“Le sorelle Brontë” di Bernard de Zogheb

Cattivo, perfido e irresistibile Alfonso Antoniozzi apre la Biennale teatro

Inaugura il 40. Festival internazionale del Teatro la prima rappresentazione di una particolarissima pièce in lingua franca

Pastiche, divertissement, ma forse il genere più adatto ad un’opera quale le sorelle Brontë è vaudeville, uno spettacolo leggero, recitato e cantato, la cui componente comica ha un ruolo fondamentale quanto ad equivoci, allusioni e battute.

Bernard de Zogheb, un autore del ‘900 sconosciuto o quasi, rappresenta bene l’idea di Mediterraneo di questa edizione della Biennale Teatro, ma il suo libretto, dato alle stampe nel 1964, è quanto di più lontano ci possa essere dal suo autore, tranne che per la lingua usata. La lingua franca, infatti, è un esempio di comunicazione impiegato ad uso commerciale nelle sponde del Mediterraneo dall’Italia alla Turchia, dalla Grecia all’Egitto. Conosciuta a Venezia fin dalle conquiste della Serenissima a Bisanzio, era già in uso fin dal 1200.
L’autore del testo, in questo caso, s’ispira alla lingua deformata dalla servitù italiana che mescola in sé idiomi regionali il più semplificati possibile.

Aver attualizzato questo tipo di lingua, identificandolo con i parlanti, pare essere il più evidente elemento di unione che lega la regia di Davide Livermore con il testo di de Zogheb. Coloro che accudiscono le sorelle Brontë sono le badanti degli anziani di oggi, coloro che usano un tipo di lingua dalla sintassi e dalla morfologia semplificata il cui unico scopo è la comprensione.

Lo spettacolo di Davide Livermore, con la collaborazione drammaturgica di Stefano Valanzuolo, ripercorre in modo divertente il libretto, ma non rende appieno la componente linguistica che si percepisce solamente con intercalari e cadenze delle badanti che si occupano delle tre sorelle. Sarebbe stata utile la presenza dei sopratitoli o fornire una spiegazione del lavoro di adattamento.
La vicenda, assolutamente demenziale, procede bene tra costruzioni musicali che richiamano generi completamente diversi tra loro, e momenti allegri e giocosi, come non mancano spunti di riflessione e di satira di costume anche su temi attuali. Perspicaci le stoccate alle suore tiranne delle case di riposo, o alla tratta delle badanti dell’est Europa, così come è spiritosa la chiacchierata tra Emiglia e Dio. Molto meno risulta l’infelice richiamo ad una realtà attuale e problematica come la fine della vita, troppo seria per essere usata a misero espediente di richiamo. Una caduta di stile che lo spettacolo tuttavia regge perché la storia è portata avanti dai bravi attori-cantanti, capitanati da uno spiritoso e disinvolto Alfonso Antoniozzi nei panni di Carlotta, la perfida delle tre sorelle.

Le sorelle Brontë [prima assoluta]
Libretto Bernard de Zogheb – drammaturgia Stefano Valanzuolo
Regia Davide Livermore – ricerche musicali, scrittura e orchestrazione Andrea Chenna – musicisti Angelo Conto, Diego Mingolla – maestro concertatore Andrea Chenna – scene Barbara Delle Vedove – costumi Clara Mennonna – luci Nicolas Bovey
Interpreti: Alfonso Antoniozzi (Carlotta Brontë; Currer Bell) – Davide Livermore (Emiglia Brontë) –
Ekaterine Bugianishvili (prima voce di Anna Brontë; una badante) –
Perrine Madoeuf (seconda voce di Anna Brontë; una badante) –
Cristina Alberto (terza voce di Anna Brontë; una badante) –
Angela Nisi (Tabby, la loro cuoka; Thackeray, uno scrivaturo famoso) – Inna Savchenko (Bridzitt, la loro cameriera; MacMillione, un editore havaro et rikko) – Maryse Pires da Silva (Branwell Brontë, il fratello vergognoso delle tre sorelle) – Oxana Mochenets (il signor Hegez, proprietario di un hotel di Brussella) – Anna Bessi (Dickens, uno scrivaturo famoso; una badante) – Mara Bezzi (Nicolls, uno che ama Carlotta) – Giulia Alberti (un prete; una badante che porta valiggi)

Produzione La Biennale di Venezia, Teatro Regionale Alessandrino, Moz-Art Box Portici, Associazione Baretti in collaborazione con Fondazione del Teatro Stabile di Torino
Durata dello spettacolo: 2 ore