“MAL DI PIETRE” di MILENA AGUS

Non bisogna mettere ordine nelle cose, ma assecondare il casino universale e suonarci sopra

Sardegna, secondo dopoguerra, il racconto della vita di una donna, vista con gli occhi della nipote ormai adulta che ripercorre la storia di famiglia.
Il “mal di pietre” si riferisce ai calcoli renali, la malattia di cui soffriva nonna e per la quale non riusciva a portare a termine le gravidanze, ma è anche il male di vivere, le pietre dentro, la durezza dei rapporti vissuti nel silenzio.

Nonna – sarà sempre nonna per tutto il romanzo, mai verrà chiamata per nome – decide di curare il mal di pietre a 40 anni per riuscire ad avere il figlio, che sarà poi il padre della voce narrante. Da Cagliari per la prima volta in vita sua arriva in Continente per una cura termale ed è proprio in questo Istituto triste ed isolato che nonna conosce il Reduce, unico vero amore della sua vita.

Sullo sfondo ci sono la guerra, i bombardamenti americani su Cagliari del ’43 e i bollettini di Radio Londra. In primo piano il matrimonio con nonno, un uomo più anziano, già vedovo, che per sdebitarsi con la famiglia che lo ospita nel dopoguerra, ne sposa, “naturalmente” senza amore, la figlia, bellissima, ma pazza, o perlomeno considerata pazza dalla famiglia e dal paese, con l’onta che ne consegue.
Tutta la vita di nonna è divisa in due parti: prima e dopo le cure termali. L’attesa dolorosa dell’amore e la cenere dopo quell’unica scintilla. Il Reduce, quell’uomo con le braccia forti e le mani buone, è il primo a cui importa quello che dice nonna, è il primo che la ascolta veramente, che la fa uscire dalla coltre pesante del silenzio. Non che lei al nonno non volesse bene, anzi le dispiaceva non essere riuscita ad amarlo, “le dispiaceva tantissimo e si chiedeva il perché Dio, nell’amore, che è la cosa principale, organizzasse le cose in modo così assurdo”.
“Ma il Reduce fu un attimo e la vita di nonna tante altre cose. Ma fu anche quel tutto da averne nostalgia per il resto della vita. E la nostalgia è una cosa triste, ma anche un po’ felice”.
La vita di nonna scorre tra rapporti irrisolti, rapporti non vissuti, ricordi e fantasie. La realtà e la fantasia si intrecciano e a volte la fantasia è più reale della realtà.

Questo secondo romanzo di Milena Agus, genovese di origine sarda che vive e insegna a Cagliari, ne conferma la grande capacità letteraria e poetica. La prosa è asciutta, ma sorprendente per l’abilità di scovare e accostare in modo sofisticato parole semplici, riempiendole di significato e riuscendo ad evocare cose lontane e universali che risvegliano emozioni profonde. Senza retorica e senza retro sensi o giudizi sottesi, rivive in questo lungo racconto tutto il mondo silenzioso e fiero della Sardegna del dopoguerra.
L’autrice riesce con brevi e decise pennellate a descrivere con efficacia straordinaria e allo stesso tempo delicatezza raffinata situazioni, sentimenti, luoghi e ambientazioni. “Cagliari e il mare e quell’odore misto di legna, camino, cacca di cavallo, sapone, grano, pomodori, pane caldo.”

L’incomunicabilità è la protagonista di questo racconto ed emblematica è la descrizione di quel matrimonio fatto di silenzi, di quotidianità e buon senso, senza scintille e senza calore. Erano così 60 anni fa i rapporti in Sardegna ed è spesso così anche oggi, ovunque: silenzio, muri, riservatezza, distanza, pudore. Rapporti veri ma lasciati in superficie, per educazione, per paura. Solo farsi compagnia, giorno dopo giorno, un po’ come viene.
Non manca niente a questo piccolo gioiello: trama originale, finale imprevisto e straordinaria capacità di scrittura. Un romanzo raffinato fatto di silenzio e dignità. Una poesia in prosa.

Milena Agus, Mal di pietre, Edizioni nottetempo, 2007, pp. 119, € 13,00.