“MOTO PERPETUO”

Prima personale italiana del coreano Hwan Young Sung

Le opere di Hwan Young Sung si muovono con coerenza sempre all’interno dello stesso orizzonte concettuale e organizzano un sistema di segni arbitrario, ma caratterizzato da un massimo grado di iconicità, forme visive che rimandano tanto ai segni convenzionali delle civiltà arcaiche, quanto al linguaggio icastico della società dei consumi, espressione quest’ultima, per utilizzare la terminologia barthesiana, di quel mondo “gregario” che esibisce il Significante rinunciando ai significati delle cose nella loro banalità.

Riemerge il sogno ancestrale di una lingua babelica, universale che risolva la dialettica tra istinto di conservazione ed apertura alla modernità. L’artista coreano elabora un repertorio formale archetipico mutuato dal linguaggio del mito, un esperanto riprodotto e reiterato con discrezione in piccole unità iconografiche che evitano la sensualità debordante e il vigore gestuale della poetica dell’Informale. Anche quando Hwang Young Sung si affida ad altri materiali oltre alla pittura (alluminio, acciaio, silicone) per riprodurre il suo inventario segnico, il supporto viene agito con discrezione, “disegnato in positivo”; i suoi segni non sono pittogrammi scavati nella pietra o i graffiti caotici incisi sulla tela da Cy Twombly ma “ideogrammi iconici” che ingentiliscono la forma e nobilitano la materia.

Una materia votata alla tridimensionalità che aspira alla conquista dello spazio; nella serie Family che appartiene al periodo più recente nella produzione dell’artista qui esposta, si passa dalle concrezioni di simboli incasellati prima dipinti con pittura ad olio su tela e poi realizzati con piccole strisce di silicone, fino a giungere alle iron balls sequenze di corpi metallici sferici e riflettenti che aggettano dal supporto del medesimo materiale e che ci restituiscono la sua poetica personale con un certo gusto minimal, senza invadere il campo del visitatore.

Nel alfabeto di segni che compone l’enciclopedia personale di Hwan Young Sung, i di-segni lievitano dalla parete ma sono ancora i valori lineari a prevalere in questi lavori, a discapito del colore-massa che si impone invece sulle lastre punzonate con motivi ornamentali primitivistici, moderni fregi decorativi della civiltà industriale la cui portata è amplificata dai valori timbrici (rosso, giallo e nero) che ritagliano senza sbavature le griglie di alluminio progettate dall’artista.

Nato a Kwangju in Corea nel 1941, Hwang Young-Sung insegna dal 1968 Arte alla Chosun University di cui è Professore emerito. Tra le sue principali esposizioni ricordiamo, quelle all’Henry Moore Gallery del Royal College di Londra (1997), alla Gallery Hyundai di Seoul (1998) fino all’ultima personale tenuta alla Parsons School of Design di New-York (2002).
Lòrànd Hegyi attualmente direttore aristico del Pan ed Antonina Zaru tornano a collaborare in veste di curatori, a seguito della grande mostra su Nam June Paik organizzata dal Museo Ludwig di Vienna nel 1989.

Promossa da Capricorno Gallery Arte Contemporanea di Capri, la mostra Moto Perpetuo allestita in quattro ambienti nell’elegante spazio espositivo di Palazzo Crispi è il primo di una serie di appuntamenti dedicati a grandi artisti coreani, cui faranno seguito mostre dedicate all’opera di Park Seo-Bo, Lee Ufan e a Nam June Pajk, grande pionere nelle ricerche artistiche del secondo novecento, scomparso di recente

“MOTO PERPETUO”
Periodo di apertura: 3 Maggio – 30 Giugno 2006
Palazzo Crispi, Via Francesco Crispi 122, Napoli
Inaugurazione: 2 Maggio 2006 ore 19,00
Orari: Lunedì-Sabato 10,00/19,00
Chiuso la domenica ed i giorni festivi
Ingresso gratuito