“La donna della mia vita” di Luca Lucini

Brillante davvero

Giorgio (Alessandro Gassman), è un ginecologo che “dà corpo ai desideri delle donne”, eccetto quelli di sua moglie che da anni desidera una gravidanza. Il suo studio, dove dispensa una meccanica alternativa al problema degli spermatozoi pigri, è un vivaio per incontri galanti; la sua vita è frenetica e di successo, ma una macchia c’è: la sua mamma (Stefania Sandrelli), ex signorina buonasera, non lo ama come ama Leonardo (Luca Argentero), suo fratello minore, creatura gentile e fragile, che crede nell’amore e che per amore ha perfino tentato il suicidio. Leonardo si occupa, con vaghezza, dei torroni morbidi prodotti dalla ditta del padre (Giorgio Colangeli); padre di Leonardo ma non di Giorgio che, invece, è frutto di un’infiammata passione per un videoreporter che ancora si vede in tv. Un giorno, nella vita del sensibile Leonardo, entra Sara (Valentina Ludovini): col suo violoncello e un’ingombrante storia d’amore con un vero bastardo che si rivela poi essere Giorgio; ma, come recita la mamma nel prologo, “niente nella vita è come credi”.

Fratellini e sorelline che poco si amano, e che magari si contendono anche un amore, oltre a quello di mamma e papà, o le fortune di famiglia, se ne sono già visti, al cinema e nella realtà: in foggia di dramma o di commedia.
Luca Lucini, va oltre la commedia sentimentale che si confonde tra le altre (Solo un padre, suo precedente film) e dà vita ad un brioso ritratto d’interno borghese, da un soggetto di Cristina Comencini, con la complicità di un buon cast e con un cameo di Lella Costa.
Ironico, racconta l’errore delle etichette date ai figli e la scoperta dei retrogusti di ognuno; parla di assenze e di presenze ingombranti, di benessere e solitudine. Parla di stereotipi a cui ognuno aderisce per pigrizia. Ritrae il bravo e il cattivo ragazzo; racconta ciò che è scontato per dire che non lo è. A tutto questo fa da sfondo una Milano architettonicamente elegante, che la macchina da presa frammenta con poca profondità di campo e con l’attenzione a escludere la sua attuale identità di città cantiere, di mercato a cielo aperto, impacchettata di pubblicità, sporca e caotica.

Una commedia sentimentale, brillante davvero, giocata sui piccoli tic del vivere quotidiano, le scontate fobie di genere e anche brevi accenni al vecchio mondo minacciato dalla globalizzazione:
è la segatura di pesce a basso costo delle creative “formichine asiatiche” che insidia i torroncini morbidi nostrani; sono la responsabilità di un cane, come quella di un bambino (entrambi di nome Ludovico), una valida ragione da spendere per salvarsi da donne libere che cercano però sempre stabilità e sicurezza e, in amore, solo chi è bastardo ha la certezza di non essere dimenticato.

Una buona scrittura e un buon ritmo per un film facile e divertente, ma qualche smagliatura c’è: la circolarità, il passaggio del testimone tra i fratelli, pare un po’ scontato; e il debutto cinematografico di un noto biscotto dalla marca che è anche il titolo di un film interpretato da Jean Gabin, se proprio necessario, sarebbe stato meglio inserito nella storia, come i morbidi torroncini, e non come packaging appoggiato al centro di un’inquadratura.

A conclusione, per portare con sé un po’ di mistero, “le anatre mandarine giocano nell’acqua” è la frase giusta da tatuare, naturalmente in ideogrammi cinesi, aspettando poi il vero amore a cui rivelarla.

Titolo originale: La donna della mia vita
Nazione: Italia
Anno: 2010
Genere: Drammatico
Durata: 96′
Regia: Luca Lucini
Sito ufficiale: www.cinema.universalpictures.it/…
Cast: Alessandro Gassman, Luca Argentero, Stefania Sandrelli, Sonia Bergamasco, Valentina Lodovini, Giorgio Colangeli
Produzione: Cattleya, Focus Features International (FFI)
Distribuzione: Universal Pictures Italia, Cattleya
Data di uscita: 26 Novembre 2010 (cinema)