Scritta nel 1757, “La Pupilla” può senz’altro considerarsi uno dei testi più singolari del drammaturgo veneziano; composta di cinque atti in endecasillabi sdruccioli fu scritta per completare il decimo e ultimo tomo dell’edizione Paperini ma fu nel corso degli anni molto poco rappresentata.
Giuseppe Argirò, drammaturgo e regista di questa nuova edizione, ha scelto di fondere alla commedia un omonimo intermezzo musicale datato 1734, ottenendo così un’insolita ma gradevole commistione tra i due generi. L’aspetto più interessante di questo lavoro è senz’altro il doppio piano di lettura che viene fornito allo spettatore attraverso i continui contrasti tra la leggerezza e l’allegria degli equivoci goldoniani e le tematiche più cupe e impegnative che si sviluppano contemporaneamente ad esse.
Tutta la vicenda si svolge attorno alla pupilla Caterina, una brava Elisabetta Valgoi, bramata in sposa dal suo stesso tutore e dal vicino di casa, il giovane Orazio.
Sebbene quest’ultimo desti immediatamente il suo interesse è lampante, fin dall’inizio, l’accento posto da Argirò su Caterina come donna sottomessa e rassegnata, simbolo di una condizione femminile più ampia, diffusa, e non necessariamente settecentesca. Tra intrecci ed equivoci divertenti, messi in atto dai due servi Placida e Panfilo, si fanno largo temi tutt’altro che leggeri come l’incesto, la sopraffazione, l’ostentazione di una morale necessaria solo all’apparenza e di fatto mai osservata.
All’apertura del sipario, infatti, Caterina appare dai corridoi al centro della platea, recitando un monologo amaro, parlando di donne che crescono compiendo il volere dei padri e invecchiano compiendo quello dei mariti, spendendo così la loro intera esistenza.
La scenografia di Rina La Gioia, essenziale e priva di qualsiasi orpello, consta in un’enorme parete/specchio e in alcuni pannelli scorrevoli fissati a terra e spostati man mano nel corso della rappresentazione; anche le musiche originali di Luciano Francisi e Stefano Conti servono bene allo scopo: «nella prospettiva multimediale che propone il tentativo di restituire i duetti da Opera Buffa».
Le prove degli attori sono notevoli, spicca in particolare un bravissima Pamela Villoresi nel ruolo di Placida; soprattutto tenendo conto di un testo non certo facile da portare sulla scena.
da Carlo Goldoni
adattamento e regia Giuseppe Argirò
musiche originali Dimitri Nicolau
con Pamela Villoresi, Elisabetta Valgoi, Sebastiano Tringali, Luigi Tani
scene e costumi Rina La Gioia
disegno luci Juri Saleri
amministrazione e organizzazione Adriana Palmisano
produzione La Mise en Espace di Adriana Palmisano, La Biennale di Venezia