Berlinale 61. Berlinale Special
Un argomento molto trendy in questo periodo: il mondo occidentale che invecchia senza volerlo accettare, un matrimonio in crisi di tarda mezza età e una generazione di vecchi che hanno tuttavia sempre qualcosa da insegnare.
Late Bloomers sono i fiori che sbocciano quando la stagione è già finita, ma il significato del titolo potrebbe essere anche “seconda primavera”, che è anche più esplicito.
Mary (Rossellini) e Adam (Hurt) sono una coppia di sessantenni, con figli ormai adulti. Mary avverte qualche problema di memoria, Alzheimer? Ma, dice il medico, è forse solo necessario che inizia a prendersi maggiormente cura di sé, a dedicarsi a qualche sport e ad occupare il tempo libero. La palestra però non le si addice, non ha l’entusiasmo agonistico delle ragazze e si trova a disagio.
È demoralizzata di non sentirsi più attraente, quasi invisibile e si infastidisce quando un ragazzino le cede il posto a sedere in metropolitana.
Per contro il marito Adam è un architetto di successo, riceve un prestigioso riconoscimento per il suoi rivoluzionari progetti “Ma – lo gela la moglie – sono cose che hai fatto trent’anni fa. Le medaglie non le danno a chi sta ancora lavorando, ma a chi è alla fine della carriera”.
Tra i due non c’è più feeling, cosa comprensibile dopo tanti anni, ma c’è di peggio: a separali è la diversa, e in entrambi i casi inadeguata, posizione nei confronti dell’età.
Per lei invecchiare pare una specie di punizione e la accetta con una esagerazione esasperante e superflua: riempie infatti la casa di oggetti per vecchi, come il telefono con tastiera gigante, una seria di maniglie per il bagno, un letto con schienale ribaltabile.
Per lui invecchiare non significa nulla altro che continuare a lavorare con l’entusiasmo di un tempo e circondarsi di giovani allievi ai quali trasmettere le sue esperienze e dai quali, tuttavia, sa anche imparare. Ma esagera nel vestirsi come uno di loro e scivola in una storia di sesso con una giovanissima collaboratrice.
L’unica che pare accettare il tempo, anzi sfidarlo sempre con coraggio è la vecchia madre di Mary, a suo tempo eroica dottoressa in ospedali di guerra, poi attiva e energica madre di famiglia e oggi relegata in un ruolo di nonna che le sta stretto: “Non é necessario che i bambini abbiano sempre qualcosa da fare. La noia è utile e sana, aiuta a pensare e a non diventare degli idioti”.
Poco coinvolgimento emotivo, qualche rara risata e molti stereotipi per questo secondo lungometraggio con happy end della figlia d’arte Julie, rampolla del famoso Costa Gavras. Nonostante i nomi di tutto rispetto, nemmeno i protagonisti paiono convincenti, con una Rossellini (ben figlia d’arte anche lei!) sempre troppo imbronciata e poco espressiva e un Hurt ancora assai affascinante ma ingessato in un ruolo piuttosto caricaturale.
2010, 95 min
Berlinale 2011 – Fuori concorso
Regia di Julie Gavras, con Isabella Rossellini e William Hurt.