Gabriela Carrizo si forma nell’area della danza e del teatro fiamminghi, confrontandosi con il corpo pensante dei Ballets C de la B di Alain Platel e con la Needcompany di Jan Lauwers, prima di dar vita con Franck Chartier nel 2000 a Peeping Tom, una propria compagnia di stanza a Bruxelles. Dalla visione di una scena di Le salon, parte di una trilogia che con gli spettacoli Le Jardin e Le Sous Sol indaga il tema della famiglia, è iniziato l’incontro con l’artista argentina nell’ambito del Laboratorio Internazionale del Teatro della Biennale di Venezia diretto da Alex Rigola.
L’ ambientazione iperrealistica delle rappresentazioni è parte di un processo creativo che comporta fiducia nei segni visibili dell’esperienza della vita, tramutata a una dimensione di surrealtà attraverso la finzione.
Le strutture classiche della narrazione acquisiscono un valore contemporaneo attraverso la spazializzazione del codice cinematografico e l’applicazione dei canoni della Postmodern Dance, che con la presenza di elementi di clownerie, connotano di ironia il linguaggio della compagnia. Entrando nelle azioni quotidiane, in scena i danzatori utilizzano spesso i loro nomi, le idee personali mettono in discussione i personaggi e li inseriscono in un flusso di immagini determinato da tecniche di editing di tipo cinematografico.
Il montaggio è un’operazione che nasce da un disegno iniziale d’insieme, per cui i materiali sono legati ad un’idea attraverso differenti associazioni, segnali di transizione all’interno del racconto come se si spostasse l’inquadratura della cinepresa. In una seconda fase si gioca con la struttura della storia, i personaggi, il tempo, come nella tecnica dello zoom; utilizzando il suono e il movimento, posso dilatare il tempo dell’azione come per avvicinarla allo sguardo o accelerare per allontanarla.
On the Creative Process: Thought in Movement è il laboratorio sul gesto che Gabriela Carrizo ha dedicato a giovani attori e danzatori, il cui esito è stato dimostrato presso il Padiglione delle Capriate della Fondazione G. Cini. Si è trattato di una lezione aperta al pubblico, articolata in una serie di esercizi guidati dalla coreografa, le cui indicazioni esortavano gli allievi a pensare l’azione con un corpo percepito in tempo reale, sollecito a reagire all’accadimento fisico di fronte ad una persistente interrogazione della sua facoltà volitiva. Figure in balìa di ossessioni e trasalimenti, si esprimono in improvvisazioni individuali e di coppia, creazioni che cominciano dalla loro conclusione: le proiezioni consce dei danzatori sembrano aver già maturato in fase laboratoriale la purezza dell’istinto, sviluppandosi con immaginazione e integrità nell’incontro con gli spettatori.
Sulle variazioni ritmiche delle proprie logiche e nevrosi quotidiane, coniugando il pensiero all’azione, un’esasperata facoltà tattile domina la poetica corporale, trascinando i performer a cercare spazi vitali in cui l’estensione si completa nel gesto, la dilatazione in rallenty e flashforward svela profonde dinamiche affettive.
Nuove fratellanze si intrecciano in istantanee epifanie, nella dominante tensione espressiva di lunghi abbracci e baci, medicine così miracolose da spingere gli allievi ad uscire dalla portafinestra della sala e plasmare il corpo sulla vetrata a specchio della terrazza che dà sulla laguna: un rifugio o una panoramica a luce naturale?
Info:
www.labiennale.org/it/teatro