha lasciato un’eredità pesante a causa di una fine o di una sparizione di cui nessuno osa chiarirci la natura, fonte per tutti d’imbarazzo, mentre il medico non mantiene le iniziali promesse d’arbitraggio.
Deciso a uscire da quell’ambito generazionale in cui la schematicità dei teatranti lo ingabbierebbe volentieri, l’autore si propone di allargare il proprio discorso all’analisi di una famiglia nella sua completezza, dentro il contesto di un borgo presumibilmente simile a quello dove è nato, nell’Alessandrino, e ne delinea con bella efficacia il disegno e i caratteri, finchè non arriva a inserirvi un equivoco da pochade o da tragedia, comunque assai teatrale e forte di una effettiva verità, che sconvolge la situazione e la conduce, direttamente o no, a uno sbocco: il ragazzo rimane casualmente vittima di un incidente mortale cui sembra forse predestinarlo la sua evasiva fede in una vita guardata come gioco, e le sorelle se ne vanno, alla ventura, a scoprire il mondo.
Franco Quadri

PICCOLO ELISEO PATRONI GRIFFI, Via Nazionale, 183 − 00184 Roma – tel. botteghino: 06 4882114 | 06 48872222
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ORARIO SPETTACOLI: Martedì, giovedì, venerdì – ore 20,45 / Sabato ore 16,30 e 20,45 /Mercoledì e domenica – ore 17,00. Lunedì riposo

COSTO DEI BIGLIETTI: poltronissima 22 euro – poltrona 16 euro