Lo spettacolo in scena al teatro dell’Elfo di Milano fino al 5 dicembre, tratto dall’omonimo romanzo dell’autore polacco Jaroslaw Iwaszkiewicz, è un’amara riflessione sul tempo che scorre inesorabile e sull’impossibilità di recuperare un passato irrimediabilmente perduto.
Wictor, uomo introverso ed insicuro, porta con sé i tragici segni della seconda guerra mondiale, nella quale ha combattuto. Tornato a Wilko, da cui era partito quindici anni prima, scopre che il tempo ha lasciato tracce indelebili. Le giovani fanciulle con le quali era stato in stretta amicizia sono ora donne mature, ognuna con una vita sentimentale molto diversa da quella che il protagonista poteva immaginare. Il tentativo di adattare il presente ai ricordi porterà i personaggi a fare scelte sbagliate, fino a condurli al tragico colpo di scena che conclude lo spettacolo.
Alvis Hermanis, regista lettone conosciuto e stimato in tutta Europa, ma meno noto in Italia, ha optato per uno stile composito, coniugando un impianto scenico tradizionale con elementi simbolici e metaforici. La scenografia riproduce infatti in maniera fedele l’interno della fattoria dove alloggiano i protagonisti della vicenda, ma vengono inseriti nella messinscena momenti in cui gli oggetti si trasformano ed esprimono una valenza simbolica. Le credenze, ad esempio, diventano teche di cristallo che ora uniscono i personaggi in un momento di intimità, ora li mostrano in tutta la loro tragica solitudine. Anche nello stile recitativo si può notare una fusione di linguaggi diversi: alle parti dialogate si alternano momenti narrati in cui i protagonisti parlano in terza persona, e altri quasi coreografici.
Lo spazio è usato in modo sapiente, la versatilità degli oggetti crea quadri visivi di notevole valore e gli attori sanno creare momenti di grande impatto emotivo, soprattutto nelle parti corali. Ad esempio, mentre una delle sorelle ammette di essere stata innamorata di Victor da giovane le altre donne formano, con i loro corpi e con delle sedie, una struttura che ricorda il confessionale di una chiesa.
Le musiche sulla falsariga di quelle in voga negli anni Quaranta e i bei costumi delle donne aumentono il valore dell’opera, ma nel complesso, tuttavia, la messinscena paga l’eccessiva lentezza, mentre la drammaturgia manifesta chiaramente il carattere non teatrale dell’originale ed a tratti è difficile per lo spettatore capire esattamente cosa stia succedendo sul palco. La dichiarata difficoltà di mettere in scena la poesia si è dimostrata un ostacolo difficilmente superabile.
LE SIGNORINE DI WILKO al Teatro dell’Elfo di Milano dal 23 novembre al 5 dicembre
adattamento e regia di Alvis Hermanis – coreografia Alla Sigalova – scene Andris Freibergs – costumi Gianluca Sbicca –
con Sergio Romano, Laura Marinoni, Patrizia Punzo, Irene Petris, Fabrizia Sacchi, Alice Torriani, Carlotta Viscovo
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Unione Europea nell’ambito del Progetto Prospero, Teatro Stabile di Napoli, Nuova Scena Arena del Sole – Teatro Stabile di Bologna
Durata: 2 ore
www.elfo.org