“Nel Paese dei Ciechi” di Herbert George Wells

In terra di ciechi il monocolo non è re

L’ultimo nato della Biblioteca minima di casa Adelphi è un racconto breve e intenso, scritto da uno dei padri nobili della fantascienza, H. G. Wells, il quale abbandona il suo ambito di competenza, per confrontarsi con un’opera di respiro metafisico.

A seguito di una rovinosa caduta lungo una montagna della cordigliera andina, Nuñez si risveglia in una vallata nella quale scopre il mitico Paese dei Ciechi, una località rimasta isolata dal resto del mondo per trecento anni a seguito di un’eruzione vulcanica e di un terremoto dovuto ad essa. Si tratta di un luogo ameno, ricco di pascoli e verdeggiante, la cui caratteristica saliente è da identificare nelle persone che vi risiedono: sono tutti ciechi fin dalla nascita o, per meglio dire, nascono senza gli occhi ma in questo scherzo della natura, dovuto (pare) ad un‘infezione, non identificano una malformazione ma anzi la loro normalità. Per gli abitanti del paese, cieco o vista sono parole prive di significato e questa è la grande difficoltà con cui Nuñez è costretto a confrontarsi, incapace di entrare pienamente in contatto con chi “vede” il mondo attraverso l’olfatto, l’udito e il tatto. Dopo un tentativo di colpo di stato andato male, cercherà di abituarsi, soprattutto per amore di una ragazza della vallata, Medina-saroté.

Padre, assieme a Jules Verne, della science fiction, H.G. Wells è ricordato soprattutto come autore de La guerra dei mondi, pubblicato alla fine dell’Ottocento, nel quale si narra dell’invasione della Terra ad opera di alieni sconfitti poi da microorganismi contagiosi (da questo, Steven Spielberg ha tratto il film omonimo con Tom Cruise). Nella sua opera (da ricordare anche L’isola del dottor Moreau), Nel Paese dei Ciechi è sicuramente uno scritto minore, ma non per questo irrilevante. Al di là della storia in sé, quel che rileva è l’interpretazione della stessa, del rapporto tra Nuñez e la gente del luogo. Nel saggio conclusivo, vengono avanzate tre ipotesi: interpretazione storico-antropologica (rapporto tra la presunta barbarie dei popoli latino-americani e civiltà portata dai colonizzatori spagnoli), politica (utopia dell’autarchia), metaforica (contrapposizione tra l’immaginazione di Nuñez, artista, e l’incomprensione dei ciechi, rappresentativi della borghesia).

Tuttavia, possono essere prospettate anche altre letture del racconto: ad esempio, nello scontro tra la vista del protagonista e i sensi usati dagli abitanti potrebbe individuarsi la rappresentazione di due modi diversi di rapportarsi al problema della conoscenza (non a caso, i ciechi mandano i loro filosofi a spiegare a Nuñez la loro cosmologia). O ancora, seguendo un’interpretazione di tipo religioso, la figura del personaggio principale potrebbe essere quella di un Messia, non compreso, inviato a guidare chi non può vedere.

H. G. Wells, Nel Paese dei Ciechi, Adelphi, 2008, pp. 61, € 5,50.