Lo spirito di Pulcinella rivive in un esilarante racconto a metà tra farsa e commedia
Un po’ Mazzarò, un po’Arpagone: questo è Pasquale Capozzi detto Carnevale, vecchio taccagno scorbutico e malandato, figura a metà tra Verga e Molière, che vive in un pittoresco quanto povero quartiere di Napoli. Per vivere Carnevale presta soldi con interesse: un usuraio insomma, per questo non particolarmente amato dagli abitanti del rione, spesso costretti a ricorrere al suo “aiuto”. Un quartiere a cui però nulla sfugge, nemmeno il legame tra Carnevale e Antonietta (‘Ntunetta), la sua serva diventata negli anni, dopo la morte della moglie, la sua amante. Nonostante ‘Ntunetta abbia dedicato la sua vita e la sua giovinezza al vecchio usuraio, ne ha ricevuto in cambio nulla o quasi, nemmeno l’ufficializzazione della loro unione. Carnevale ha anche un nipote, Rafele, sfaccendato e nullatenente, che periodicamente va a far visita allo zio sperando di ottenere in cambio qualche lira per “tirare a campà”. Sia Rafele che ‘Ntunetta sperano di essere gli eredi di quella che, grazie agli interessi intascati per anni, si prospetta una fortuna: quando Carnevale sta per morire, i due si trasformano nel più premuroso dei nipoti e nella più devota delle compagne, cercando di ingraziarsi il vecchio prima che faccia testamento.
Quando Carnevale muore tutto il rione tira quasi un sospiro di sollievo: se ne va una figura opprimente e “scomoda” per molte persone. E a questo punto tra Rafele e ‘Ntunetta nasce un’intesa che va al di là del puro accordo commerciale: decidono di sposarsi, una volta terminato il periodo di lutto, ancor prima di aprire il testamento. Per far sì che entrambi possano godere dei soldi dell’eredità, a chiunque dei due siano stati lasciati, ma anche perché alla fine si piacciono davvero: l’idea del matrimonio e di tutto ciò che ne consegue non suona poi così male. Ma il vecchio Carnevale, per tener fede al suo soprannome, ha giocato loro un brutto tiro: una volta aperto il testamento si viene a conoscenza che tutto il denaro è stato lasciato alle Opere Pie. A ‘Ntunetta rimane solo un misero vitalizio mensile, mentre nulla per Rafele.
Per i due è una dolorosa notizia, ma nonostante questo l’amore sembra trionfare: decidono di sposarsi lo stesso. Finché anche quest’ultimo progetto muore definitivamente con il colpo di scena finale: il guardiano del cimitero, nel bel mezzo di una notte assai movimentata, viene ad annunciare che Carnevale non è affatto morto, la sua è stata solo una morte apparente. Sono tutti i bei progetti fatti subito dopo la notizia della sua morte a morire: lui, il vecchio usuraio, è vivo e vegeto e tornerà a casa.
Una commedia in tre atti che non manca di divertire il pubblico con scene e situazioni spassose e non di rado esilaranti. Il quartiere di una città degli anni ’30 con i suoi abitanti caratteristici – il portiere, le vicine, l’oste, il cantante, il becchino – rappresentano tutti uno spaccato della vita quotidiana della Napoli di allora e per certi versi anche di oggi, dove tutti condividono tutto, dove il pettegolezzo e la curiosità per ciò che accade agli altri sono in fondo un modo per vivere e andare avanti con allegria anche in un contesto di miseria e povertà.
Personaggi che si nascondono sotto il letto, che si scambiano per fantasmi, che entrano dalla finestra per non farsi vedere da occhi indiscreti, che appaiono in buffissime espressioni da ritratti improponibili creano esilaranti gag e situazioni da sit-com che strappano al pubblico più di una sincera e spensierata risata. Un clima quasi da soap-opera richiamato anche da Patrizio Rispo-Rafele, già amatissimo dal grande pubblico per la sua altrettanto esilarante interpretazione del mitico Raffaele “Jurdan” in Un posto al sole.
La morte di Carnevale
Commedia comica di Raffaele Viviani
Con: Patrizio Rispo, Dalia Frediani, Tommaso Bianco, Oscarino di Maio, Pasquale Termini, Lello Pirone, Lina Landolfi, Andrea Soldano, Roberto Capasso, Luisa Esposito, Francesca Ciardiello, Rosaria D’Urso, Antonio Gioiello, Natalia Cretella, Giuseppe Gavazzi
Regia di: Salvatore Cerusi
Scene: Walter Frediani
Costumi: Rosario Zaccaria
In scena dall’8 gennaio al 3 febbraio 2008 al Teatro San Babila, corso Venezia 2/a, Milano