“LIBRI DA ARDERE” DI AMELIE NOTHOMB

Se avessi una stufa e dieci libri, quale metteresti al fuoco per ultimo?

Un gelido paese in guerra, consumato sotto gli attacchi dell’ennesimo inverno del conflitto. Una casa, come un’oasi di salvezza nell’inferno. E in questa casa, un professore universitario di letteratura, il suo assistente Daniel e la sua fidanzata Marina, una studentessa dell’ultimo anno. Ma “Libri da ardere” non tratta di una condizione di guerra, non solo. Immerge lo spettatore all’interno di una stigmatizzata situazione limite, in cui la domanda non è com’è possibile per ogni individuo sopportare una condizione di privazione materiale, ma diviene un interrogativo su cosa resta dell’uomo nel momento in cui è costretto a vivere in una condizione di privazione spirituale. In un inverno gelido, una stanza senza riscaldamento diviene l’anticamera dell’inferno, perché «L’inferno è il freddo». In questa condizione al limite della sopportazione, bruciare i classici della letteratura internazionale o avere un rapporto sessuale, altro non sono che strumenti messi in atto dall’uomo-bestia per riscaldarsi e sopravvivere. Tanto si afferma questa barbara logica che Daniel, l’unico personaggio che la sofferenza sembra aver fatto diventare migliore e non imbestialire, di primo acchito appare come un melenso personaggio ottocentesco incapace di stare al passo coi tempi. Quando poi, soffermandosi a pensare, ci si rende conto che Daniel è invece l’unico personaggio capace di conservare sentimenti puri, nonostante la cattività della guerra e del freddo, solo allora ci si rende conto della brutale normalità della realtà in cui il professore e Marina si sono immersi.

Un scenografia semplice e d’effetto, taglia trasversalmente il palco dell’Elfo – eliminando la separazione tra palco e platea – facendo sentire il pubblico perfettamente inserito all’interno di quell’universo grottesco. Alte mura di gesso ormai spoglie, sacchi di sabbia a coprire delle finestre buie, e molti libri: i veri protagonisti, simbolici rappresentati dell’umanità intima di ognuno di noi. Un allestimento semplice, fedele rispetto all’unico testo che la discussa Amélie Nothomb abbia mai scritto per il teatro. Infatti, in questa messa in scena, la regia e l’interpretazione sembrano al servizio di un testo indubbiamente forte e contemporaneo, che Cristina Crippa – storica regista del Teatro dell’Elfo – sembra aver messo in scena adagiandolo in uan respirazione ampia e profonda, eliminando ogni interpretazione giustapposta. Forse, sarebbe stato possibile scavare più a fondo all’interno di un testo che nasconde così tanto dell’inquietudine umana, ma nonostante questa scelta, la messa in scena dell’Elfo permette comunque di far vibrare un testo che, nella realtà di oppressione culturale attuale, non può lasciare indifferente.

LIBRI DA ARDERE
di Amélie Nothomb © Editions Albin Michel
traduzione Alessandro Grilli – regia Cristina Crippa – con Elio De Capitani, Elena Russo Arman, Corrado Accordino – luci di Nando Frigerio – suono di Jean-Christophe Potvin – produzione Teatridithalia/Asti Teatro
www.elfo.org