La riflessione sul corpo umano e sui suoi simboli. Tre artisti, tre modi diversi di rappresentare il corpo umano, tre diverse riflessioni sull’esistenza e sulle relazioni in un mondo virtuale, assente, che ci circonda, ma che difficilemente riusciamo ad incontrare.
All’interno della Galleria Estro, in Via San Prosdocimo 30, erano esposti i lavori di tre artisti molto diversi tra di loro: Nark Bkb, laureato al DAMS ed attivo a Bologna esponeva due fotografie di manichini; Michela Lorenzi, che lavora a Modena, laureata all’Accademia delle Belle Arti, mostrava un disegno a matita e un olio su tela di grandi dimensioni; Gosia Turzeniecka, che lavora a Torino, anche lei laureata all’Accademia delle Belle Arti, utilizza come tecnica l’acquarello: sottili tratti neri su carta grezza, porosa e bianca, incastrata al muro bianco con dei chiodi di ferro. Il filo conduttore di opere così diverse è lo studio e la ricerca sul corpo umano. Nark Bkb utilizza come soggetti dei manichini agghindati con scarpe, borse, cinture all’ultima moda e Michela Lorenzi focalizza la sua attenzione su alcuni particolari dell’abbigliamento femminile, come le gonne a righe e le scarpe rosse, che risaltano prepotentemente immerse tra i colori nero, bianco e grigio.
La riflessione estetica che sta alla base delle due opere è però molto diversa: Nark Bkb ci parla di accessori, “gli oggetti più personali del nostro corredo quotidiano”, che diventano identificatori sociali e culturali. Ci parla quindi di bisogno di identificazione e caratterizzazione, ma non solo: utilizzando come soggetti dei manichini, esposti allo sguardo di tutti nelle vetrine, ci parla anche di voyerismo, di feticcio, di priapismo, di morbosità, cioè di frustrazioni sessuali, dell’impossibilità di soddisfare i nostri desideri erotici, continuamente sollecitati, e quindi dello spostamento di queste pulsioni sessuali verso l’esterno, verso qualcosa di inanimato; ci parla quindi anche delle nostre insicurezze, della paura che ci ossessiona nelle relazioni umane e che ci spinge ad osservare gli altri morbosamente ed ossessivamente da lontano; denuncia l’insicurezza del vivere che ci costringe a rivestirci di simboli per, in qualche modo, proteggerci (messaggio molto chiaro in alcuni suoi lavori precedenti come Priapismo).
Michela Lorenzi invece rappresenta se stessa e le proprie riflessioni sul corpo e l’essenza umana. I suoi disegni si caratterizzano per una forte leggerezza del tratto e dell’immagine, sospesa in uno sfondo bianco che allude ad un luogo invisibile, cancellato. La leggerezza sembra richiamare la superficialità, l’apparenza (tutto quello che rimane al nostro mondo), mentre rappresentando se stessa, l’artista sembra alludere sottilmente al tema dello specchio: gli oggetti, noi stessi siamo prigionieri di un sogno, di un ricordo, siamo immagini, simulacri di noi stessi, persi nelle riflessioni della nostra mente e nei nostri sentimenti, che sembrano ricreare una realtà virtuale, copia distante e lontana del mondo reale. Entrambi gli artisti sembrano quindi voler denunciare in due modi diversi gli effetti della seduzione, del vivere solitario dell’uomo moderno.
Gosia Turzeniecka invece ci rappresenta, con linee nere pure ed essenziali, sospese nel vuoto, nel bianco del foglio, uomini e donne che insieme ballano la danza buthu. Con pochi tratti riesce a mostrarci la profondità di un contesto invisibile, il movimento e a proporci la gioia dello stare insieme, del danzare, del liberarci delle nostre energie. La socialità creatrice e catartica, il recupero delle relazioni umane, la dimensione spirituale (rintracciabile nel “silenzio della forma”) che ci permettono di esitere, di trasformare i nostri gesti in simboli.
MICHELA LORENZI, NARK BKB, GOSIA TURZENIECKA
Il linguaggio del corpo
Galleria Estro
via San Prosdocimo 30, Padova
www.galleriaestro.com