Ricordo che la prima volta che avevo sentito parlare di Meridiano zero era in un trafiletto di un quotidiano locale e ne ebbi allora l’impressione che dietro a questa operazione culturale-editoriale ci fosse un eccentrico cultore di Simenon, un personaggio noir egli stesso, con chissà quali vizi e tic, perché se ricordo bene gli esordi erano senz’altro legati al trhiller.
In effetti Marco Vicentini non disdegna affatto il genere legal-trhriller e il giallo, ma quanto al resto…. tic non ne ha! Fuori d’ironia, se è possibile tracciare un ritratto di una piccola casa editrice, direi che l’impronta più definita di questa preziosa nicchia letteraria padovana è rappresentata dalle tinte forti del coraggio di mantenere la ricercatezza nello scelta dell’originalità degli autori e delle opere.
Ma contemporaneamente è proprio una persona come Marco Vicentini, che sa essere presente nelle situazioni in cui il motore della promozione culturale diventa riflessione a 360 gradi sulla realtà, oltre che nell’affollato micromondo dei festival e fiere editoriali varie, a garantire che dalla sede di via Aspetti in quella tranquilla villa borghese, si apra uno scandaglio sul mondo…nient’affatto di nicchia!
Al momento attuale varie sono le collane ( e quella che mi faceva sospettare un Simenon dietro la scrivania proiettato verso il 2000 si chiama Meridianonero): da Gli intemperanti ( che è particolarmente nota per essere tra le più esposte finestre di giovani autori) a Primo Parallelo a Questa non è una pipa ad opere singole e singolari come POP-Andy Warhol racconta gli anni sessanta.
Intorno a quest’opera si è creata da subito, evidentemente, una notevole eco mediatica e ho chiesto a Marco ( nell’intervista che segue) la genesi di questa ricomparsa di Warhol, capelli argentei, attraverso le sue stesse parole. Come viene presentato sul sito della casa editrice, si tratta ” di un torrenziale fluire di aneddoti punteggiato di acutissime intuzioni, è la storia di una scalata al successo, di una rivoluzione artistica e di costume, soprattutto è il ritratto di dieci anni di scatenata vita newyorkese. (……)Le figure più struggenti sono proprio quelle i cui nomi , oggi, non dicono nulla, che hanno brillato per un attimo e solo della luce riflessa di Warhol, lo spietato burattinaio-vivisettore accanto al quale era quasi impossibile non bruciarsi.”.
Una curiosità, la sottolinea Martina Zambon sul Corriere Veneto, riguarda i rapporti intercorsi tra Warhol e il Veneto, numerosi e testimoniati anche dalla warholmania di Luigino Rossi, l’imprenditore della calzatura di Stra, sulla riviera del Brenta.
In particolare nel mio incontro con Marco ho voluto tratteggiare il profilo di un ‘altra opera ( ancor più singolare, si tratta di un’ opera prima ), che a sua volta, soprattutto quest’estate, ha fatto parlare di sé. Si tratta di Il signore dei lombrichi di Jack Allen, una fotografia di una scuola e di un sistema scolastico, tra surreale, caricaturale e humour narrativo e figure di adolescenti più inquietanti di quelle Kubrickiane. Come Paola Mastrocola e, ovviamente in tuttt’altro universo esperienziale-letterario di riferimento, Jack Allen cerca di scardinare una visione “normalizzante” della scuola.
La sua personale esperienza di insegnamento, dapprima in un carcere giovanile di sicurezza e poi in una scuola speciale per ragazzi difficili, lo ha sicuramente spinto a questo romanzo, anche se scrive anche per il teatro e per la televisione.
E infine mi soffermo sugli Intemperanti, che è una collana, ma senza dubbio è prima di tutto la riuscita operazione letteraria di riunire in un ‘unico volume di racconti voci di “giovani fuori dal coro” se così si può dire, accomunati da sperimentazione, tematica e stilistica, ma soprattutto da un punto di vista diverso sulla realtà. A questo proposito, credo che il quadro che ne fa l’editore nel corso della nostra conversazione rappresenti anche un appello a chi ci legge per considerare di trarre dall’esperienza degli “intemperanti” una volontà di proporre il proprio lavoro e la propria voce magari proprio a Meridiano zero…..
INTERVISTA A MARCO VICENTINI, IDEATORE DELLA CASA EDITRICE MERIDIANO ZERO
Nel mondo dell’onnicomunicazione, dove ogni aspetto comunicativo, dall’affissione, al sito internet , ai talk show fintamente coinvolgenti ( un noto critico aveva definito “stare allo schermo” la modalità usata dalla neotv per intrattenere e fingere democrazia ), tende alla interattività, come vi ponete nei confronti di un possibile coinvolgimento del pubblico verso la lettura?
Noi ci preoccupiamo senza dubbio della comunicazione della nostra linea editoriale, ma la comunicazione in quanto strategia e interattività fine a sé stessa, non ci interessa. Noi ci affidiamo a un pubblico non precisamente di nicchia ma che sia in grado di essere di per sé portatore di attenzione e sensibilità verso un lavoro come il nostro. Senza dubbio però curare la veste grafica e la qualità del prodotto è tra le nostre prime preoccupazioni. Le grosse case editrici possono senz’altro occuparsi anche di fare marketing relativo alla lettura o ad altri parametri sociologici
Che cosa pensi personalmente e in quanto curatore di romanzi, della contaminazione di linguaggi, che in campo artistico è tendenza imperante, soprattutto dato il sostegno alla creatività giovanile che viene da più fronti?
Personalmente ne sono attratto, affascinato, ma non ci vedo parentela rilevante col mondo del romanzo.
In letteratura, la contaminazione tra i generi è una faccenda piuttosto complicata. L’impostazione del romanzo è nella sua natura letteraria tipica di quel genere, il romanzo di contaminazione continua non va riproposto perché diventerebbe una scopiazzatura.
Spesso le frange che stavano attorno a un fenomeno artistico hanno arricchito il settore principale di innovazione, ma venendone poi inglobate… Non so, penso per esempio al fumetto ( da piccolo ne ero un divoratore), che all’inizio era una forma di contaminazione innovativa, conquistando in realtà invece un sua totale identità di genere.
Penso a uno dei vostri ultimi straordinari lavori, la monografia su e di Andy Warhol . Negli ultimi anni c’è un recupero artistico culturale del passato recente, penso anche all’eco che ha riacquistato il lavoro di Fernanda Pivano sulla beat generation, o a molte mostre sugli anni 60 organizzate da varie amministrazioni comunali . Qual è secondo te la ragione sociologica di questo recupero, e qual è la ragione che ha spinto voi a ripensare a Wharol?
Primariamente direi che è sempre fondamentale cercare di studiare e capire un fenomeno artistico o letterario dal punto di vista di chi l’ha formato e definito. Perciò, per quanto riguarda Warhol, il documento fondamentale era senz’altro ciò che aveva lasciato scritto lui, e non era mai stato pubblicato in Italia. Erano stati pubblicati suoi diari, sicuramente meno piacevoli da leggere, ma ancora aggiungerei che c’era bisogno di una testimonianza ulteriore della sua identità, e ci sembra perciò che questo nostro tentativo abbia notevole importanza sia lettararia che culturale. In generale questa tendenza a quei periodi non è secondo me definibile “come ritorno” ma piuttosto “come recupero”. Si tratta, sociologicamente di una ciclicità che viviamo, stilistica e culturale, e di costume.
Penso per esempio alla pubblicità della Twingo che richiama gli anni 60. Credo che società e cultura e l’immaginario stesso percorrano fasi in cui di volta in volta ci si riappropria di alcuni valori e tendenze, o perlomeno li si rivisita, non si sa per riappropriarsene fino a che punto.
(NDR. Nel momento in cui trascrivo questa intervista posso aggiungere che da pochi giorni sono state presentate a Milano le tendenze moda per la prossima primavera e ricorre il recupero degli stilemi della Swinging London degli anni 60!).
A proposito di passato… Una vostra collana importante, “Gli intemperanti”, si pone con forza come uno strumento creativo importante per raccontare le giovani generazioni. Certo, non è la beat generation, ma mi piacerebbe fare con te una riflessione simbolica proprio su questo confine di differenze generazionali, che è in realtà marcato e denotabile attraverso un confronto “impossibile. Che cosa rende così diversa secondo te la volontà di esprimere la propria identità e ribellione a valori non propri, in queste generazioni diverse? Che cosa hanno di speciale “Gli intemperanti”?
Bhè. Senz’altro, a prescindere dal contesto sociale che, 30-40 anni fa richiedeva forze di rottura per conquistare mete e diritti fondamentali, allora c’era prima di tutto la volontà di dire qualcosa di dirompente; c’era il bisogno quasi fisiologico di esprimere volontà di rottura di tabù, molteplici e su molti fronti diversi, ma comunque spesso raccogliendo forze organiche dal punto di vista sociale, se non culturale, nella loro diversificazione.
Adesso c’è un andamento molto più oscillante in ogni strato sociale e di costume, in ogni settore della contemporaneità. Gli Intemperanti sono lo specchio di molte forze creative e sociali giovanili. Loro in particolare usano, bene, il mezzo letterario per esprimere la propria individualità con le tinte forti di un modo di porsi autentico e originale, con un spettro percettivo acuto verso il mondo in cui vivono, che riescono a sezionare ” con occhio differente”.
Ma tornando a una visione collettiva dell’identità dei fenomeni, ai tempi che dicevamo c’era una sorta di UNIFORMITA’ nella differenza. Si cercava più che una comunità di intenti, una comunanza nei modi di fare le cose. Gli intemperanti rappresentano la ricerca della descrizione di tanti modi diversi di vedere la vita e le emozioni ( che sono nel mondo in cui viviamo, davvero più che plurali), di raccontarne fatti grandi e piccoli, di vedere dietro lo specchio (NDR.” Di Alice” si potrebbe dire) . Ma ognuno a proprio modo, secondo la propria personalità.
Si tratta Marco, dunque, di un ‘esperienza già archiviata o la collana continua a rimanere aperta a un futuro editoriale? Che tipo di storie in particolare avete raccontato?
L’esperienza ci soddisfa e stiamo cercando di continuarla nel modo migliore. Proseguiamo con la disponibilità a leggere manoscritti, e approfitto di quest’intervista per invitare quanti lo desiderino a mandarci il loro lavoro.
Per quanto riguarda le storie, senz’altro prevalgono storie in cui diviene trasparente la difficoltà e, ma anche, appunto, l’autenticità coraggiosa dei percorsi sociali e affettivi di molti giovani di questo momento storico, penso anche a storie d’amore gay, o anche etero, ma assolutamente fuori da canoni o schemi sociali. Gli intemperanti sembrano costruire il puzzle della loro esistenza terrena un tassello alla volta, e noi lo vediamo emergere in questa collana che sta crescendo.
Senza dubbio però uno scrittore di questo tipo non è canalizzabile in un filone unico. Abbiamo anche pubblicato una giovane poetessa , Sara Genti, con “Il vero amore non ha le nocciole”.
Oh sì, gli ho dato un ‘occhiata, dato che il prezzo è contenuto (NDR: chi scrive è costretta da ragioni non culturali a considerare prima i prodotti artistici a prezzo contenuto). Mi è sembrata brillante l’autrice, uno di quei casi in cui l’originalità della scrittura poetica non implica astrusa velleità di ricerca stilistica, ma piuttosto un uso intelligente della vivacità espressiva e della fantasia visionaria tipica del messaggio poetico, nonché il segnale di una personalità coraggiosa. E che mi dici del ” caso Jack Allen” , visto il successo di questa pubblicazione?
Jack Allen è stato un caso letterario per il talento narrativo e la capacità di descrivere personaggi e situazioni, ai limiti del surreale. Una distruzione di quello che la scuola è di più rigido ed archetipico, ma soprattutto la capacità di raccontare in modo fluido caratterizzazioni particolari. Indubbiamente è stato aiutato dalle sue esperienze reali di insegnante in forti situazioni di disagio sociale.
La mia conversazione con Marco è continuata, spostandosi sul tema delle sue letture infantili e del suo rapporto col cinema, della sua visione dei rapporti tra cinema e letteratura. Ma mi piace immaginare che presto potrò raccontare la pubblicazione in meridiano zero magari di qualche racconto dei nostri lettori.. Perciò per continuare il racconto della conversazione con Marco, vi rimando …A UNA PROSSIMA PUNTATA!