Per le calli veneziane di fine 1500 si aggira, piccolo, rossiccio di pelo e con la barba ispida quanto il carattere, Jacopo Robusti, figlio di un tintore di stoffe veneziano e perciò detto il Tintoretto.
Melania G. Mazzucco con questa biografia, da cui traspare molto studio della storia di Venezia, del clima artistico del 1500 e delle opere del Tintoretto, riesce ad offrirci un affresco estremamente realistico di un periodo storico particolarmente delicato. La Venezia dei Dogi, delle guerre e della peste ci viene narrata dalla fantasia creativa e febbrile di un pittore di talento, ma mai di successo pari a quello del coevo Tiziano, con cui anzi la rivalità fu sempre feroce pur nella grande stima che il pittore veneziano porterà per tutta la vita nei confronti del grande artista di origini cadorine.
La biografia è a ritroso: con il senno di poi, il Tintoretto, anziano e malato, ripercorre la propria vita artistica ma anche personale e famigliare, con il dolore delle perdite e con la delusione degli errori fatti e dei rapporti mancati. “Non sono uno di quei vecchi che si fanno benvolere come un cane che non morde. Enfatico, confuso, ho troppa immaginazione, sono sovrabbondante, pletorico, sciatto e negligente”.
In particolare risalto spicca il rapporto, a volte morboso a volte mancato che il pittore ebbe con i numerosi figli. La prima e prediletta figlia Marietta, nata da una relazione “stabile” con una prostituta tedesca, prima del matrimonio, è assurta dal padre a ideale umano e artistico, plasmata a propria immagine e somiglianza e soggiogata al proprio fascino. Questo rapporto esclusivo ed ossessivo offuscherà il legame con tutti gli altri figli, per cui Tintoretto non proverà sentimenti altrettanto forti e che non stimerà tanto da pensarli eredi della propria arte. Solo la Tintoretta, vestita da garzone, con il nome Gabriele, avrà l’onore di vivere nello studio del padre. La personalità tuttavia forte e fascinosa del pittore determinerà il destino anche di tutti gli altri figli.
Un grande romanzo storico che consente al lettore di calarsi, a volte anche nei dettagli più insignificanti, ma pur curati con minuziosa cura e attenzione storica, nella Venezia del 1500 dei Dogi a palazzo Ducale da una parte e nei lazzareti degli appestati dall’altra.
Un altro aspetto colto con grande sensibilità dall’autrice è la religiosità, il senso del divino che permea le pagine al punto che i capitoli sono come un grande dialogo con il Signore, che viene spesso invocato e a cui l’artista si rivolge in un colloquio diretto fino alla fine: “Diventare vecchi significa restare soli. Significa perdere non solo coloro che ci hanno amato o che abbiamo amato, ma perdere perfino il mondo in cui abbiamo vissuto. A nessuno è dato concludere ciò che si è cominciato. Siamo il rozzo schizzo di un pittore distratto. Tu non ci hai concluso, Signore.”
Melania G. Mazzucco, La lunga attesa dell’angelo, Rizzoli, 2008, pp. 413, € 21,50.