“La Tempesta” di William Shakespeare

La Tempesta: la magia del teatro

La tempesta (1611) è l’ultimo dramma romanzesco di William Shakespeare (1564-1616) in cui si adombra il suo congedo dalle scene e il ritiro al paese nativo, Stratford-Upon-Avon.

Composta da cinque atti con epilogo finale, inizia con una tempesta e un naufragio su un’isola incantata. Sulla nave alla deriva ci sono: Alonso, il re di Napoli, con suo figlio Ferdinand, Antonio (il fratello di Prospero e usurpatore del ducato di Milano) e Gonzalo. A provocarne il naufragio è stato il mago Prospero, per realizzare la vendetta nei confronti del fratello usurpatore del suo ducato.

Così i personaggi diventano delle marionette (demi-puppets) nelle mani sue mani, che mette in scena le rappresentazioni con l’aiuto di Ariel, lo spirito che a sua volta simboleggia il meta-teatro; infatti, ogni volta che egli è in scena si assiste ad una doppia o tripla scena.
Tutta l’opera è, dunque, una grande recita diretta da Prospero, che rappresenta il doppio del drammaturgo. Mentre l’isola, luogo in cui è ambientata la commedia, diventa il palcoscenico dove sono mossi i personaggi e avvengono le rappresentazioni. Fin dall’apertura della commedia ci troviamo di fronte ad una messinscena implicita, la tempesta, per poi giungere alla rappresentazione esplicita del masque (genere di commedia d’élite utilizzata nel barocco). Sulla scena si apre un’altra scena, come in un gioco di specchi, in cui gli spettatori si vedono duplicati; infatti, in scena ci sono personaggi (come Prospero, Ferdinand e Miranda) che assistono alla rappresentazione, frutto della magia di Prospero. Nella figura di Prospero si può notare un’osmosi tra magia e arte teatrale.

L’opera è, dunque, una conversazione sul teatro, come si evince da elementi meta-teatrali, come: attori, rappresentare, recitare e visione. Ariel rappresenta la metafora dell’arte, la personificazione dell’immaginazione, la proiezione dell’arte di Prospero e della magia del teatro, assumendo anche la funzione di scenografo-coreografo e di primo attore della compagnia di Prospero, sempre pronto ad eseguire i suoi comandi. La figura di Ariel fa pensare al personaggio-coro di John Gower nel Pericles (1607), per le conversazioni sul teatro che ne sottolineano la natura fittizia.
Shakespeare per sottolineare il legame tra Ariel, teatro, sogno e ombra, fa addormentare Miranda quando entra lo spirito. Il teatro diventa allora metafora della vita, dove è possibile cogliere un’assimilazione tra stage e mondo, sogno e ombra. Infatti nelle opere del tempo l’attore è spesso definito sogno o ombra. Come afferma anche Esposito: “Gli attori sono sul palcoscenico come gli uomini sulla terra, protagonisti di un aggrovigliato ‘transito’ effimero e misterioso. Sono sogni, ombre, vacui riflessi di una realtà inconsistente impotenti viaggiatori di un contorto percorso onirico”. Del resto anche Prospero dice: “Noi siamo delle stessa stoffa di cui sono fatti i sogni, e la nostra piccola vita è circondata da un sonno”. Avviene, in questo modo, una transcodificazione dell’esperienza drammatica dalla vita allo stage e viceversa fino all’assimilazione dei due codici in un unico codice. Con questa metafora Shakespeare rende anche la frantumazione dell’io, privo di un punto di riferimento, che rappresenta a livello storico la crisi del periodo elisabettiano.

L’opera ha ispirato riscritture e riadattamenti, dal The Tempest or the Enchanted Isle (1667) di Dryeden (1631-1700) che rivisita l’opera attraverso lo sguardo del pubblico della Restaurazione, fino alla traduzione in napoletano del Seicento della Tempesta (1984) di Eduardo De Filippo, nonché le molte riletture contemporanee, dal teatro di Peter Brook al film di Peter Greenaway, Prospero’s Books (1991).
Perché leggere ancora oggi La Tempesta? Perché è la summa delle opere shakespeariane, in cui vengono ripresi e riadattati motivi, temi e scene, come la profezia delle streghe di Macbeth, la scena del balcone di Romeo e Giulietta, la gelosia di Otello, le rappresentazioni all’interno dei drammi di Sogno di una notte di mezza estate e di Amleto.

William Shakespeare, La Tempesta, Einaudi, 1996, pp. 91, € 10,50.