Quest’anno il cinema italiano ha tre centenari da festeggiare. La Cineteca Nazionale-Centro Sperimentale di Cinematografia sarà dunque presente alla 63a edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia riproponendo alcuni film di tre grandi “classici” che compiono cento anni nel 2006: Luchino Visconti, Roberto Rossellini e Mario Soldati. Tre cineasti che hanno in comune una qualità molto moderna, che possiamo definire come “multimediale”: tutti e tre si sono espressi attraverso differenti arti e differenti media, dal cinema alla letteratura, fino alla televisione.
Roberto Rossellini
Vero umanista del XX secolo, Roberto Rossellini si è confrontato con quello che Jean-Luc Godard definiva «lo splendore del vero»: un percorso complesso e insieme umile, che ha demistificato il cinema ed i suoi strumenti, riflettendo al contempo in ogni fotogramma l’utopia di un’educazione permanente. Uno slancio didattico che si è espresso soprattutto nella sua esperienza di Presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia e nei film per la televisione. La Cineteca Nazionale, in attesa di presentare al Trevi in dicembre una retrospettiva completa, ha collaborato alle celebrazioni rosselliniane in vari paesi europei. A Venezia, vengono presentati Roma città aperta, Il generale Della Rovere e l’episodio Ingrid Bergman del film Siamo donne.
Roma città aperta (1945)
Regia: Roberto Rossellini; soggetto e sceneggiatura: Sergio Amidei, Alberto Consiglio, Federico Fellini, Roberto Rossellini, Celeste Negarville; fotografia: Ubaldo Arata; musiche: Renzo Rossellini; scenografia: Renato Megna; montaggio: Eraldo Da Roma; interpreti: Anna Magnani, Aldo Fabrizi, Marcello Pagliero, Maria Michi; produzione: Excelsa Film; formato: 35 mm, b/n, mono, 1:1,37; lunghezza: 2836; durata: 98’.
Raramente un film si è identificato in modo così perfetto con il momento storico che lo esprime come Roma città aperta, al tempo stesso compiuta realizzazione di un autore ed espressione, scrive Adriano Aprà, dell’“umanità di un popolo dolente”, al punto che la sua stessa realizzazione non soltanto racconta un momento della storia d’Italia, ma ne diviene parte integrante. La leggenda di Roma città aperta ha sempre raccontato – tra gli altri episodi della rosselliniana arte di arrangiarsi, ora drammatica ora eroicomica, portata sullo schermo da Ugo Pirro e Carlo Lizzani in Celluloide – che, in mancanza di una fornitura regolare di pellicola, gli assistenti operatori (tra cui il giovanissimo Carlo Di Palma), erano costretti a rifornirsi al mercato nero, acquistando gli scarti delle varie truppe alleate. Leggenda ora confermata dal negativo originale del film, ritrovato dalla Cineteca Nazionale, che è risultato effettivamente composto da una incredibile varietà di pellicole differenti. Da questo materiale – e da una copia in nitrato d’epoca messa a disposizione dalla Cineteca di Belgrado – si è partiti per il restauro del film, realizzato dalla Cineteca Nazionale in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Roma, ed effettuato interamente in digitale a Cinecittà Digital.
Proiezioni:
29 agosto – Campo S. Polo, ore 20.30
30 agosto – Sala Perla, ore 14.30
in collaborazione con Giornate degli Autori-Venice Days e Settimana Internazionale della Critica
1 settembre – Palabiennale, ore 13.15
Siamo donne (1953) – Episodio Ingrid Bergman
Regia: Roberto Rossellini; soggetto e sceneggiatura: Cesare Zavattini, Luigi Chiarini; fotografia: Otello Martelli; musiche: Alessandro Cicognini; montaggio: Jolanda Benvenuti; interpreti: Ingrid Bergman; produzione: Alfredo Guarini per Film Costellazione; formato: 35 mm, b/n, mono, 1:1,37; lunghezza: 1 rullo; durata: 20’.
In questo singolare e diseguale esperimento di neorealismo zavattiniano, basato su una serie di ritratti di donna, il più possibile sinceri e autentici, quasi autobiografici, Rossellini pedina la sua musa Ingrid Bergman, nella veste quotidiana e inedita di giardiniera, realizzando uno sfizioso filmino di famiglia che rivela lo spirito documentario presente in tanti suoi film.
Proiezioni:
30 agosto – Sala Perla, ore 14.30
in collaborazione con Giornate degli Autori-Venice Days e Settimana Internazionale della Critica
30 agosto – Sala Grande, ore 22.45
Il generale Della Rovere
Regia: Roberto Rossellini; soggetto e sceneggiatura: Indro Montanelli, Sergio Amidei, Diego Fabbri, da un racconto di Indro Montanelli; fotografia: Carlo Carlini; musiche: Renzo Rossellini; scenografia: Piero Zuffi; montaggio: Cesare Cavagna; interpreti: Vittorio De Sica, Hannes Messemer, Vittorio Caprioli, Nando Angelini; produzione: Morris Ergas per Zebra Film (Roma), S.N.E. Gaumont (Parigi); formato: 35 mm, b/n, mono, 1:1,37; lunghezza: 3796; durata: 138’.
Un episodio della Resistenza tratto da un racconto di Indro Montanelli: un truffatore viene risparmiato dai tedeschi durante l’occupazione, purché accetti di fingersi un eroe nazionale e raccogliere le confidenze dei prigionieri a S.Vittore. La loro vicinanza è salutare per la sua coscienza e l’uomo si offre come volontaria vittima durante una rappresaglia. Film commovente e poetico, di grande tensione drammatica soprattutto nel finale, ha offerto a De Sica il primo ruolo “serio” della sua carriera e segnato per Rossellini il Leone d’Oro, ex aequo con La grande guerra di Mario Monicelli, alla Mostra di Venezia del 1959.
Il film viene presentato in High Definition, a seguito di un restauro in digitale effettuato da Cineteca Nazionale, Minerva/Raro Video in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema di Torino, l’Archivio Storico della Biennale di Venezia e il laboratorio LVR di Roma.
Proiezione:
30 agosto – Sala Grande, ore 22.45
proiezione in HD in collaborazione con Minerva Film e Rarovideo
Luchino Visconti
Luchino Visconti rappresenta il maestro indiscusso dell’immagine nel cinema italiano: una ricerca continua nella messa in scena e nella profondità delle scenografie dei mondi da lui immaginati o reinventati. Per ricordare degnamente il centenario della sua nascita, nonché il trentennale della sua morte, la Cineteca Nazionale ha presentato una retrospettiva integrale che, dopo la “prima” al Cinema Trevi a Roma, sta attualmente circolando in Italia e all’estero. A Venezia vengono presentati Ossessione e l’episodio Anna Magnani del film Siamo donne.
Ossessione
Regia: Luchino Visconti; soggetto e sceneggiatura: Luchino Visconti, Mario Alicata, Giuseppe De Santis, Mario Puccini, Rosario Assunto e Sergio Grieco, dal romanzo Il postino suona sempre due volte (The Postman Always Rings Twice, 1934) di James Cain; fotografia: Aldo Tonti, Domenico Scala; musiche: Giuseppe Rosati; scenografia: Gino Franzi; montaggio: Mario Serandrei; interpreti: Massimo Girotti, Clara Calamai, Juan De Landa, Elio Marcuzzo; produzione: Industrie Cinematografiche Italiane; formato: 35 mm, b/n, mono, 1:1,37; lunghezza: 3875; durata: 140’.
Di Luchino Visconti a Venezia si presenta, in collaborazione con Ripley’s Film, il film d’esordio, Ossessione: un capolavoro che anticipa, nel 1943, la nascita del neorealismo e conserva, al di là della perfezione formale, un’intatta capacità di presa emotiva sullo spettatore, catturato nella vicenda di “amore folle” che trasferisce le atmosfere del noir americano e del naturalismo francese nel delta padano, trasformato in un paesaggio dell’anima.
Il film conserva, al di là della perfezione formale, un’intatta capacità di presa emotiva sullo spettatore, catturato nella vicenda di “amore folle” tra la prima vera “dark lady” del cinema italiano, interpretata da Clara Calamai, e Massimo Girotti, che accetterà di ucciderne il marito per amore, ma che soprattutto, con la sua stessa presenza di “vagabondo” costituisce una presa di distanza dal modello di ordine sociale propagandato dal fascismo. Ma Visconti si spinge coraggiosamente molto oltre, fino ad alludere, per la prima volta, a un rapporto omosessuale, che la stessa critica “amica” si rifiuterà di riconoscere fino alla fine degli anni 50.
I negativi originali del film sono andati perduti: lo stesso Visconti, alla fine degli anni ’40, ricostruisce l’edizione originaria confrontando diverse copie positive sopravvissute. Il controtipo sonoro verrà poi donato alla Cineteca Nazionale dagli eredi del regista. Tale matrice, oltre ad essere infiammabile, presenta una qualità del suono e dell’immagine tutt’altro che perfetta. La prima fase del restauro, curata da Giuseppe Rotunno si è conclusa nel 2000, e ha portato a trasferire l’immagine su una pellicola non infiammabile e adatta a una conservazione a lungo termine: un “lavanda” in poliestere. Nel 2005 è stato ritrovato un nuovo materiale risalente ai primi anni ’50, che, sostanzialmente simile sul piano narrativo, è tuttavia caratterizzato da una qualità dell’informazione visiva decisamente superiore, da cui si è partiti per realizzare una nuova copia ritrovando valori fotografici più vicini all’originale.
Proiezione:
30 agosto – Campo S. Polo, ore 20.30
1 settembre – Palabiennale, ore 15.15
Siamo donne: Anna Magnani
Regia: Luchino Visconti; sceneggiatura: Cesare Zavattini, Suso Cecchi D’Amico; fotografia: Gabor Pogany; musiche: Alessandro Cicognini; montaggio: Mario Serandrei; interpreti: Anna Magnani; produzione: Alfredo Guarini per Film Costellazione; formato: 35 mm, b/n, mono, 1:1,37; lunghezza: 1 rullo; durata: 20’.
Nella distribuzione del cast di Siamo donne – straordinaria trasposizione nel mondo della celluloide delle teorie zavattiniane sul “pedinamento del personaggio” – a Visconti tocca l’attrice rosselliniana per eccellenza: Anna Magnani, che recita se stessa con consapevolezza da attrice consumata nel rivivere la lite con un autista di taxi che vuol farle pagare una lira in più per portare il suo “cane da grembo”. Nella messa in scena di questa piccola cronaca del quotidiano, Anna Magnani – e in parte lo fa anche Visconti – a tratti “rossellineggia” rivelando improvvisi squarci di commovente spontaneità, un po’ come farà per Federico Fellini in Roma.
Proiezione:
30 agosto – Campo S. Polo, ore 20.30
Mario Soldati
Giornalista, scrittore, sceneggiatore, regista, Mario Soldati nasce a Torino il 16 novembre 1906. Dopo la laurea in lettere e una specializzazione in storia dell’arte, esordisce nel 1924 pubblicando la commedia Pilato, mentre il suo primo libro di racconti, Salmace, è del 1929. Dopo una lunga permanenza negli Stati Uniti, inizia a lavorare in cinema nel 1931, alla Cines, dove incontra Mario Camerini, con cui collabora alla stesura di una decina di sceneggiature. La prima regia, nel 1938, è La principessa Tarakanova. Fra i suoi numerosi film si ricordano, nel primo periodo, le trasposizioni da celebri romanzi, nelle quali mostra una particolare predilezione per Antonio Fogazzaro: Piccolo mondo antico (1941), Malombra (1942), Daniele Cortis (1946). Tra le sue opere migliori ricordiamo Fuga in Francia (1948), La provinciale (1952), da un romanzo di Alberto Moravia, acuto ritratto della crisi di una giovane moglie, e Policarpo, ufficiale di scrittura (1958), in cui Soldati ricrea finemente umori e atmosfere della Roma umbertina. Abbandona la regia nel 1959, pur riavvicinandosi al cinema in qualche occasione, soprattutto come autore di dialoghi. Per la televisione scrive e dirige l’insuperata inchiesta Viaggio nella valle del Po (1957) e Chi legge? Viaggio lungo il Tirreno (1960). Nel 1990 torna dietro la macchina da presa, per dirigere un cortometraggio dedicato alla sua amata città natale. A lungo considerato dalla critica come un cineasta “minore”, Mario Soldati è stato un narratore a tutto tondo, che ha saputo raccontare l’Italia del Novecento attraverso romanzi, novelle e scritti saggistici, ma anche attraverso film e programmi televisivi che, rivisti oggi, lo confermano tra i grandi autori del cinema italiano per l’acutezza dello sguardo e l’eleganza della composizione formale.
Dopo l’omaggio al Festival di Cannes e il convegno di studi a Lerici, la Cineteca Nazionale presenta a Venezia il rarissimo Quartieri alti, ritratto inedito dell’Italia prebellica e della mondanità dell’epoca fascista, e il capolavoro Fuga in Francia, in cui Soldati mescola etica neorealista e ricerca formale.
Quartieri alti
Regia: Mario Soldati; soggetto e sceneggiatura: Ercole Patti, Renato Castellani, Mario Soldati e Steno, da un romanzo di Ercole Patti e dalla commedia Le Rendez-vous de Senlis di Jean Anouilh; fotografia: Otello Martelli, Aldo Tonti; musiche: Giuseppe Rosati; scenografia: Roberto Quintavalle; montaggio: Gisa Radicchi Levi; interpreti: Massimo Serato, Adriana Benetti, Maria Melato, Enzo Biliotti; produzione: Industrie Cinematografiche Italiane; formato: 35 mm, b/n, mono, 1:1,37; lunghezza: 2253 ; durata: 82’.
Girato nel 1943, ma ultimato dopo la guerra, il film racconta di un giovanotto senza scrupoli, mantenuto da una ricca signora, e della giovane studentessa di cui s’invaghisce. Ispirandosi liberamente all’omonimo romanzo di Ercole Patti e a una commedia di Jean Anouilh, Soldati disegna una commedia amara sullo sfondo del bel mondo romano prebellico.
Il film è stato restaurato nel 2006 sulla base dei negativi originali infiammabili, messi a disposizione dall’avente diritto, la società Movie Time, e di un lavanda conservato dalla Cineteca Nazionale. Dai negativi (fortemente compromessi, e con il secondo rullo addirittura colliquato) sono stati stampati i duplicati di preservazione di scena e colonna restaurata in digitale, da cui è poi derivata la copia definitiva. Le lavorazioni sono state effettuate presso il laboratorio Studio Cine di Roma.
Proiezione:
29 agosto – Campo S. Polo, ore 20.30
31 agosto – Palagalileo, ore 13.30
Fuga in Francia
Regia: Mario Soldati; soggetto e sceneggiatura: Mario Soldati, Ennio Flaiano, Carlo Musso; fotografia: Domenico Scala; musiche: Nino Rota; scenografia: Piero Gherardi; montaggio: Mario Bonotti; interpreti: Folco Lulli, Enrico Olivieri, Rosi Mirafiore, Giovanni Dufour; produzione: Lux Film; formato: 35 mm, b/n, mono, 1:1,37; lunghezza: 2868; durata: 104’.
L’“antineorealista” Soldati realizza un’opera che unisce a un rigoroso impianto figurativo un vivo senso del dramma spettacolare. Insolito e coraggioso “thriller politico”, il film affronta, con una coraggiosa franchezza, rara all’epoca anche in autori di impegno maggiormente esplicitato, uno dei temi più scottanti e controversi dell’Italia del dopoguerra: la fuga all’estero di un gerarca fascista, magistralmente interpretato da Folco Lulli. Con uno stile a metà strada tra il neorealismo e il noir americano, Fuga in Francia vivifica la sua eleganza compositiva con inquadrature dai tagli irregolari e dall’illuminazione contrastata, con riprese dal basso di primi piani e soffitti incombenti, legati tra loro da un montaggio carico di tensione drammaticache, che a tratti ricorda Lo straniero di Orson Welles.
Per le lavorazioni di restauro, effettuate nel 1996 presso il laboratorio di Cinecittà Studios, sono stati utilizzati i negativi originali infiammabili depositati dalla Lux Film presso la Cineteca Nazionale. Dai negativi, dopo una serie di correzioni successive, sono stati stampati i duplicati positivi e negativi di preservazione, da cui è stata ricavata la copia definitiva.
Proiezione:
30 agosto – Sala Perla, ore 17.15
31 agosto – Palabiennale, ore 11
La Cineteca Nazionale per le Giornate degli Autori
La Cineteca Nazionale presenterà inoltre, nell’ambito delle Giornate degli Autori – Venice Days (31 agosto-9 settembre), la Storia segretissima del cinema italiano: 7 programmi realizzati a partire da materiali d’archivio della Cineteca Nazionale (cortometraggi, documentari, caroselli, trailers, backstage, tagli di censura e provini). Con questa iniziativa, la Cineteca Nazionale intende aderire al progetto “100 + 1 Cento film e un paese, l’Italia”, lanciato dalle Giornate degli Autori per la salvaguardia e la diffusione del patrimonio filmico italiano 1945-1975.
Per una Storia Segretissima del cinema italiano
a cura della Cineteca Nazionale
Come nella Lettera rubata di E. A. Poe, i segreti meglio conservati sono quelli esibiti alla luce. Dunque, nel nostro caso, proiettati sullo schermo da un proiettore. Anche se è vero che, talvolta, prima di riprendere la loro forma luminosa, le immagini dormono, anche molto a lungo, rinchiuse nelle pizze sugli scaffali degli archivi. Quasi lo facessero apposta a nascondersi, per poi essere “riscoperte” da generazioni sempre diverse di critici, archivisti, cinefili, spettatori, storici.
Riproposte sotto un titolo che guarda, con ironia, a una celeberrima serie di libri di spionaggio – alludendo agli “eroi dell’ombra” che frugano negli archivi per “portare alla luce” – le opere di questa Storia Segretissima nascono “nei dintorni” del grande cinema narrativo, e ne documentano, di volta in volta, le strategie di promozione, come i trailers; i rapporti con lo Stato, come i tagli di censura; e, più complessivamente, il lavoro dietro le quinte nelle esercitazioni, nei provini d’attore o, come nello straordinario documento Una scuola per il cinema, l’apprendistato di mestiere.
Completano questi “materiali” due opere, scelte per ricordare il tempo in cui il cinema si stendeva, senza soluzione di continuità, fino a connettere territori quasi antitetitici: l’arte (e qui proponiamo l’incontro tra Ligabue e Raffaele Andreassi), e l’industria, che consentiva al suo interno la nascita di un cineasta come Ermanno Olmi.