La Bohème, seconda proposta della stagione lirica 2006 del Teatro Verdi di Padova, non ha mancato neppure questa volta di commuovere ed emozionare, con il suo intreccio di amore dolcissimo e straziante dolore. Anche la seconda delle tre rappresentazioni previste (18, 20 e 22 ottobre, con repliche a Jesolo), è stata infatti premiata da un pubblico che si è lasciato conquistare dalla struggente vicenda e dalle appassionate melodie pucciniane, non esitando più volte ad applaudire a scena aperta.
Il melodramma, uno dei primi, ma anche uno dei maggiori successi di Puccini, mette in scena la vita bohemienne parigina di fine Ottocento, una vita tutta arte e passione, in cui si inserisce l’amore tra Mimì e Rodolfo, destinato ad un tragico epilogo.
Il primo atto si apre con uno squarcio sulla quotidianità di quattro amici che condividono, in una fredda soffitta, un’esistenza di stenti e di ideali artistici: una musica dagli accenti decisi e vivaci sottolinea la spensieratezza e la voglia di vivere di Rodolfo, Marcello, Colline e Schaunard. Nella seconda parte del quadro, invece, compare Mimì, accompagnata da un motivo di archi che la seguirà per tutto il dramma: le melodie si fanno più intime e soffuse seguendo la nascita dell’amore tra la giovane fioraia e il poeta Rodolfo. Affiorano qui per la prima volta le celebri arie “Che gelida manina…” e “Mi chiamano Mimì”, le cui note d’ora in avanti sottolineeranno l’entrata in scena dei due protagonisti e l’evolversi della vicenda. Il genio di Puccini, che aveva affidato a questi motivi un ruolo così importante, sicuramente ha colto nel segno, vista l’emozione che ancora oggi essi sanno suscitare.
Il secondo atto è caratterizzato dal clima festoso delle vie parigine davanti al caffè Momus, dove gli amici si ritrovano: l’ingresso delle trombe come strumento protagonista e la presenza dei due cori (notevole in particolare quello di voci bianche nel quadretto di Parpignol) conferiscono un tono allegro e brioso all’insieme. È quio che compare la secondo personaggio femminile, Musetta, vecchia fiamma di Marcello, che con il suo fare provocante e civettuolo interpreta un bellissimo controcanto con la più dolce mimì. In crescendo il finale del quadro, che culmina con il passaggio della Ritirata Militare accompagnato da un incalzante canto corale dei protagonisti e di tutta la folla.
Di tutt’altro tenore il terzo quadro, in cui Mimì confida a Marcello le sue pene per la gelosia di Rodolfo: il motivo d’archi che accompagna la protagonista si fa qui ancor più struggente, a far presagire la triste evoluzione della vicenda. Poco dopo, infatti, Rodolfo confida all’amico che ciò che mette in pericolo l’amore per Mimì non è la gelosia, ma la salute, ormai gravemente compromessa, della ragazza: ne segue una scena commovente in cui i due decidono di lasciarsi “…alla stagion dei fior”. Ricompare qui anche il controcanto tra Mimì e Musetta, che dà voce a due diversi modi di vivere e intendere l’amore.
Nel quarto atto la tragica storia ha il suo compimento: Mimì viene portata morente nella casa di Rodolfo, dove tutti si prodigano per darle sollievo. Ma dopo i ricordi del loro primo incontro e l’ultimo scambio di tenere parole, la ragazza muore. Tutto il quadro è percorso da un tocco funebre, che diventa più insistente nell’accompagnare lo spettatore verso l’epilogo.
Emozionante, l’esecuzione dell’orchestra, guidata dal maestro G. Bisanti, e coinvolgenti le interpretazioni dei due cori. Tra gli interpreti maschili hanno spiccato per espressività Marcello e Schaunard, ma sono state particolarmente apprezzate dal pubblico le due protagoniste femminili, più volte applaudite a scena aperta.
Molto suggestive le scenografie, che il regista Ivan Stefanutti ha voluto per ricreare il clima bohemien, ma che richiamano anche il cinema francese del periodo tra le due guerre: l’utilizzo prevalente del bianco e del nero rispetto ai colori e il sapiente gioco di chiaroscuri, oltre a rappresentare il nebbioso inverno parigino, vuole sottolineare i sentimenti intensi e insieme tragici che caratterizzano la vicenda. Il dramma si apre e si chiude nella stessa stanza, povera e scarna: è soltanto il cambiamento delle luci, quindi, a marcare il passaggio dal clima pieno di speranza del primo quadro all’intenso dolore della conclusione. Mentre il secondo quadro porta al culmine, nella vivace e luminosa scena di folla, la voglia di vita libera e spensierata dei protagonisti, è affidato alla terza scena, mirabile nella rappresentazione delle barriere d’Enfer nella gelida alba invernale, lo snodo tragico della vicenda, in un’atmosfera cupa e dolente.
La Bohème
di Giacomo Puccini
libretto di Giuseppe Giocosa e Luigi Illica
Orchestra Filarmonia Veneta “G. F. Malipiero”
Maestro concertatore e direttore: Giampaolo Bisanti
Coro del Teatro Verdi di Padova
Coro Voci Bianche San Filippo Neri
Maestro del Coro: Ubaldo Composta
Maestro del Coro Voci Bianche: Susanna Romanelli
Regia, scene e costumi: Ivan Stefanutti
Light design: Sandro Dal Prà