Le suggestioni evocative della commedia dell’arte si intrecciano ai racconti dell’attualità politica, la satira recitativa del grammelot al dibattito culturale da osteria di oggi, la fisicità dinoccolata del protagonista alla goffaggine impacciata del nostro “re buffone”. Sembra tutto riconducibile al quotidiano in questa versione pop del Mistero Buffo di Dario Fo, rivisitata, reinterpretata e riattualizzata da Paolo Rossi. E chi meglio di lui poteva prendersi l’onere?
Rossi, legato a filo doppio a Fo per drammaturgia e fisicità attoriale, mette in scena una versione contemporanea dei misteri medievali, incarnando perfettamente la figura del giullare, interprete dei malumori del popolo verso i potenti. Un ruolo che si addice a Rossi; che sembra ritagliato su misura per lui. Rilegge e ripropone alla sua maniera, in chiave buffonesca, i misteri religiosi, rovesciando il punto di vista di chi ascolta e sottolineando le mistificazioni di avvenimenti storici e letterari succedutisi nei secoli. Cristo, ad esempio, è un emigrante, un extracomunitario, uno che arriva a bordo di un gommone sulle spiagge calabre o pugliesi; vive in campi profughi, difende i più deboli, i poveri, resuscita un Lazzaro che non ha tanta voglia di tornare, affronta il tabù dell’eutanasia e della pedofilia nella chiesa di oggi. Blasfemia? Anticlericalismo? Nient’affatto. Rossi è un giullare dei giorni nostri e come tale ha totale libertà di movimento nel rendere acccessibile il suo messaggio, senza falsi moralismi o formalismi di genere.
Eppure non tutto gli riesce alla perfezione. La durata eccessiva dello spettacolo (quasi due ore e mezza) lo porta spesso a divagare, a smarrire la via della narrazione, a battere troppo il ferro sulla battuta televisiva, scontata, forse per inclinazione personale all’improvvisazione, forse per guadagnarsi il facile applauso del pubblico.
Il suo Mistero buffo pop si caratterizza, comunque, per una straordinaria forza espressiva e di contenuti, per una recitazione straripante, al limite del grottesco, che ha il pregio di giocare con il pubblico, di riportare il teatro ad una dimensione popolare. E a chi si interroga sulle anomalie del nostro paese, il messaggio è chiaro: “l’Italia? Un mistero buffo”.
Mistero buffo (PS: nell’umile versione pop)
di Dario Fo
Regia di Carolina de la Calle Casanova – Musiche: Emanuele Dell’Aquila
con: Paolo Rossi, Emanuele Dell’Aquila, Lucia Vasini
Durata: 2 h e 30 min.
teatroToniolo