Lo spettacolo, che resterà in scena fino a domenica 29 marzo, è prodotto dalla Compagnia Lavia. La regia è dello stesso Lavia, le scene di Alessandro Camera, i costumi di Andrea Viotti Il light designer è Piero Sperduti. Macbeth sarà al Teatro Verdi di Padova dal 31 marzo al 5 aprile.
Sabato 28 marzo alle ore 17.30 si terrà al Teatro Goldoni il consueto incontro tra gli interpreti di Macbeth e il pubblico.
Gabriele Lavia rilegge il Macbeth di Shakespeare – da sempre considerato il dramma del potere, dell’ambizione e dell’ambiguità – come tragedia della condizione umana e del tempo. Di un tempo fatto di angoscia in cui un uomo nuovo è condannato alla paura di perdere ciò che ha raggiunto e vive nell’ambigua incertezza di essere qualcosa e di non essere mai nulla con certezza. Macbeth non è il portatore di un nuovo modello di realtà ma l’interprete dubbioso di una soggettività in pezzi, attore di una Scena che non è più il senso in cui poter agire e che non ha più senso. Il palcoscenico della storia è andato in frantumi e l’Uomo-Attore recita la sua vita come «la favola scritta da un idiota». Caduti tutti i riferimenti, i significati e i sensi si vanificano nelle parole vuote di un delirio di pazzia.
Grande mattatore e maestro di teatro, Lavia avrà accanto a sé, per il difficile ruolo della sanguinaria Lady, Giovanna Di Rauso, giovane attrice che, dopo il diploma, nel 1996, alla Scuola del Piccolo di Milano, si è rivelata sui palcoscenici italiani in ruoli importanti: 1° Premio Hystrio “Giovani talenti” nel 1999 e segnalata nella terna degli Olimpici del Teatro 2007 come miglior attrice non protagonista, nonché interprete cinematografica de La Terra di Sergio Rubini nel 2006 e della recente opera prima di Lisa Romano Se chiudi gli occhi.
Note di regia
Davanti dietro la scena del “Palcoscenico del Mondo”. Mi pare che queste parole raccontino bene l’idea dello spettacolo. Una “parte del tutto” di un camerino, col suo specchio, il suo lavandino, l’attaccapanni, le sedie, sulla sinistra del proscenio. Sulla destra, una scala, casse, bauli di trovarobato e sartoria. Dietro il sipario, uno spazio vuoto che, di scena in scena, viene occupato dagli oggetti che servono al modo del nostro racconto, un letto, uno specchio, un tavolo, le tombe di un cimitero, un muro bombardato in una delle guerre del nostro mondo. E poi il Palcoscenico del teatro, diverso in ogni città: Roma, Torino, Pisa, Firenze, Venezia, Catania, Ravenna, Piacenza, Savona…. sempre palcoscenici diversi! Dannazione del Teatrante! (Ci vorrebbe una legge che imponesse la costruzione di palcoscenici tutti uguali, per poter montare lo spettacolo sempre allo stesso modo!) “La vita è un’ombra che cammina, un povero attore…”. Così ho pensato a un attore che vive la sua “Storia raccontata da un idiota” sulla scena e dietro le quinte, divorato dall’angoscia di non essere mai nel “posto che gli spetta”, di sentirsi fuori ruolo in ogni spettacolo. Nella piccola e maldestra recita del Potere, quest’attore si trucca, si mette le scarpe coi rialzi, indossa doppio-petti esasperati, sfoggia vuoti sorrisi da marionetta, si affanna come un filodrammatico senza mestiere, con “la paura del debuttante, senza nessuna esperienza” e, nella sua crudeltà, fa crudelmente pena. E forse ci ricorda figure del Palcoscenico della Nostra Vita. Come quei sorridenti mascalzoni di cui parla Amleto quando allude allo zio diventato re. L’opera di Shakespeare ha come tema di fondo il grande mistero della filosofia: l’Essere. Il Non Essere di Amleto, l’illusione dell’Essere di Otello, la rinuncia dell’Essere di Lear, l’incertezza dell’Essere di Macbeth. “Essere così è niente se non si è qualcosa con certezza”. Cosa ci può essere di più lontano da noi, uomini di oggi, conficcati nel pensiero scientifico e tecnologico? Perciò è sempre una sfida occuparsi di “tali faccende”. Il Niente, il NON dell’ente, cioè il NON dell’essente, cioè l’Essere. L’unico modo, dunque, dell’Essere con certezza è Non Essere? Ma a chi le raccontiamo queste storie? Non sembrerà “il racconto di un idiota”? “Domani, domani, domani striscia con passo meschino…”. Chi può sapere ormai che Shakespeare parla del tempo eterno circolare che l’uomo ha tagliato e lo ha fatto diventare tempo lineare, misurabile, fatto di “Domani e domani e domani…” che conducono alla morte? Chi può interessarsi alla fine di un cosmo simbolico? Alla fine della Metafisica? Eppure oggi siamo, senza pensarci, co-involti e tra-volti dalla fine della Metafisica che è la nostra post-modernità. E dunque la grande metafora del mondo come Teatro che già appare nel Medioevo con Erasmo: “Tutta quanta la vita non è che una commedia dove ognuno recita con maschere diverse e continua nella parte, finché il Grande Direttore di Scena (Dio) gli fa lasciare il palcoscenico. E piace a costui condurre, a volte, sulla stessa scena, lo stesso attore con diverse maschere e trasformare in accattone colui che prima indossava la porpora regale…”; con Shakespeare la storia raccontata dal grande Drammaturgo-direttore di scena-Dio, di Erasmo, diventa il racconto “raccontato da un idiota…”. Forse il punto più alto del pessimismo umano, la sua più alta bestemmia. Forse ci siamo tutti dentro.
Prevendita alla biglietteria del Teatro Goldoni e ai punti vendita HelloVenezia (Venezia: Teatro La Fenice, Piazzale Roma, Ferrovia; Mestre: c/o Centro Vesta, via Cardinal Massaia; Dolo: via Mazzini, 16). Informazioni e prenotazioni telefoniche: HelloVenezia 041.24.24. www.teatrostabileveneto.it
Biglietti: Platea: interi € 27; ridotti € 24; giovani € 15 – 1°e 2° ordine: interi € 24; ridotti € 22; giovani € 13 – 3° ordine: € 12 – 4° ordine: € 7