“LE NOZZE DI FIGARO” di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais

Le nozze di Figaro

Tullio Solenghi si cimenta con una delle commedie più brillanti del teatro francese ammicando, nei contenuti, a questioni sociali inerenti al periodo dell’avvento della Rivoluzione Francese.

Solenghi interpreta il ruolo di Figaro, onesto servitore di un riverito conte e innamorato di Susanna, giovane fanciulla che sta per sposarlo e che è anch’essa a servizio nell’abitazione del conte ma come cameriera della contessa; il loro matrimonio è però ostacolato dal conte che è invaghito di Susanna e riesce a rimandare diverse volte la cerimonia grazie ad i suoi intrallazzi con la giustizia. Oltre a questa storia se ne aggiungono altre che finiscono per creare un complesso intreccio basato sui desideri, i tradimenti e la gelosia dei personaggi.

La divertente commedia è impreziosita dall’interpretazione da parte degli attori che marcano con una intensa gestualità le caratteristiche di ogni personaggio, si osserva così una rappresentazione corale dove ogni ruolo gode di una relativa importanza. Scelte dialettali rendeno poi davvero spassose certe scene dell’opera: il giardiniere al servizio del conte parla un dialetto napoletano molto stretto che permette all’attore di solleticare l’allegria del pubblico con modi di dire propri del dialetto partenopeo; il giudice, chiamato a sentenziare sulla causa che costringerebbe Figaro a sposare un’altra donna al posto di Susanna, parla invece in siciliano e lo svolgersi della disputa legale acquista così una comicità travolgente.

La scelta dei costumi è accurata e anch’essa contribuisce da un lato a sottolineare la differenza tra la classe nobiliare e quella più povera, e dall’altro a rendere buffi certi personaggi esaltandone certe caratteristiche o simbolismi: il giudice, oltre ad avere una lunghissima toga, porta, sopra la consueta parrucca, una grande bilancia. Originale e divertente inoltre, l’idea di inserire nella musica che accompagna i momenti degli approcci amorosi la sensuale voce di Brigitte Bardot che pronucia la tanto sospirata frase: “Je t’aime”.

La messa in scena dell’opera propone l’interpretazione del personaggio di Figaro, oltre come astuto servo che riesce sempre a raggirare gli imbrogli del conte con sorprendenti espedienti, anche come proletario, appartenente a quella classe sociale la cui voce non viene mai ascoltata né dalla giustizia né dalle autorità politiche; emergono tutte le rivendicazioni di quella parte di popolazione che per troppi anni ha subito senza venir mai presa in considerazione e le ultime parole che Solenghi-Figaro riserva al pubblico rilevano la costernazione del personaggio di fronte alla presa di coscienza che una classe di oppressi è, probabilmente, sempre destinata ad esistere.

Tullio Solenghi
LE NOZZE DI FIGARO
di Pierre-Augustin de Beaumarchais
scene e costumi di Andrea Viotti
regia di Matteo Tarasco
produzione Compagnia Lavia

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Livio Meo
Giornalista pubblicista iscritto all'Albo dei Giornalisti del Veneto dal 2010. Vincitore del concorso di critica cinematografica "Premio Alberto Farassino" nel 2008 e selezionato fra gli autori pubblicati nel volume "53 esordi critici" (ed. Lampi di stampa, 2009), collabora con la rivista online NonSoloCinema dall'autunno del 2007. Appassionato di cinema classico, ha concentrato l'attività di collaborazione per la Sezione Cinema partecipando come inviato a numerosi festival cinematografici. Dal 2009 è Presidente dell'associazione culturale Cineforum Labirinto, aderente al CINIT - Cineforum Italiano, che organizza proiezioni, corsi e incontri cinematografici nella città di Treviso.