Per Woody Allen, al suo quarantaseiesimo film, magia è saper illludere con trucchi e artifici ma è anche l’inaspettato incanto di una luna che rischiara il cielo di notte, così vicina, così romantica, che l’universo infinito non fa più paura.
Berlino 1928, in un teatro gremito, al ritmo percussivo della Sagra della Primavera un monumentale elefante sparisce con un trucco del famoso e acclamato mago cinese Wei Ling Soo. Una pachidermica evidenza viene così eliminata con un colpo di magia nella Germania prossima al nazismo. Sotto le spoglie dell’illusionista orientale è Stanley Crawford, gentiluomo inglese, arrogante e agnostico. La scena si sposta dalla declinante Repubblica di Weimar, dove ancora canta Marlene Dietrich, al Midi della Francia, avvolto dalla luce cara ai pittori, le cui dorature sono esaltate dalla fotografia di Darius Khondji. Qui il mago è stato chiamato a smascherare Sophie, una giovane americana di modeste origini che ha letteralmente conquistato una facoltosissima americana vedova e il di lei figliolo.
Tra scogliere mozzafiato, evanescenti vestiti pastello e cappellini a cloche, rigogliosi e colorati giardini e l’oscurità delle sedute spiritiche, Allen mette in scena la tenzone tra un illusionista malato di scetticismo che sgomina falsi spiritisti e una deliziosa medium dai poteri eccezionali: “è una visionaria e una visione”, dice di lei il suo ricchissimo spasimante. Protagonista di dialoghi a tratti scintillanti e a volte un po’ stanchi, Colin Firth è un Darcy invecchiato, che rimane involontariamente attratto da una leggiadra cretura che per nascita non ritiene degna; ed Emma Stone, arguta, innocente e incantevole, con i suoi occhi grandi e i capelli color rame, riesce a metterlo in scacco con qualcosa di imprevisto. Lui pensava di demolirla rapidamente e di ritornarsene a Londra e invece resta, tra dubbi e certezze sulla genuinità di lei e la domanda se credere o no all’invisibile.
L’inscalfibile mago per un momento vacilla, poi sembra riprendersi, ma non troppo, perché Allen gioca con una successione di chiusure e riaperture, rendendo cangianti le certezze sino al finale. Il povero e affaticato Stanley Crawford, per il quale “l’unico superpotere è quello ineluttabile che brandisce la falce” e l’intangibile non esiste perché è solo uno spettacolo che si mette in scena con i trucchi, sembra in trappola, suo malgrado; in soccorso gli viene la meravigliosa zia Vanessa (Eileen Atkins) che vede in lui oltre la superficie.
All’apparenza lieve, con le tiepide e scintillanti notti di chiffon al suono di Beiderbecke e Cole Porter e il consolidato gusto della commedia d’intreccio dallo sfondo elegante e raffinato alla Marivaux, il nuovo film di Allen offre sottotraccia un discorso più complesso e l’affresco di un piccolo mondo che ancora per un attimo vive nell’illusione che nulla si possa perdere. A conclusione, tra spiriti e fede, tra apparizioni e sparizioni, quel che di magico e sorprendente resta è l’amore, che non segue ragione e ragionevolezza.
Titolo originale: Magic in the Moonlight
Nazione: U.S.A.
Anno: 2014
Genere: Commedia, Drammatico
Durata: 98′
Regia: Woody Allen
Sito ufficiale: www.sonyclassics.com/magicinthemoonlight
Cast: Emma Stone, Colin Firth, Marcia Gay Harden, Hamish Linklater, Jacki Weaver, Erica Leerhsen, Simon McBurney, Eileen Atkins, Antonia Clarke, Jeremy Shamos, Ute Lemper, Paul Bandey
Produzione: Dippermouth, Gravier Productions
Distribuzione: Warner Bros Italia
Data di uscita: 04 Dicembre 2014 (cinema)