Stroncare, e anche lodare, non è mai cosa facile.
Partiamo dalla sinossi: nel prologo, Liz Gilbert è una giovane donna insoddisfatta, confusa, senza più slanci, che sospinge verso la fine un matrimonio prossimo al naufragio. Con i sensi di colpa e al limite della depressione, lei, bella, ricca e scrittrice, decide di ritrovare se stessa concedendosi un anno sabbatico per un catartico viaggio alla ricerca di piaceri fisici e spirituali. Seguono i tre atti: il primo in Italia, per mangiare, il secondo in India, per meditare e assolversi e il terzo nel verde brillante di Bali dove natura e rigoglio, banalmente e inevitabilmente, richiamano Amore.
Questo, in sintesi, ma il film di Ryan Murphy, interpretato da Julia Roberts, Richard Jenkins e Javier Bardem, si dilunga due ore e venti, per raccontare non molto di più, e questa abbondanza è sostanzialmente impiegata a consolidare e reiterare i tre stati d’animo della protagonista: stupore misto a commozione, dolore e improvvisa, ma breve, allegria.
Una storia vera, tratta dal romanzo autobiografico e bestseller di Elizabeth Gilbert, omonimo del film. Prontuario per ogni donna in crisi, con il pianto dentro, ma senza soverchi problemi materiali fuori, racconta la ricerca di una felicità declinata per dedali esotici, resi rassicuranti dall’abbondante impiego di clichè: in Italia, si mangia, si gesticola e si è immensamente pigri; l’antico è bello, sì, ma poco funzionale tanto che lo scaldabagno non funziona. In India la vita è frenetica, la povertà assai tangibile e il sole schermato dai gas inquinanti; ma sono solo brevi flash perché nell’ashram tutto è diverso: la spiritualità, guardata con fede o sospetto, rivela che la soluzione è guardarsi dentro per poi poter buttare fuori le scorie che perturbano e imprigionano. A conclusione c’è Bali, con l’ultima prova prima del ritorno alla normalità: l’amore, incontrato, e non cercato, che minaccia un equilibrio a fatica raggiunto. Ma la fortuna esiste, e ha le sembianze di Bardem, qui macho brasiliano dal cuore tenerissimo, uno che ha dentro sé, e in giusta dose, maschile e femminile.
Con una curata fotografia che lo rende un bel documentario patinato di viaggi, o una pubblicità di foods e di lodges esotici, Mangia, Prega, Ama, estenua lo spettatore con noiosi e infiniti turbamenti interiori, con lacrime e rituali. Il montaggio lavora con il ritmo per cercare di diversificare un pastone prolisso e lagnoso che in definitiva ha come uniche variazioni il cambio di fondale e di costumi. Julia Roberts, la deliziosa fanciulla di Pretty woman e l’intensa studentessa di Rapporto Pellican, non cambia mai, neanche quando dopo un tempo infinito dichiara di aver trovato la sua parola guida: attraversare. Una parola che ha fatto soffrire una lunga attesa, ma che almeno garantisce un happy end (magrissima consolazione), perché un finale aperto farebbe scoppiare un’insurrezione in sala.
Sfinito, è infine lo spettatore, che per più di due ore ha visto sfilare davanti ai suoi occhi un fastidioso esotico nulla.
Titolo originale: Eat, Pray, Love
Nazione: U.S.A.
Anno: 2010
Genere: Drammatico
Durata:
Regia: Ryan Murphy
Sito ufficiale: www.sonypictures.net/movies/eatpraylove/
Sito italiano: mangiapregaama.it
Cast: James Franco, Julia Roberts, Javier Bardem, Billy Crudup, Richard Jenkins, Viola Davis, Arlene Tur, Luca Argentero, Elena Arvigo
Produzione: Columbia Pictures, Plan B Entertainment, Red Om Films
Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia
Data di uscita: 17 Settembre 2010 (cinema)