In libreria il nuovo lavoro di Dacia Maraini “La grande festa”, edito da Rizzoli. Parlare di morte non è mai semplice. Argomento delicato, scomodo, per molti versi imbarazzante, soprattutto in questa nostra società che preferisce voltare lo sguardo, piuttosto che sopportare la vista.
Sono in pochi a potersi permettere di affrontare la morte in letteratura senza rischiare di scadere nello scontato, nel banale, nel patetico persino. Dacia Maraini è una di questi pochi privilegiati. Dove mette penna la Maraini niente appare più piatto, spinoso, ipocrita. Tutto, al contrario, acquista un senso nuovo, una diversa prospettiva e quindi anche una profondità di significato che induce il lettore alla sospensione del giudizio e alla ricerca interiore.
La grande festa l’ultimo lavoro dato alle stampe da Dacia Maraini (Rizzoli editore), parla schiettamente – eppure con nostalgia e affetto – di morte e di morti, quelli che l’autrice si è lasciata alle spalle nel corso di una vita intensa e di certo felice, ma non per questo meno segnata dalla perdita delle persone care. Pasolini, Moravia, il padre Fosco, la sorella, il compagno Giuseppe. C’è chi se n’è andato tra i tormenti della malattia e chi invece si è spento in un battito d’ali, chi è scomparso ancora giovane (figlio di un mistero irrisolto e irrisolvibile) e chi ha preferito aspettare fino all’ultimo primo di lasciare questo mondo terreno.
A filtrare le parole della Maraini, a farle da spalla e da interlocutrice, quasi come un oracolo che tutto conosce e nulla ignora, l’amica Josepha, la quale a volte appare dietro il velo di una mail, altre invece in carne ed ossa, per confortare, comprendere, dare risposte (o almeno tentare di farlo). E poi, ancora, vengono in soccorso, di fronte a quel dolore quasi ineccepibile per la perdita, per il distacco ed anche per la sofferenza fisica, i classici, i miti antichi e i personaggi del passato: da Orfeo a Caronte, fino ai popoli primitivi, con le proprie stravaganti (e tuttavia così comprensibili) usanze.
È un bel libro quello della Maraini: onesto, semplice nonostante il tema che l’autrice ha scelto di affrontare, ricco di spunti riflessivi e denso di rimandi culturali, storici e letterari. Un libro che, se pure non fornisce (e come potrebbe?) quelle risposte che tutti noi aneliamo circa la destinazione presa dalle anime mortali dopo la fine, tuttavia riesce comunque a infondere un pacato senso di leggerezza e di armonia, come se – e forse è proprio così – la morte, tutto sommato, fosse ben altro rispetto a quel tabù, quell’incubo e quel mostro a cui siamo abituati a pensare.
Pervade trasversalmente le pagine un filo sottile di nostalgia e di amore consapevole, che tuttavia non cela la tristezza causata dall’assenza. La memoria, attraverso i suoi ricordi così vividi ma allo stesso tempo vacui, informi, addolcisce i tratti dei nostri cari, rendendoli più amabili, più perfetti e puri. Ora che non ci sono più.
Il viaggio attraverso i ricordi che Dacia Maraini compie ne La grande festa è quindi anche il viaggio di noi tutti di fronte alla morte. Nella speranza, forse, che anche il lettore, con impegno e pazienza, impari un giorno a considerare la morte un fatto naturale e un’occasione di festa, invece di viverla come un momento di lutto e di disperazione. Prima di noi, molti altri popoli e culture sono riusciti a farlo con amore.
Dacia Maraini, La grande festa Rizzoli editore, 2012, pp. 222, 16 euro.