Il teatro cosiddetto “ipercontemporaneo” del duo Ricci-Forte mette a segno un altro colpo, stavolta ancora più acido, graffiante e sfacciato nell’affondare la lama nelle schizofrenie inevitabili del nostro becero e scadente universo, dove le cattedrali sono i centri commerciali e dove non si ha altro, per far fronte alla famosa “assenza dei padri e degli dei” che rifugiarsi nel mondo dei reality e dei serial televisivi, amarne i personaggi e celebrarne le morti con litanie da requiem aeternam .
Il titolo deriva da un gusto di gelato della Häagen Dazs, il gelato è qualcosa che si consuma con ingordigia invereconda, come un incontro sessuale fatto di accoppiamenti ripetuti convulsi e scossi, ma senza vera comunicazione, in cui l’amore è bramato, ma, detto senza moralismi, fatalmente destinato a restare tale, e non può che condurre a rinnovate solitudini..
Se in “Troia’s discount”, altro cult del duo Ricci-Forte, il filtro per introdurre poeticamente il racconto era un mito classico come quello virgiliano di Eurialo e Niso, qui è il mondo dello scrittore Denis Cooper a farci da navigatore. Si tratta di un autore nordamericano, che come è noto, narra di adolescenze confuse ed emarginate, e la sua voce qui, diviene tramite indispensabile per scovare in prototipi giovanili che troppo facilmente irridiamo o condanniamo, squarci di “tendresse”che umanamente, giungono a suscitarci pietas, mentre teatralmente aiutano a tramutare sciocche marionette da bestiario modaiolo in personaggi toccanti e universali, evitando così anche un rischio di istant-theatre.
E’ la generazione pre-ventenne quella che i quattro protagonisti rappresentano: nati nel mondo già globalizzato,cresciuti senza riferimenti culturali che non siano quelli della citata sub cultura, allattati al culto del virtuale, incapaci di reggere quando la realtà quotidiana fatalmente irrompe nelle loro vite. Se “essere maturi è tutto”, come dice Shaekespeare nel Lear, probabilmente questi ragazzi sono destinati a essere niente.
Nella mise-en-scène tutto si svolge in un palco perennemente illuminato senza pudori sulle voracità vitali e sessuali dei quattro protagonisti, affidati ad instancabili interpreti, in una kermesse compulsiva che parte già prima dell’inizio, a sipario aperto, con gli attori che si producono in gesti e tic stilizzati a ricordare “Orgy of tolerance” di Ian Fabre, (uno spettacolo che, con le dovute distanze, ha molti punti in comune con questo). Un impulso che poi matura nello spettacolo, in un apice provocatorio di una scena di amplessi oral-anal e altro, più che solo allusivi.
Solo sul bel finale la scena si oscura, quando alle anime terremotate non rimane che rifugiarsi in containers che naturalmente avranno l’aspetto della casa di Barbie, come il loro immaginario impone.
MACADAMIA NUT BRITTLE
di Stefano Ricci e Gianni Forte
Regia di Stefano Ricci.con Anna Gualdo , Andrea Pizzalis , Giuseppe Sartori , Mario Toccafondi
Roma, Piccolo Eliseo dal 18 al 30 maggio.
Durata 80 minuti circa.
www.teatroeliseo.it