Riapproda alla Fenice, dopo oltre quarant’anni, Luisa Miller che, a detta di molti studiosi, rappresenta quel momento di stacco tra il Verdi alla prima maniera, che si ispira ancora al passato, e il Verdi romantico che si concretizzerà nella trilogia popolare.
Anche all’ascoltatore ingenuo non può sfuggire che Luisa Miller sia un dramma che ricalca l’essenza verdiana della maturità artistica. È insomma Verdi a tutti gli effetti, non solo per l’abbandono degli stilemi passatistici, ma soprattutto per la creazione di quel linguaggio proprio, che solo con il compositore emiliano avrà il suo massimo sviluppo: tripartizione vocale (tenore, soprano e baritono) e solita forma.
E proprio sui numeri musicali, come di consueto, Arnaud Bernard, costruisce la sua regia, se di regia si può parlare.
Infatti, coadiuvato dalle scene di Alessandro Camera e i cosumi di Carla Ricotti, Bernard non traspone la vicenda in alcun tipo di ambiente. Non vi è nessun riferimento che possa far pensare lo spettatore ad un determinato periodo storico nè tuttavia ai costumi corrisponde la scena. Vi sono solamente alcuni pannelli fotografici che ritraggono scene di massa e dolenti primi piani di figure femminili. Più che un’allestimento ci pare di essere di fronte a una rappresentazione in forma di concerto con gli attori presenti in palcoscenico a recitare un qualcosa a cui non corrisponde lo stesso palco. In aggiunta i continui e fastidiosissimi cambi di scena non servono in pratica a nulla.
Il cast rimedia all’allestimento.
Darina Takova, Luisa, seppur non dotata di una voce verdiana, e nemmeno di un canto elegiaco-patetico, che potrebbe sposarsi bene a Luisa, sa assecondare con garbo i tempi serratissimi di Benini. Una sorpesa il Miller di Damiano Salerno, che, pur avendo un timbro chiaro per inscenare un uomo maturo sa rendere il suo personaggio mai preda di fragilità emotive o di accorati pietismi. Morbida linea di canto con però talvolta qualche accenno di vibrato.
Giuseppe Sabbatini rende eroicamente la figura di Rodolfo, a volte eccessivamente, risultando così il canto sforzato più che giocato sul fiato.
Di stampo e di pronuncia russa il conte di Walter di Alexander Vinogradov, mentre il Wurm di Arutjun Kotchinian risulta troppo caricato registicamente sul piano della cattiveria e tuttavia non è caratterizzato in questo senso da un adeguato peso vocale.
La concertazione di Maurizio Benini è tesa e nervosa ma incostante, anche se la scelta di ritmi serrati può risultare vincente in alcuni momenti, ma talvolta si può notare una certa pesantezza di accompagnamento.
Puntuale il coro.
Ovazioni per Sabbatini e la Takova a fine spettacolo.
Luisa Miller
Melodramma tragico in tre atti
Libretto di Salvatore Cammarano
Musica di Giuseppe Verdi
Prima rappresentazione: Napoli, Teatro San Carlo, 8 dicembre 1849
Direttore: Maurizio Benini
Regia: Arnaud Bernard
Scene: Alessandro Camera
Costumi: Carla Ricotti
Luci: Vinicio Cheli
Interpreti:
Luisa: Darina Takova
Il conte di Walter: Alexander Vinogradov
Rodolfo: Giuseppe Sabbatini
Miller: Damiano Salerno
Federica: Ursula Ferri
Wurm: Arutjun Kotchinian
Prezzi da 180€ a 10€
Gran Teatro La Fenice, campo san Fantin, San Marco 1965 – Venezia
Tel. +39 041.2424 – 041.786511
[info@teatrolafenice.it->info@teatrolafenice.it]
www.teatrolafenice.it