“MAGIC LINE”

A Bolzano, una mostra per esplorare le funzioni e le potenzialità della linea

Nel contesto del nucleo tematico Language in Art, trattato negli scorsi anni sia nell’attività espositiva sia in quella “museale”, ora presso il “Museion” di Bolzano si prosegue con Magic Line, una mostra incentrata sulle molteplici potenzialità della linea come elemento fondamentale di ogni creazione artistica.

Le sue espressioni sono multiformi: anzitutto è disegno e rappresentazione, poi -come ha insegnato Paul Klee in Linea-superficie-corpo solido – è “Movimento semplice, fine a se stesso […] La caratteristica dell’elemento linea è la MISURA. La si troverà infatti in segmenti più o meno lunghi, in angoli ottusi o acuti, in lunghezze radiali, distanze focali, sempre e solo il misurabile […]”. Dunque, una traccia astratta generata dal gesto dell’artista, ed ancora scrittura detentrice di un’ampia gamma di contenuti, dai più spontanei ai più astrusi.

Scopo dell’esposizione – curata da Andreas Hapkemeyer – è analizzare le svariate situazioni d’intreccio fra le più eterogenee “funzioni e potenzialità della linea”. L’impianto della rassegna consiste in un complesso di lavori: alcuni già esistenti e dati in prestito assieme ad altri, creati di proposito dai loro artefici nelle vaste sale di “Museion”. A fianco dei più tipici mezzi espressivi come il disegno e la pittura, sono presenti i “media” più in voga: la fotografia, i “video” e i “DVD”. Le opere degli artisti che fanno uso della scrittura araba o di quella cinese ampliano la tematica grazie all’apporto delle loro culture, il cui rilievo nell’ambito internazionale è in continua ascesa.

La manifestazione prende spunto da alcune opere di André Masson che costituiscono il collegamento decisivo con il “Surrealismo”, il movimento d’avanguardia che per primo ha integralmente esplorato le facoltà della linea. Ed è mediante un percorso a ritroso nel tempo – dagli anni Ottanta e Settanta del XX secolo fino agli inizi del Surrealismo – che si traccia lo sviluppo della linea, così come si possono evidenziare le differenze assunte nella sua evoluzione odierna. Pur non intendendo essere un’ampia miscellanea, la mostra vuole presentare una selezione ristretta di artisti emblematici, rispettivamente con più opere o con una sola “installazione” di grandi dimensioni.

Così come l’ha meditata il suo curatore, che chiarisce nell’incipit del catalogo: “Dopo uno slancio la linea tracciata con l’inchiostro fa alcune capriole prima di scendere verso il basso; a destra dell’arabesco prosegue nel testo in stampatello scritto a mano: Toward the end indeed… and never running out of ink. Questo lavoro su carta di Raymond Pettibon del 1992, con una citazione di provenienza ignota, è di proprietà di Museion; esprime in modo calzante il tema cui è dedicata la mostra […] Linea e testo sono l’unico contenuto del foglio, il loro carattere figurativo viene messo in evidenza senza che si senta la necessità della rappresentazione di un oggetto riconoscibile […] Precisiamo che in “Magic Line” si tratta sempre di una linea tracciata a mano e delle sue diverse potenzialità che si manifestano nel modo più evidente proprio nei momenti di contaminazione, dove due o addirittura tre diverse possibilità si incontrano, motivo per cui proprio a questi momenti è rivolta la nostra attenzione.”

Le opere esposte sono tra le più diversificate, come quelle di Otto Zitko e Joseph Grigely, realizzate appositamente per la rassegna, in cui lo spazio espositivo è transitoriamente adibito in luogo di produzione artistica. I disegni di Zitko, eseguiti sulle pareti e sul soffitto e in alcuni casi perfino sul pavimento – lavorando per delle intere giornate -, usando un pennello, attaccato sulla cima di un’asta telescopica, e grazie a colori acrilici, rievocano “nella esecuzione il principio del dessin automatique.” La linea dinamicamente tracciata dall’artista e contrassegnata da infinite sterzate e curve, percorre le pareti di una stanza senza evidenti interruzioni, dando così un senso di tridimensionalità. La “installazione” di Grigely è costituita da cento foglietti scritti a mano ed appesi alla parete. Il suo stato di salute – una sordità causata da un incidente nel periodo infantile – è uno degli elementi essenziali della propria opera: i foglietti utilizzati riconducono allo scambio d’informazioni da lui comunemente praticato per poter comunicare. Grazie ad una loro lettura particolare il fruitore diviene il testimone per eccellenza del flusso verbale quotidiano.

I frammenti organizzati in grandi superfici invocano momenti di colloqui surreali. L’opera di Grigely è quindi concentrata sulla scrittura manuale. Kutlug Ataman e Chen Zaiyan prendono a loro volta ispirazione dalla tipica calligrafia delle culture originarie. Ambedue si commisurano con lo sforzo di “attualizzare” una forma artistica tradizionale per poi adattarla alla realizzazione contemporanea. Chen Zaiyan in particolare si basa sulla scrittura cinese – sulla quale ha svolto uno studio specifico – anche solo echeggiata, che diventa per lui un mezzo per rappresentare le esperienze di vita della Cina contemporanea in pieno “boom capitalistico”. L’artista sostituisce la classica calligrafia ad ideogrammi con testi uniti più o meno casualmente tratti dai “mass-media”, che riflettono in modo discontinuo la realtà del vasto Paese. Kutlug Ataman, viceversa, tenta di rinnovare una forma storica con l’utilizzo di nuove tecnologie, prendendo spunto dalla scrittura araba e dai tratti che contraddistinguono la cultura islamica, per poi rielaborarli con animazioni su DVD.

In questi movimenti – tramite una lenta ciclicità – fissa in vari modi due segni uguali creando delle immagini in movimento che in parte restano puramente astratte, ma che rammentano, per associazione, degli oggetti concreti. Shirin Neshat fin dagli inizi degli anni ‘90 utilizza la fotografia, i “video” e i film. Dal “video”, col quale rimaneggia pressoché unicamente immagini di donne islamiche, è giunta negli ultimi tempi al film. E se nei suoi filmati l’elemento narrativo è sempre più dominante, l’autrice lo utilizza come se si trattasse di semplice arte figurativa. Mona Hatoum è fra le artiste più esposte nell’intero globo. Nel “video” Measures of Distance (1988) sovrappone le pagine del suo diario alle riprese della madre che recita mezza nuda. Emerge nell’opera un altro elemento basilare: la scrittura manuale quale metodo per suggerire intimità. Sia la voce narrante che le pagine del diario “in dissolvenza” narrano la storia paradossale della vita di una donna in Libano iniziata negli anni ‘30 e che prosegue ancor oggi.

Con l’affermazione “Ogni uomo è un artista” Josef Beuys ha diffuso nella storia dell’arte un concetto creativo totalmente nuovo, e se nella sua opera convivono disegni tradizionali, testuali e testi puri, i lavori di Hanne Darboven sono solo costituiti da colonne di testo, linee e numeri scritti a mano. I suoi elaborati sono principalmente da percepire quali semplici “esercizi fonologici”, i cui inizi si collocano nell’arte concettuale americana. Nelle sue colonne l’artista visualizza lo scorrere del tempo. I fogli esibiscono la progressione delle unità numeriche, ma anche nel succedersi dei testi che trascrive in nessun punto si manifesta una linea autonoma, come accade nel disegno o nella calligrafia. Al contempo è insita, nella reiterazione inesauribile e nel lento mutare attuato nella ripetizione, un elemento meditativo che va ben oltre l’illustrazione di materiali apparentemente equanimi.

“MAGIC LINE”
Dal 27 gennaio al 6 maggio 2007
Museion-Museo d’arte moderna e contemporanea
Bolzano , Via Sernesi, 1
Orari: da martedì a domenica dalle ore 10.00 alle ore 18.00
Giovedì dalle ore 10.00 alle ore 20.00
info@museion.it